L’UOMO CHE GESU’ AMAVA

L'uomo che Gesù amava - Gianni De Martino - Testi di Pasquale Quaranta - Edizioni Libreria Croce - Roma

Francisco Ribalta Cristo che abbraccia san Bernardo (1565-1628) Elaborazione grafica di Stefano Di Nottia

Un Gesù amoroso oltre i tabù, tra politica e visione. Diversamente che nella Passione secondo Mel Gibson, con litri di sangue e di pesante trucco per mostrare due ore di torture e necrofilia con il plauso del Vaticano, Gesù sta decisamente meglio con i gay, con i “peccatori” e con i cristiani più sensibili e riflessivi.

Questo libro trae origine dallo studio The Man Jesus Loved di Theodore Jennings, pastore della Chiesa metodista americana, dalla cui lettura abbiamo tratto ulteriori riflessioni per un’analisi dell’umanità e dell’orientamento sessuale di Gesù. Si tratta di sapere innanzitutto di quale Gesù si parli, perché esistono numerose figure di Gesù.

L’ipotesi fondamentale è che il personaggio-Gesù che ci viene presentato nel Vangelo di Giovanni avesse un amico speciale, non solo un amico del cuore ma un vero e proprio boy-friend. Benché non venga mai nominato, sarebbe quell’uomo che durante l’ultima cena poggiava il capo sul petto di Gesù, in segno di evidente affetto fisico.

A differenza delle biografie o delle storiografie antiche, il genere Vangeli, scrive l’autore, “richiede da parte del lettore un’attività creatrice che implica discernimento spirituale e una costruzione immaginativa”.

I riferimenti ad Alfredo Ormando, suicidatosi in Vaticano, e le interviste di Pasquale Quaranta rendono più significativa e rilevante, per la situazione europea ed italiana in particolare, la possibilità di un Gesù davvero intrepido, umano e virile perché non sessuofobico, non clericale e non paranoico-sacrificale ( gdm) .

————————————

Il LIBRO: Gianni De Martino

L’Uomo che Gesù amava

con testi di Pasquale Quaranta

Edizioni Libreria Croce, Roma 2004

ISBN 88-8933-700-1

Edizioni Libreria Croce Tel/Fax 06 47 46 780

———————————-

Pasquale Quaranta, nato a Salerno nel 1983, è giornalista e laureando in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Salerno.

Nel marzo 2003 ha fondato, insieme ad altri amici ed amiche, l’Associazione di cultura omosessuale “Federico García Lorca”.

La notte del 25 dicembre 2003, per la celebrazione del Santo Natale, è stato invitato con mamma Adelaide dell’AGeDO nella Chiesa di Rignano Garganico (Foggia) a testimoniare ai fedeli la gioia e la serenità dell’essere gay e credenti. L’evento è stato accolto con entusiasmo dalla stampa e dalla comunità.

Recentemente ha partecipato alla scrittura del libro di Gianni De Martino, L’uomo che Gesù amava, “alla riscoperta di un Gesù amoroso oltre i tabù, tra politica e visione” (Edizioni Fabio Croce 2004 – Roma).

Pasquale legge e studia Comunicazione, scrive poesie, partecipa a convegni e seminari, collabora con il portale Gay.it e pubblica sulla storica rivista Babilonia. Adora il mare.

I limiti sono il suo “forte”; in essi ci sguazza. Gli amici lo “tollerano” perché hanno capito che ormai “non c’è più niente da fare… Irrecuperabile!”.

Fonte: http://www.sharkmirc.net/news.htm

——————————-

L’uomo che Gesù amava”
di Gianni De Martino
Recensione di Franco Barbero

Link : http://www.viottoli.it/cdb/foglio.html

——————————–

————————–

*Intervista a don Franco Barbero

“Il tandem Woityla – Ratzinger ha prodotto vere e proprie devastazioni. Ratzinger dovrebbe imparare a guardarsi dentro. La sua ossessione per la sessualità è indice di problemi irrisolti”

Teologo delle comunità cristiane di base legate alla teologia della Liberazione e impegnato nel movimento internazionale “Noi siamo Chiesa”. Prete della Comunità di Pinerolo.

Cinque mesi fa è stato emesso un decreto Vaticano di espulsione dal sacerdozio per la sua benedizioni alle coppie gay. Se lo aspettava?

La realtà è leggermente diversa. L’elemento scatenante, quello che ha fatto più rumore, è certamente stato la benedizione e l’impegno da 25 anni a favore delle unioni omosessuali. E’ un’esperienza importante che racconto nel mio libro “L’ultima ruota del carro” (ed. Viottoli). Si tratta di celebrazioni che solo dal ’98 si svolgono all’interno dell’eucarestia perché ritenevo necessario che ciò avvenisse a seguito di una maturazione dell’intera comunità. Ma la vera ragione dell’espulsione è di natura teologica e riguarda i miei studi sulla figura di Gesù, elemento centrale per il quale sono da oltre vent’anni nel mirino del Vaticano.

Cosa è cambiato da allora nella sua vita?

Praticamente nulla. Continuo a fare il prete, perché mi sento tale. Sul piano giuridico quel decreto non è da ritenersi valido, nella mia diocesi il vescovo non l’ha nemmeno pubblicato. Era privo di capi d’imputazione da cui potersi difendere, necessari nel diritto canonico per eseguire un’espulsione. Sul piano teologico, poi, non riterrei comunque possibile una rimozione se non è concertata con la comunità di riferimento. L’elemento che mi favorisce è che volutamente dal 1963 non percepisco una lira dalla mia chiesa. Molti altri preti farebbero scelte più decise se non avessero questo vincolo. Per me la libertà economica è un elemento essenziale per essere più libero nel pensiero e nell’azione.


Cosa l’ha portato a sviluppare questa particolare sensibilità per i diritti del mondo omosessuale?

E’ stato casuale, ero insegnante in seminario e trascorrevo molto tempo in confessionale. Fu lì che incontrai le prime donne lesbiche e i primi ragazzi gay. Ero impreparato culturalmente ma avevo l’abitudine di ascoltare. Capii che in queste esperienze c’erano le stesse componenti di altre relazioni, mi sembrava di comprendere che le istanze, le esigenze fossero le stesse. Così mi misi in contatto con alcune esperienze pilota di studio tra cui la scuola teologica di Boston che nel ’77 produsse il grande documento teologico “La sessualità umana” pubblicato dalla casa editrice Queriniana. Questo libro fu una bomba, provocò grandi dibattiti e grossi conflitti. Non esistevano ancora gruppi cattolici omosessuali e alcuni mi chiesero di organizzare un convegno su fede e omosessualità che, concordata con il centro ecumenico di Agape, ebbe luogo nel ’80. La relazione teologica che tenni in quell’occasione, fu poi pubblicata.


Sull’omosessualità le chiese evangeliche avevano già da allora una posizione molto meno chiusa. In quella cattolica pensa che per il futuro si possano aprire degli spiragli?

All’interno delle chiese evangeliche le posizioni erano diverse, però se ne poteva parlare. Nella chiesa cattolica, invece, è ormai in atto uno scisma sommerso. Da una parte la gerarchia Vaticana che ripete le solite condanne, è sorda, non sa ascoltare, dall’altra la teologia che negli ultimi trent’anni ha avuto un grande risveglio. Molti omosessuali hanno imparato a distinguere tra la fede in Dio e la gerarchia che è una struttura di potere che si autolegittima. La libertà comincerà dal giorno in cui si inizierà a distinguere nettamente tra fede in Dio e obbedienza alla gerarchia. Molti preti faticano a liberarsi dall’oppressione e dalla dipendenza gerarchica perché c’è il sistema degli stipendi. Ma è già in atto una sorta di divorzio mentale.

E tra i vescovi?

Lì la situazione è più difficile. Molti sono omosessuali, il Vaticano ne è pieno. E non c’è repressore peggiore del gay represso. Nella chiesa episcopale, invece, c’è questa bella novità della consacrazione negli Stati Uniti del primo vescovo gay dichiarato, Gene Robinson.

Da questo punto di vista l’attuale pontificato ha rappresentato un momento di regressione?

Il tandem Woityla – Ratzinger ha prodotto vere e proprie devastazioni. Hanno approfittato di questo vento di destra non solo per ribadire e approfondire il solco delle condanne, ma per attuare una sistematica persecuzione. Nel documento Ratzinger del 31 luglio scorso si invita ad una condanna delle unioni gay appellandosi alla “retta ragione”, alla natura, alle Scritture, all’esperienza storica e alle esigenze della giustizia con la presunzione di chi crede di possederne il monopolio. Va oltre la solita posizione di condanna dottrinale. Trattando i politici cattolici come dei chierichetti, si chiede loro di obbedire alla gerarchia e di opporsi ad ogni progetto di legge che favorisca il riconoscimento delle unioni omosessuali. Si invitano “tutti coloro che sono impegnati nella promozione e nella difesa del bene comune della società” ad ostacolare con ogni mezzo l’affermazione sociale del diritto ad amare secondo ciò che si è. Si tratta di un documento che entra a pieno titolo tra quei capolavori di ignoranza e di arroganza per i quali il Vaticano si sta distinguendo.

E i mea culpa del Vaticano per gli errori commessi…

Appunto, queste pagine potrebbero essere inserite nella “storia criminale” del cattolicesimo ufficiale. Inviterei Ratzinger a prendere visione di qualche buona rassegna teologica ed ancor di più a guardarsi dentro, perché l’uso di questo linguaggio è la spia di qualcosa che non va. Quello della sessualità per lui è un’ossessione ed è un segno che deve fuggire da se, da qualche problema non risolto. C’ è una secolare storia di incomprensione tra corpo, sessualità, donne, gay e gerarchia cattolica che è maschilista, patriarcale e non può vedere la realtà. Il problema grosso è il celibato che è bello solo se è vissuto come scelta. Quando si tratta di un’imposizione è un mostro antropologico che genera persone turbate, infelici. Bisognerebbe imparare ad amare, non chiedere il permesso. Perché dover scegliere tra l’amore e il ministero?

Cosa risponde a chi afferma che nella Bibbia c’è un’esplicita condanna dell’omosessualità?

Di imparare a leggerla. Chi conosce l’esegesi non potrà dire simili stupidaggini. Se i brani della Bibbia venissero decontestualizzati si potrebbe anche avere l’immagine di un Dio omicida. Sono infatti oltre 80 i passi in cui Dio assume l’aspetto del distruttore che invoca l’assassinio. Questa interpretazione letterale dei testi sacri è quella fondamentalista. Nel mio sito (www.viottoli.it) è indicata una bibliografia per la lettura della Bibbia. Ci sono tre libri fondamentali: Il posto dell’altro (ed. Le Meridiane) che insegna a leggere i passi più difficili, Bibbia e omosessualità (ed. Claudiana), Tonificanti profumi di eresia (editrici Viottoli).

Cosa pensa debba essere al centro di una morale sessuale?

Rispetto, gioia di vivere insieme, di aprirsi agli altri, amore per la vita. La componente essenziale della vita è la tenerezza. Non il sospetto del corpo e del piacere, che devono essere uniti alla mente in un rapporto di armonia. Questa vivisezione compiuta dalla gerarchia rovina la vita della gente. Se fosse stato dato più ascolto alla sensibilità e alla cultura delle donne questo divorzio non ci sarebbe stato.

Dall’Archivio di: ww.gel-online.it/

numero 6 – Settembre 2003

————————-

Video intervista di Radio Radicale a don Franco Barbero

RadioRadicale ha intervistato don Franco Barbero parroco di Pinerolo, recentemente scomunicato e ridotto allo stato laicale da un decreto del Vaticano firmato direttamente dal papa.

Fonte: www.antiproibizionisti.it/

————————————–

Ironico il telegramma in latino inviato da Noi Siamo Chiesa al cardinale Ratzinger

NUNTIUM TELEGRAPHICUM
CARDINALI JOSEPHO RATZINGER
PRAEFECTO CONGREGATIONIS PRO DOCTRINA FIDEI

Em.me Domine,
nos vero vivendi rationi presbyteri pineroliensis Francisci
Barbero favemus, quem Tu – nomine Summi Pontificis – damnasti
.

Conicimus ergo nos quoque tuas poenas canonicas recepturos esse.

Necessarium tamen non putamus dialogum inter nos: quemadmodum enim

tu ipse erga fratrem nostrum Franciscum te praebuisti , ita ratio agendi

Romane Curiae est damnare fratres inauditos.

Verba Domini Nostri Iesu Christi memorantes: ‘Scitis quia principes
gentium dominantur eorum, et qui maiores sunt potestatem exercent in eos.
Non ita erit inter vos’ (Mat. 20, 25), condemnationem illam irritam
censemus atque tamquam spiritui Jesu contrariam reiciendam esse
Discipuli ac discipulae italici sodalicii “Nos sumus Ecclesia”

————————

Fonte: http://www.tempidifraternita.it/index.htm

Link a:

http://www.tempidifraternita.it/vetrina/franco_barbero/franco_barbero.htm

www.cdbitalia.it,

——————————-

(Aggiornamento 23/06/2004). Don Fabrizio Longhi trasferito dalla sua parrocchia perché nel Natale 2003 lasciò l`omelia a Pasquale Quaranta, che parlò di amore e di gay. Ecco un estratto del racconto dei fatti da Repubblica:

**********************************************
FOGGIA – Il vescovo ordina il trasferimento del sacerdote di Rignano Garganico, che nello scorso natale aveva ospitato l’omelia di un ragazzo gay, ma i fedeli si ribellano. Accade nel più piccolo comune del parco nazionale del Gargano, duemila abitanti, dove monsignor Michele Seccia comunica che il parroco don Fabrizio Longhi – 43 anni a luglio, d’origine bergamasca, responsabile per la Puglia del Coordinamento nazionale della comunità d’accoglienza che ha tra i suoi leader don Luigi Ciotti – potrà celebrare l’ultima messa il prossimo 16 agosto per la festa patronale di San Rocco, e poi, dall’1 settembre “dovrà lasciare l’incarico”. Non aggiunge altro, l’alto prelato della diocesi di San Severo cui fa capo Rignano. I cittadini, però, non ci stanno e formano un comitato spontaneo per difendere “il prete scomodo”, come lo chiamano un po’ tutti nel paese del Foggiano: “Lo vogliamo ancora e siamo pronti alle barricate. Ancorché con monsignor Seccia desideriamo avere un sereno confronto e non un corpo a corpo: siamo per la non violenza e seguiamo i consigli di vita e di comportamento cristiano di don Fabrizio (…) “.

Fonte: http://www.gay.tv/ita/magazine/we_like/dettaglio.asp?i=1060

( nota: non ho ancora accertato se don Fabrizio Longhi sia lo stesso prete con la kehiah che nel Natale del 2003 affdò l’omelia a un imam della moschea di Roma legato all’associazione dei Fratelli musulmani che ritiene un sacro dovere uccidere “ebrei” , “crociati” e “pseudo-musulmani”. In tal caso la mia solidarietà dovrebbe andare al povero vescovo obbligato a dover mettere qualche paletto all’accoglienza indiscriminata e al dogma della bontà di qualsivoglia “diversità”. Se fosse vero che il prete affida le omelie della notte del santo Natale sia a gay credenti che parlano di amore sia a imam fondamentalisti che predicano l’odio, il paradosso potrebbe consistere nell’organizzare un gay pride a Teheran o alla Mecca, in cui imamogay e omosessuali fondamentalisti ( ci sono anche questi) fanno festa in uno sventolare di bandiere arcobaleno, con buona pace dei gay ( sciudud, “elementi perversi”) incarcerati in Egitto, perseguitati in Maghreb, in fuga dai Territori palestinesi controllati da Arafat e seppelliti vivi con i buldozer in alcuni paesi islamici del Medio Oriente, per non dire di quello che fanno sia ai gay sia ai poveri cristiani in genere nei paesi dell’Africa musulmana…).

—————————

IL LIBRO CHE IL PAPA BACIA

Jean-Paul II a montré qu'il n'avait plus toute sa tête en... baisant dévotement un exemplaire du Coran, un livre où il est écrit, noir sur blanc (Sourate V, verset 56) qu'il ne faut pas être ami avec les chrétiens car ce sont des pervers !

Giovanni Paolo II bacia il cosiddetto Sacro Corano ( e come in Kazakhstan, a pochi giorni dall’attacco dell’11 settembre , chiede a tutto il mondo islamico di bollare il terrorismo come qualcosa che offende la dignità umana e la sacralità di Dio . Il guaio è che per gli islamici letteralisti il Sacro si riassorbe nell’unico Libro e promana solo dalla Scrittura in  lingua araba in cui Dio si sarebbe, per così dire, definitivamente e perfettamente “incartato” per l’eternità. Difficile, ma forse non impossibile, far soffiare un po’ di spirito in quel verminaio del passato e perdonarsi gli uni con gli altri. Anche perché il perdono è categoria divina, indicibile, inaudita: e musulmani o cristiani o buddhisti eccetera si può essere sordi comunque… Eppure un cambiamento, dall’interno dell’islam preso in ostaggio dai letteralisti e i jahidisti, è necessario… Un islam riconciliato con se stesso e con gli altri ha un suo posto nel mondo. Il bacio del papa al Corano, anche se sarà interpretato dai fondamentalisti di ogni sponda come un gesto di cedimento, di debolezza, è – nonostante tutto – un invito a superare l’angustia della lettera, un omaggio alle parole che un giorno, chissà, potrebbero anche aprirsi alla differenza ed essere lette con un nuovo spirito. Il bacio del papa al Libro potrebbe essere un gesto profetico di riconciliazione – nonostante lquello che dice a lettera… ).

Corano, Sura V (5), versetto 56 :

O credenti! Non prendete affatto per amici i giudei e i cristani; essi sono amici gli uni degli altri. Chi li prenderà come amici finirà con l’assomigliare loro, e Allah non sarà una guida dei perversi.

Uccidete gli infedeli ovunque li incontriate. Questa è la ricompensa dei miscredenti.” (Sura 2:191)

«Instillerò il mio terrore nel cuore degli infedeli; colpiteli sul collo e recidete loro la punta delle dita… I miscredenti avranno il castigo del Fuoco! … Non siete certo voi che li avete uccisi: è Allah che li ha uccisi» (Sura 8:12-17).

«Quando poi saranno trascorsi i mesi sacri ucciderete gli idolatri dovunque li troviate, prendeteli, circondateli, catturateli ovunque in imboscate! Se poi si convertono e compiono la Preghiera e pagano la Decima, lasciateli andare» (Sura 9:5).

«Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finchè non versino umilmente il tributo, e siano soggiogati. Dicono i giudei: “Esdra è figlio di Allah”; e i cristiani dicono: “Il Messia è figlio di Allah”. Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Li annienti Allah. Quanto sono fuorviati!» (Sura 9:29-30).

«Quando incontrate gli infedeli, uccideteli con grande spargimento di sangue e stringete forte le catene dei prigionieri» (Sura 47:4).

—————-

VITTIME DI UN DIO “INCARTATO”

La distanza che, nell’islamico, separa l’essenza divina del Padrone preclusa alla natura dei Suoi servi può essere superata – nell’immaginario islamico – solo ricorrendo alla guerra, alla violenza e all’astuzia: violenti rapiunt. ” Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora – scriveva già ai suoi tempi Matteo ( XVI, 12) – il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono“.

I poveri in spirito, rinunciando all’io. al mio e all’autopreoccupazione si rendono talmente liberi ed accoglienti da ereditare il regno dei cieli. I poveri di spirito, invece, cercano miserabilmente, mediante stratagemmi violenti e disperati d’impadronirsi dell’aldilà. Perdendo così, nello stesso tempo, sia la terra che è eredità dei miti, sia il regno dei cieli che è dei poveri in spirito.

I violenti cercano, in altre parole, di raggiungere il numinoso mediante il sacrificio violento della propria e dell’altrui vita. Uccidere gli “infedeli” e gli “apostatI”, tramite sgozzamento, significa sacrificarli ad Allah e rendere loro grazia aprendone i corpi all’infinito identico a se stesso… Non è religione (religio), bensì “din”, letteralmente “debito”… L’islam-din, che vuole farsi anche Stato, è l’ossessione del debito da pagare all’Impagabile, quindi debito infinito e conseguente posizione d’indigente. L’islamista radicale, partecipe di un movimento politico la cui ideologia si richiama al vocabolario dell’islam, una “religione” in piena decomposizione, è l’Indigenza in persona.

Sordi al richiamo dell’angelo che abolì il sacrificio umano alla divinità e refrattari all’uomo che osa alzarsi sulla croce proprio per rivelare lo scandalo del sacrificio umano richiesto dalla vecchia Legge, i poveri di spirito vivono una situazione angusta e soffocante nei confronti del numinoso, alla cui essenza essi non osano partecipare amorevolmente e terribilmente chiamandolo Padre. “Padre nostro che sei nei cieli” , così come nell’immensità di una coscienza e nell’immagine della creatura che da allora è diventata un po’ più umana e più divina… L’islam si oppone, in principio, alla riparazione mediante il narcisismo attraverso l’aderenza all’oggetto ideale dell’origine. La soluzione islamista è diversa e soffre per una differenza incolmabile, al prezzo di una grande confusione paranoico sacrificale…

L’emiro che vuole re-islamizzare i musulmani, si allaccia alla scena originaria collettiva e si erge sotto il portico degli inizi, dal quale gode di comandare la morte prelevando la decima di vita e di carne che si svuota del sangue… questa posizione fanatica di coloro che chiamo i khmer verdi si situa nel punto – intenso e feroce – in cui la vita va al di là. Lo psicoanalista Fethi Benslama osserva che la peculiare posizione fanatica dell’islamista radicale è alla fonte stessa del suo terrore. Del suo terrore non tanto di morire, aggiungerei, quanto di non essere, e del delirio di massa che genera – specialmente in soggetti disperati, in “crisi d’identità”.

E’ come se la luce di Dio non fosse ancora l’anima dell’uomo. E il destino della creatura – priva di libertà, di giustizia e di un minimo di immaginazione creativa e di sana aderenza narcisista – non somigliasse come un figlio al padre, ma fosse in balìa dei tirannici voleri di un Tutt’altro – che, nei semplicioni appecorati e nei bellicosi metafisici estroversi, finisce con l’assomigliare a una specie di Saddam Hussein cosmico. Se quindi sgozzano o uccidono uccidendosi è per provare l’esistenza di quel più grande, ovvero di quel numinoso che si situa nel punto intenso e feroce in cui la vita va al di là. .. Un aldilà in cui il debito ( l’islam-din) si salda nel paradiso-placenta che è dell’Uno.

Si tratta di uno sdradicamento dalla metafora: la credenza nella presenza integrale e compatta dell’origine saldata all’Umma, alla Matria o Comunità islamica finalmente perfetta e soddisfatta. Il ricorso delirante all’origine passa attraverso un’annientamento dell’interpretazione e prende i tratti di una psicopatologia di massa, organizzata attraverso un delirio basato sul credersi Indigenti per colpa altrui, un delirio costruito come teoria islamista, neo-islamica.

Ancora una volta, non sono le parole a fare la guerra ma la morte. La morte che, come si sa, si situa nel punto, intenso e feroce, in cui la vita va al di là – e riempie i buchi… E’ davvero un’ideologia malefica e priva di discernimento spirituale quella in cui – sulla base di una lettura non storicizzata e non creativa delle parole – si cerca ancora di far dipendere il senso della vita, se non il Senso, dall’uccisione letteralmente grata a un dio di persone o di intere popolazioni definite “giudee”, “infedeli”, “apostate” “pseudo-musulmane” o “crociate”. Recitare e ripetere acriticamente tali parole, in lingua araba, parole magnificate e glorificate da imam semiletterati e ritenute dettato sublime e indiscutile , fin dall’infanzia, può creare uno stato quasi ipnotico d’intossicazione e di dipendenza. Non al modo dell’oppio, bensì della cocaina o dell’anfetamina.

Nel corso della storia della civilizzazione islamica non pochi filosofi e giuristi più sensibili e riflessivi si sono adoperati, inutilmente, per l’abrogazione di alcuni versetti coranici, in particolare i cosiddetti “versetti della spada” – oggi selezionati e privilegiati da integralisti, fondamentalisti e jihadisti. Sono parole che – come anche alcuni versetti della Bibbia, se presi letteralmente – incitano alla violenza e al sacrificio dei propri beni e della propria vita, così come al sacrificio dei beni e della vita dei non-musulmani designati come “nemici” di Dio. A chi è ucciso nello sforzo sulla via della Legge di Allah, uccidendo il maggior numero possibile di “miscredenti”, è garantito il Paradiso. Ogni critica viene immediatamente percepita come un’offesa a una religione superiore, vittimista e bellicosa, che si pretende al di sopra della verità, della giustizia e della comune umanità. Una prepotenza che non tollera alcuna diversità né la varietà e la ricchezza delle altre forme di vita. Il Comando di Allah – sostengono i fondamentalisti – va preso alla lettera e applicato pragmaticamente , ricorrendo a tutti i mezzi, anche alla dissimulazione, al tradimento e alla perfidia : sante virtù, meritevoli del Paradiso, se sulla via di Allah. Nessun senso di colpa interno o riprovazione esterna: il servo che sgozza sulla via di Allah non è che uno strumento, obbedisce – ancora una volta – a ordini superiori – e quindi non è lui ad uccidere, ma Dio stesso. Siamo lontani da ciò che chiamiamo una coscienza, giustizia, libertà, senso di responsabilità : valori che l’antropologia cristiana ha favorito e sviluppato. Attraverso lo scandalo dell’ uomo che osa innalzarsi sulla croce si è svelato, per noi, quel sacrificio dell’innocente che prima era occulto, non-detto e tuttavia alla base fondante delle comunità arcaiche, e la vecchia Legge è stata superata da un nuovo spirito, quello di una verità e di un amore che ha reso il reale più largo.

Solo nel cristianesimo si osa provare pietà per la vittima in maniera così peculiare – e ognuno, ognuna, è considerato a immagine di un Dio che per fortuna ci è diventato amico – sia pure nella terribilità dell’oltreumano, perché “umano” non è l’ultima parola e il cristianesimo è religione sovrannaturale: aperta, cioè, alla rivelazione apocalittica quello spazio ipernormale di non-morte, dove non c’è dove e tuttavia ognuno, ognuna reintegra la vera vita con uno spirito, con un’anima e con un corpo risorti.

Anche nell’ebraismo c’è molta pietà per la creatura, e Dio – verso il quale non si è schiavi ma liberi – sembra tenuto più a distanza, ma con la consapevolezza che “la luce do Dio è l’anima dell’uomo”. Mentre nel buddhismo – scienza eminentemente interiore – il precetto di non nuocere ad alcun essere vivente, compresi gli animali, è alla base etica di ogni pratica che voglia dirsi spirituale.

Per i jahidisti, invece, la reislamizzazione anche violenta dell’universo mondo fa parte della religione di Maometto, un “debito” che si realizza non tramite uno jhiad civile – come propongono poche voci isolate di musulmani più illuminati ma pur sempre fondamentalisti – bensì tramite uno jhiad inteso come uno sforzo supremo, e quindi anche sacrificale, per estendere e difendere a tutti i costi non tanto la superiorità del potere musulmano, quanto la possibilità di poter pagare il debito infinito contratto con Allah. Il debito ( ovvero din, la religione islamica) risale alla pre-eternità, e viene ricordato ai servi tramite l’invio periodico di profeti come Adamo, Abramo, eccetera, fino ad Aissa ( Gesù) e al Sigillo dei profeti, ovvero Maometto che chiude il ciclo delle profezie e restaura il vero e perfetto islam. L’apocalisse, per il fondamentalista, è già avvenuta e non c’è più niente da rivelare, nessuna curiosità da sviluppare nei confronti del creato, bisogna solo ubbidire. Solo che, per colpa di “ebrei” , di “crociati” e di governi “pseudo- musulmani” il popolo di Allah è ricaduto nell’epoca pre-islamica – epoca nella quale non c’erano le grandi civiltà studiate dalla storia e l’archeologia, ma semplicemente l’ignoranza della Legge di Allah. Si tratta quindi di mobilitare i musulmani autentici a combattere contro l’involuzione rappresentata dal ritorno della Jahillyya ( l’epoca dell’Ignoranza), e a restaurare l’epoca aurorale di un tempo chiuso : un’aurora eterna, in cui paradossalmente il sole dell’islam è fisso allo zenith e non esistono ombre. I veri musulmani dominano e tutti pagano – tramite i veri musulmani, magari la polizia religiosa per l’abolizione del vizio e l’incremento della virtù, insomma con le buone o con le cattive – il debito contratto con Allah fin dalla pre-eternità.

In pratica, si sta vericando l’impensabile. Non la lotta dei “poveri-fanatici-contro-i-ricchi-tecnologici” ( secondo le parziali e inadeguate analisi della sinistra), bensì uno spostamento in massa fuori origine per il quale lo psicoanalista Fethi Benslama ha ripreso la formula di Shakespeare nell’Amleto: ” The time is out of joint”.

La formula di un tempo uscito – come per improvvisa amnesia – fuori dai suoi cardini non può che autorizzare i gruppi estremisti violenti a uccidere e a massacrare senza scrupoli, come in Algeria e altrove, ripetendo l’argomento della regressione e del debito ( din, islam) da saldare: sono dei miscredenti (kuffar, letteralmente ingrati verso Allah) , sono degli apostati, peggio, dei simulacri di musulmani la cui morte renderà un servizio all’islam. Di più, l’assassinio – da compiere senza nutrire sentimenti di odio e sgozzando le vittime in modo da non farle soffrire troppo – è un’opera di misericordia perché la loro uccisione le assolverebbe dal crimine verso Allah di essere regredite verso la pre-origine, e cioè il tempo della jahilliyya o periodo dell’ignoranza della Legge – e di essere diventate dei musulmani solo in apparenza.

Più che di una barbarica punizione corporale, si tratta di un vero e proprio rituale arcaico di “apertura” all’infinito e di riconduzione delle anime al Padre allucinato : un rituale che si allaccia alla scena originaria collettiva islamica, che si realizza nel gorgo vuoto del godimento perverso e presenta tratti differenti da quelle altre Storie di ordinarie mutilazioni, di cui ha recentemente scritto con sgomento Adriano Sofri.

Sporgendosi verso le proprie vittime per immolarle ad Allah, i massacratori le annunciano la buona novella del loro riscatto e chiedono loro grazia per l’atto che stanno per commettere. L’atto che si conclude con l’effusione del sangue al grido di “Allahu Akbar” ( Allah è il più grande), verrà filmato e diffuso via Internet e via Al Jazira, televisione satellitare del Qatar, per ammonire i “nemici di Allah” e per gratificare le piazze e i bassifondi della sterminata platea araba e islamica, che naturalmente – come presa in un turbine di esaltazione, di affabulazioni e di assurdità – non potrà che fare il tifo per i fratelli – veri Leoni di Allah – oppure brontolare un po’ – nei caffè, tra un bicchiore di tè alla menta e l’altro – mormorando che forse sì, è vero, gli americani e gli ebrei sono cattivi e vanno sgozzati, i musulmani, però… Non si fa, questo danneggia il turismo… D’altra parte – si continua a mormorare – l’islam è la religione della pace, i terroristi non sono veri musulmani… A meno che – è quel che dicono nelle piazze e alle televisioni arabe – non sia tutto un complotto sionista per infangare l’immagine dell’islam… Come l’11 settembre, per esempio, chi ci assicura che non siano stati gli americani a buttarsi giù le torri per darsi alibi per attaccare il povero Saddam Hussein ? E via affabulando, al suk, in televisione e nelle piazze sterminate…

La minaccia, dal punto di vista islamico, è rappresentato dalla modernità – una modernità che vira al disastro nelle società arabo-islamiche in preda a un marasma paranoico-sacrificale generalizzato. Una situazione in cui, sfuggendo alle proprie responsabilità storiche, culturali e politiche, ed atteggiandosi a povere vittime sempre e comunque, la colpa viene attribuita sempre e comunque all’altro: ovvero all’infedele e a quei musulmani o governi musulmani, anch’essi dispotici e dittatoriali, considerati “apostati” perché non applicano alla lettera la Legge di Allah. Lo jhiad è lanciato anche e soprattutto, perlomeno inizialmente come in Algeria, contro di loro. Poi, approfittando della guerra all’Irak condotta dagli U.S.A., si è forse pensato che fosse tatticamente più conveniente applicarlo agli occidentali, definiti “crociati” ed “ebrei”. A meno che l’Europa non “collabori”, non pagni il “pizzo” e non diventi dhimmi , il jihad minaccia di estendersi all’intera Europa . La questione è come elaborare una minaccia reale, senza considerarla solo un sogno o un incubo, e farvi fronte in maniera meno arcaica.

I musulmani sono abituati ad aver paura dell’islam fin dall’infanzia, e i più sensibili e riflessivi fra di loro, hanno cercato – timidamente e spesso al costo della vita – di interpretare criticamente i testi, di aggiornare le vecchie letture tradizionali e di i arginare le pretese dell’islam politico di considerare semplicisticamente il mondo secondo un dispositivo arcaico fedele/infedele, territorio della pace/territorio della guerra, ecc. Per numerosi Europei, invece, è difficile immaginare che altri possano essere animati da passioni guerriere – a meno che non siano quei “semplicioni” di Americani, considerati dai nostri raffinati intellettuali sinistrati talmente interessati e bellicosi da fabbricarsi tutta una serie di pretesti per mandare tanti loro figli a combattere e a morire in Irak. Noi infatti possiamo tranquillamente convivere con i vicini campi di sterminio di Saddam Hussein e il lugubre mondo dei mullah di Teheran o del dittatore siriano, e sopportare che ogni tanto qualche signore del terrore faccia esplodere qualche stazione nelle nostre capitali o in un supermercato, semplicemente pentendosi, alzando le mani, ritirandosi e strizzando l’occhio allo sgozzatore di turno per fargli capire che stiamo imparando la lezione e siamo pronti a pagare “il pizzo” per essere lasciati, sia pure relativamente, in pace. Ma, come dice anche il Corano, che se preso alla lettera sembra un cumulo di vecchie parole stupide e cattive, nessuna amicizia è possibile con un infedele, per definizione “ingrato verso Allah”. E gli Europei, diventati erranti disponibili, investiti loro malgrado dal marasma in cui versa l’islam vengono colpiti comunque, anche se non fanno nulla di sbagliato.

Le immagini diffuse dalle tv arabe e da Internet delle vittime rese impotenti, umiliate e sottomesse prima di essere sgozzate sotto le scritte in arabo al grido di “Allauh Akbar” , sono l’icona, se non il segno e il simbolo a piè di lettera, della nostra terrificante vulnerabilità.

Dovrebbe ormai risultare chiaro che immaginare che se si cambia politica ad ogni orrenda sceneggiata dei terroristi islamici e transnazionali questo li soddisferà è un grave errore. Del resto non sarebbe la prima volta che è proprio l’evidente quello che è più difficile da vedere. Il nazismo, per esempio, più ascendeva non a caso sfolgorando, più risultava non-visto. Così, ancora oggi, ci sono quelli che dicono che non sapevano o che non ci credevano, se non di tanto in tanto…

I sedicenti amanti della morte hanno più volte, a partire dall’11 settembre, dichiarato a chiare lettere che quelle stragi che vanno seminando per il mondo non sono per negoziare ma per distruggere.

Le loro parole e i loro atti dovrebbero essere presi sul serio, attenendosi alla lettera di quanto dicono e non divagando con interpretazioni varie o, peggio, la ricerca di giustificazioni di natura antropologica, filosofica o sociopolitica . Vogliono semplicemente distruggere la più comune e imperfetta civiltà cosiddetta umana insieme alla democrazia laica, alla libertà individuale, all’eguaglianza davanti alle leggi umane, alla tolleranza, al pluralismo – e sostituirli con una nomocrazia ( il governo del diritto e della legge di Allah) fondata sull’interpretazione fissa e contratta, perversa e dogmatica del Libro.

Tentare di placare i terroristi islamici , i loro seguaci e i simpatizzanti – o anche di considerarli, ideologicamente e cinicamente , come dei “poveri-fanatici” o “resistenti” in lotta contro i “ricchi-tecnologici” – , forse esorcizzerà un po’ la nostra angoscia e i nostri tipici sensi di colpa, ma divertirà molto i loro capi miliardari, i burattinai del terrore e i registi dell’orrore, e non ci salverà dai pericoli e il caos che ci attende. Niente eccita di più i babbuini verdi – sia quelli che si fanno riprendere in video come delle superstar nell’atto di sgozzare gli “infedeli” sia quelli che nelle piazze arabe si sentono comunque gratificati e anch’essi un po’ leoni – di constatare che il loro bersaglio è debole, smarrito e in preda alla paura (gdm).

———————–

LA LETTERA CHE UCCIDE

( qualche osservazione)

Se il Tempo è riassorbito nell’atemporalità della lettera, nasce il problema – mai risolto – di articolare l’Autorità e la Volontà espressa in una Legge fissa e immutabile a un’altra autorità umana e a una volontà politica, che possa applicare praticamente e servilmente tale Legge. Si è così sviluppata nel corso dei secoli una causistica sterminata, sempre opinabile, proprio perché nell’islàm nessuno possiede la “vera” interpretazione del dettato coranico. In pratica, decide il più forte. Del resto se ci si attiene alla lettera e alla volontà politica totalitaria di applicarla pragmaticamente c’è poco da interpretare, dal momento che si tratta di un testo primitivo concepito per dominare e per spingere all’azione persone semplici e bellicose.

Il messaggio coranico nato tra i mercanti meccani spinse i beduini , a partire dal VII sec. d.C. , alla distruzione degli ultimi fuochi dell’Antichità greco-romana e alla sottomissione entusiasmante dell’universo mondo: un dovere religioso non ancora portato compimento. Se la storicità del testo e le possibilità semantiche , ermeneutiche e interpretative del testo vengono abolite da una lettura politico-fondamentalista – riassunto in maniera pragmatica, semplice ed essenziale – il Sublime Messaggio della lettera è questo:

AUTORITA’ SUPERIORE

dètta al Suo ultimo e definitivo Inviato

VERITA’/MENZOGNA

alla quale

SERVI FEDELI/ INFEDELI INGRATI

debbono

OBBEDIENZA/DISOBBEDIENZA

secondo una logica

RICOMPENSA/PUNIZIONE

sennò

PROBLEMI

( schema tradotto dal francese, con qualche variante. Fonte: http://www.coran.free.fr/biblio/coran.htm#sommaire

JihadProselytizing-X.gif

Oggi, nella ripetizione mortifera un passato che credevamo superato, affiora e dilaga il versante bellicoso di un islam demagogico ad uso politico che non tollera alcuna critica e alcuna opposizione. Nel rifiuto islamico della complessità si annida la tirannia. Così come dalla volontà di applicare praticamente l’Idea nasce la prassi fantatica e crudele del terrorismo. Questa guerra maligna, dichiarata unilateralmente a “tutti gli altri” dal versante islamista ubiquitario e diffuso, non sarebbe – dal punto di vista jhaidista – che la prosecuzione di un movimento politico-religioso e guerriero iniziato agli inizi del VII secolo della nostra era, con i primi tentativi d’invasione e di colonizzazione dell’Europa – penisoletta dell’Asia – da allora considerata zona di tregua provvisoria.

Nel rifiuto della complessità si annida, ancora una volta, la tirannia. E il terrorismo islamico e transnazionale ha dichiarato a chiare lettere cosa intende fare: umiliare, terrorizzare, sottomettere e reislamizzare il mondo e la modernità, con tutti i mezzi. Così il dettato coranico si presenta alle masse nella sua versione politica, elaborata fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo; e – dopo il crollo degli altri totalitarismi che pretendevano di dare un Senso al cammino degli individui e delle masse – si avvantaggia di quel vuoto di Senso che per alcuni potrebbe essere una fortuna per nuove creazioni, ma che in altri, privi di educazione alla libertà e alla giustizia, provoca una vera e propria disperazione. Da qui, il successo di un messaggio semplice ed entusiasmante, favorito anche dall’esplosione demografica. Dalla disperazione nascono le adesioni al messaggio jhaidista anche fra persone molto sofisticate ma in crisi d’identità , così come nasce quella strana simpatia per quelle bande definite – ciecamente, ideologicamente e con cinismo – “poveri-fanatici-che-resistono-ai-ricchi-e-cattivi-tecnologici” : una favola che si fa strada nel mondo letterato europeo e nei salotti sinistrati e in preda a un gran senso di noia e in cerca di semplicità, di azione o di bella morte, oppure semplicemente predisposti allo sfogo della barbarie (gdm).

Questa voce è stata pubblicata in Varie. Contrassegna il permalink.

Una risposta a

  1. giannidemartino scrive:

    Umanità vs Monoteimo Dogmatico e Distruttivo!

    Caro Gianni,

    così sono riuscito ad andare alla presentazione del tuo libro, ho conosciuto il ragazzo Quaranta – paradossalmente proprio lo stesso giorno mi è arrivata una newsletter arcoiris che lo citava parlando della rimozione del parroco di rignano! – e l’ho trovata interessante, naturalmente… La saletta con una trentina di posti era praticamente quasi piena, comunque a quest’ora sicuramente avrai saputo già tutto al riguardo. Mi è stato detto anche che la presentazione si ripeterà il 14 luglio all'”Altra Sponda” (vicino a casa mia!) e che forse tu sarai presente…

    Per quanto riguarda l’argomento del libro l’ho trovato come dicevo interessante, in particolare mi hanno “incuriosito” i commenti di Silvestri – se ho capito bene è un giornalista collaboratore dell’arcigay? – riguardo la divinità e l’umanità eccetera.. Come forse già ti dissi io ritengo il Monoteismo biblico più che un errore, un grosso problema, e sicuramente qualcosa di dannoso per l’umanità, con la sua visione totalizzante e astratta della divinità, modello di tutte le strutture di potere rigidamente organizzate a venire, per non parlare del rigidissimo infantile dualismo ad esso implicito – Dio/Satana – ispiratore di guerre, stermini, genocidi a non finire, non limitati agli infedeli o agli idolatri, come tu sai la perfezione viene raggiunta dalla guerra/sterminio fratricida, cioè diretta verso “confratelli monoteisti” di un’altra fede, parrocchia, corrente interpretativa ecc., visti come Satanassi da eliminare una volta e per sempre!…

    In questo contesto Gesù, con la sua insistenza sul concreto essere umano e sull’amore tra esseri umani si pone più come un “liquidatore” del suddetto Monoteismo-Gott mitt uns come lo chiamo io, che come un suo promotore, e questo spiegherebbe la sua apparente intolleranza verso scribi farisei ecc… Quindi il “vero” seguace di Cristo si distinguerebbe tanto dalla gerarchia farisaica (non sono un esperto di terminologie cristiane) reimpossessatasi del suo messaggio, quanto dal fedele passivo, dal “gregge” che accetta acriticamente gli ordini e le interpretazioni della prima.

    Una cosa che mai mi è andata giù è il catechismo inoculatoci nel raccapricciante collegio cattolico dove ho avuto la sventura di soggiornare una decina d’anni – da simili posti, vere e proprie “macchine” produttrici di classi dirigenti portatrici di pregiudizi, ipocrisia e ingiustizie sociali, sono usciti come tu sai non solo gente come agnelli, berluska, previti, dell’utri e simili con tutti i loro valvassori e valvassini e “sgherri”, ma anche gente incazzatissima che ha contribuito – anche questo tu lo sai – ad insanguinare i nostri e i loro anni giovanili, affossando ancora una volta il sogno di fratellanza, per rimanere ai nostri giorni basta un paio di nomi, curcio (che almeno oggi partecipa ai convegni di “Altrove”!) e il “cattivo maesto” negri: Despoti e Terroristi più o meno Efficienti o Deficienti, Caino e Abele insomma …

    Quindi Gesù che annuncia l’Umanità di Dio, o la Divinità dell’Uomo – di tutti gli Esseri Umani – mi sta benissimo, in questo la sua figura si affianca a quella del Budda Grande “Umanizzatore” dell’induismo o a quella di Chiunque combatta le Strutture Astratte del Potere a favore di una migliore Vita e Migliore Umanità (in questo forse sono un pò più avanti il buddismo mahayana o le religioni americane “native”, che estendono il sentimento di fratellanza a TUTTE le creature viventi e – ancor più scovolgente – a quelle da noi ritenute “non viventi”, tipo vento, rocce, ecc., cioè praticamente a TUTTO! vedi anche alla voce Giordano Bruno..).

    Per non parlare del Gesù Libertario che guarda i Re e gli Imperatori “dritto negli occhi” e parla loro senza senso di inferiorità o soggezione, da Pari a Pari (NON – badiamoci bene – “dall’alto in basso”!), diciamo, ad “altezza d’uomo”, fonte d’ispirazione di tutte le “utopie” successive, alcune delle quali abbiamo conosciuto molto bene! Simbolo o Esempio di Coraggio e Amore, quindi, e non solo di buone intenzioni, e per nulla di sessuofobia e autocastrazione (questo tema è controverso anche nel buddismo, ma basta pensare a Vimalakirti e a Kungpa Legpa!): allora la sua Figura mi sta bene e si affianca ad altri modelli, come Budda, Toro Seduto, Socrate e Gandhi tra gli altri -una figura al femminile potrebbe essere Gianna D’Arco o forse Ipazia di Alessandria o Rosa Luxemburg? – Uomini e Donne che hanno affrontato la difficoltà per un Ideale e/o per la Liberazione della propria gente…e di Se Stessi, aggiungo io!

    Si potrebbe andare avanti, ma ti ho già rubato troppo tempo e ora ti lascio, ho visto e rilanciato, come vedi, ora tocca a te! (ma mica stiamo giocando a poker!)

    Un abbraccio e a presto, Cristiano

    ps – Ti mandano un saluto Paola & Angelo Quattrocchi.

    Per :

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *