Volevano lusso e socialismo avranno il califfato

Professore presso l’università di Filadelfia, Stephen Gale insegna terrorismo e contro-terrorismo. Nel 1998 disse alle autorità dell’aviazione federale che i terroristi avrebbero potuto impossessarsi di velivoli commerciali per farli schiantare su alcuni dei siti di maggior rilievo del Paese. Spiccavano tra i nomi della lista il WorId Trade Center e il Pentagono. «Nessuno ascoltò – dice Gale – Anzi, un tecnico della sicurezza mi fece notare che a cose come queste non c’è rimedio. È come evitare lo schianto di un meteorite“. L’ex direttore della Cia James Woclsey lo ha menzionato in un articolo sul Wall Street Journal come una delle persone che aveva dato l’allerta.

Oggi, la moderna Cassandra suggerisce che l’America non sta facendo abbastanza. E che «è persino più vulnerabile dell’11 settembre“.

Professor Gale, tagliamo subito la testa al toro: che cos’è oggi al Qaeda? E come fa a mantenere e alimentare una rete intemazionale del terrore, nonostante l’apparente lotta senza quartiere da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati?

In verità al Qaeda più che un’organizzazione è un’ ideologia. La parola qaeda in arabo può significare alternativamente «base di operazione” oppure «precetto» o «metodo». I militanti islamici l’hanno sempre intesa nella seconda accezione. Io dubito persino che si possa parlare di «organizzazione» in senso lato: manca per esempio sia la struttura gerarchica sia ogni parvenza di comando e controllo. Ciò in cui al Qaeda ha avuto invece un enorme successo è il proselitismo. È riuscita a convincere un’ampia varietà di gruppi del fondamentalismo islamico a condividere i propri scopi generali. Insomma, questi ultimi sono giunti alla conclusione che i loro programmi locali avrebbero avuto maggiore successo all’interno della cornice generale offerta da al Qaeda.

Ma quali sono questi scopi generali di cui parla? Molti conoscono l’odio viscerale dei gruppi terroristici per l¹Occidente, ma poco altro.

Il proposito principale di Bin Laden è di ristabilire il Califfato, non di distruggere l’Occidente. Cioè un’unica terra (grossolanamente governata come l’Afghanistan dei talebani, ndr) che si estenda dalla Spagna meridionale all’Asia centrale, includendo il Magreb, il Medio Oriente, parte dei Balcani e, se possibile, alcuni stati islamici del Pacifico come I’lndonesia. Siccome l’Occidente non potrebbe mai permetterlo, al Qaeda vuole assicurarsi che gli Stati Uniti non possano interferire.

Quindi Bin Laden vuole soprattutto rovesciare gli Stati islamici moderati o filo-occidentali e riformarli secondo la sua idea di purezza e di giustizia?

Certamente. Deporre i regimi pupazzo, quale quello saudita per esempio, è il primo proposito. Personalmente ritengo che il prossimo attacco su larga scala diretto contro gli Stati Uniti awerrà quando un numero sufficiente di Paesi mediorientali sarà pronto per la rivolta. Solo allora al Qaeda cercherà davvero di mettere fuori gioco l’Occidente.

Ma Bin Laden, a suo giudizio, è ancora vivo? E quale può essere il suo ruolo visto che è continuamente braccato e non gode più della copertura di Kabul?

Credo che sia nascosto da qualche parte, ma non è questo il punto. Come ho detto, al Qaeda non è un’ organizzazione fortemente strutturata e oggi può conquistare consensi anche senza il suo fondatore. Molti dei gruppi più attivi non sono legati in alcun modo a Bin Laden, ma semplicemente ne seguono i precetti, i modelli e lo spirito. Anche prima che la base afghana venisse eliminata e molti leader uccisi o arrestati, al più lo sceicco del terrore operava come un venture capitalist. Cioè come uno che contatta, finanzia, offre consulenza e occasionalmente appoggia questa o quella proposta.

Ma lei crede che la sua cattura o uccisione possano raffreddare il movimento?

Probabilmente no. Il ruolo di Osama è oggi soprattutto quello di una potente guida spirituale. Di fatto, se morisse da eroe il consenso ne verrebbe addirittura accresciuto. La storia ci insegna che i gruppi islamici sono motivati quando chi li guida ha subìto il martirio.

Come giudica la situazione in Irak?

Non è facile esprimersi perché le ragioni della guerra non erano univoche. A parte la volontà di rovesciare il regime di Saddam Hussein, I’intenzione principale risiedeva semplicemente nel posizionare un numero sostanzioso di truppe in Medio Oriente allo scopo di proteggere gli interessi vitali dell’Occidente in quell’area geografica.

Cioè mettere le mani sul petrolio irakeno?

No, direi piuttosto un’altra cosa: I’obiettivo era assicurare le forniture di petrolio anche nel malaugurato caso in cui al Qaeda tentasse di realizzare i suoi piani più radicali, come il rovesciamento della dinastia saudita. Le truppe adesso sono lì posizionate, ma allo stesso tempo non c’è ancora la stabilità che, presumibilmente, Washington si aspettava.

Oggi l’America è più o meno sicura rispetto all’11 settembre?

Sfortunatamente, credo che il Paese sia oggi ancora più vulnerabile. Il piano per la sicurezza nazionale prevede una spesa di 40 miliardi di dollari per il 2004. Ma non è abbastanza. Soprattutto sarebbe necessario un sensibile cambiamento nelle abitudini, negli sforzi e nelle priorità della vita quotidiana dei cittadini, simile a quanto era accaduto durante la Seconda guerra mondiale. Ma il popolo americano non sembra per nulla disposto a imbarcarsi in questa awentura. Perciò è terribilmente esposto alla minaccia terroristica.

da “Borsa e finanza” 15 maggio 2004

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L’allarme Usa: «Al Qaeda ci colpirà»

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