Un nemico di umore massacrante

UN NEMICO D’UMORE MASSACRANTE

Ricorrendo all’espressione del poeta Henri Michaux, a proposito dei meccanismi di difesa di fronte all’estremo rappresentato dai crimini contro l’umanità, debbo constatare che “di fronte alle serrature” che la violenza islamista sotto forma di massacro costituisce per il pensiero, questo è colto da uno spavento e da un disgusto che lo informa sull’importanza di una posta il cui senso dev’essere strappato all’immondo. A quello stesso immondo che, insieme al fascinoso e all’orrendo, costituisce quel sacro non depotenziato presso il quale va ad attingere immunità e nuove forze il massacratore che si dice musulmano dopo aver sgozzato uomini, donne e bambini in nome di Allah. In assenza di un magistero centrale, in grado di moderare i comandi che i pii fanatici pretendono di ricevere direttamente dall’Onnipotente fattosi sacra scrittura, la validazione del massacro si basa su una fatwa ed è ottenuta per una fatwa, un responso giuridico che qualsiasi letterato o anche semiletterato islamista può emettere – qui quella dell’obbligo del jihad, parola sacralizzata che rende lecito il massacro e non solo annulla ogni senso di colpa ma accresce l’atto di una efficacia purificatrice e di un valore aggiunto di benedizione divina che va a credito del pio massacratore.

Storicamente e sociologicamente esistono molti islam, ovunque in crisi e in piena decomposizione, ed anche prolungamenti culturali che vanno al di là dell’islam inteso come religione ( din), occorre tuttavia insistere sull’evocazione del nome di Allah e del religioso durante le carneficine, così come sull’oblìo degli altri nomi, come ad esempio, il Clemente o il Misericordioso ( rahaman rahim, termini entrambi legati al significato di “utero”, e quindi di amore viscerale e quasi carnale che unirebbe Creatore e creatura, e le creature fra di loro ); e occorre insistere anche sui buchi di memoria che caratterizzano i massacri islamisti e ne diventano la conseguenza. Al grido assassino di “Allah Akbar” , fra le urla, l’odore di polvere, di sangue, di carne bruciata e d’escrementi, quelle decapitazioni e quegli smembramenti che rendono impossibile la sepoltura integra corrispondono alle fantastiche raffigurazioni che una letteratura di propaganda detta degli Oqbates ( le Punizioni) descrive in termini terrificanti.

Inscenando con le sue proprie mani il terrore infernale, il pio islamista crede di vedere ciò a cui sfugge nell’Aldilà. Nello stesso tempo, annullando il tempo, crede di tenersi sotto il portico dell’Origine come un emiro, a ripetere le gesta del Buon Modello così come vengono tramandate da una mito-storia sacralizzata.



Miniatura raffigurante Ali bin Abu Taleb ( arabo علي بن أبي طالب ), cugino e genero del profeta mentre decapita Nasr bin alHareth in presenza del profeta Muhammad , il “Buon Modello”, e dei suoi compagni.

8/12/2004: Breaking Mohammed Mutawalli , Egyptian Beheading Video, qui

8/9/2004: Bulgarian Beheading Video In Iraq (possibly Georgi Lazov), qui

§9/19/2004 Breaking: Video of 3 Kurds (Part of Kurdish Democratic Party) Beheaded By Army of Ansar al-Sunna,qui

La crudeltà e l’accanimento sui corpi degli “infedeli” non è solo sotto il dominio della pulsione di morte, ma di un odio genocidario rinforzato dai tratti astratti e violenti di un’ideologia islamista diffusa e largamente condivisa. Nel massacro di “infedeli” e di musulmani considerati “apostati” o pseudo-musulmani non è in gioco solo un integralismo, o un fondamentalismo, ma uno sdradicamento dalla metafora, una perdita della più comune capacità spirituale e una funzione immaginaria in decomposizione, sostituita dalla volontà di un ritorno all’Origine allucinata. Un ritorno che non è trasporto o trazione, ma un ritrarsi verso un informe in cui l’immaginario si fa vedere come carne, come un organo collettivo, un dito puntato contro tutti gli altri, una bocca aperta su un’angoscia politica senza fondo.

Da una parte l’esibizione spettacolare, planetaria, di uno strano bisogno di sconvolgimento e di esibizione criminale dell’orrorre di un’identità "pura e dura", quella dei "Leoni di Allah" il cui "eroismo resistente" consiste nello sparare i bambini alle spalle, stuprare donne o imbottirsi di esplosivi per fare strage di civili. D’altra parte, il silenzio. Un silenzio di morte che non sembra annunciare niente di buono e ci riporta sulle tracce di una posta il cui senso va strappato non solo all’immondo ma anche alla notte di un misconoscimento più generale, dove le luci della ragione si spengono e vittime e carnefici sembrano confondersi, mentre i fanatici maligni vengono indicati come "resistenti" da gran parte dei media arabi e parte del mondo letterato occidentale, sedotto dalla barbarie e praticamente "collaborazionista", se non utile idiota o masochista in preda a fertili sensi di colpa. Del resto è proprio questo ciò a cui tende il terrorismo, creare confusione e “bruciare il cuore” – come si legge nei proclami jahidisti. Per meglio concepire cosa intendo evocare, riprenderò dallo psicoanalista Michel Hirt, l’autore di Le miroir du Prophète ( 1993) e di Vestiges du Dieu, il ricordo di un quadro di Poussin, “Il massacro degli Innocenti”, in cui il piede del massacratore schiaccia la gola del neonato, bloccando il tragitto del soffio nella piccola vittima, cercando di privarlo di quell’aria che sostiene e porta le parole, mentre il braccio dell’assassino respinge la madre che cerca di contrastarlo.



Nicolas Poussin – Le Massacre des Innocents (v. 1625)

Qui c’è come “una concezione macellaia della filiazione”, la stessa simboleggiata dal fatto che le terroriste cecene che si sono fatte esplodere sui due aerei in volo sulla Russia hanno nascosto il plastico in preservativi inseriti nella vagina ( lo ha notato Paolo di Lautreamont in “simboli di vita e di morte”, v. http://leguerrecivili.splinder.com/). La “concezione macellaia della filiazione” , praticata un tempo dai nazisti, si basa sullo squartamento degli innocenti, silenziosi e impuri, il cui abbattimento e smembramento sono ricalcati sulla messa a morte degli animali. Il massacro non concerne una persona ma l’insieme illimitato di chiunque non sia più qualcuno per qualcun altro e che non merita alcuna considerazione, se non come pezzo di ricambio: “ Wieviel Stück?”, “quanti pezzi?”, chiedeva l’ufficiale tedesco ai soldati che facevano salire su un treno Primo Levi e i suoi compagni.

Sulla stessa linea della “macelleria”, ma questa volta in versione islamista, va il testo firmato Abdallah Chamil, il nome di battaglia di Basaiev, che rivendica la strage degli innocenti piccoli cristiani di Beslan. "Grazie ad Allah – è scritto nella lettera – la brigata dei martiri ‘Riadous-Salikhin’ ha portato a termine una serie di operazioni militari sul territorio russo". Sul sito le brigate si attribuiscono anche l’autobomba alla stazione della metropolitana Rijskaia a Mosca (il 31 agosto, 10 morti), operazione "condotta dal dipartimento regionale dei martiri a Mosca, l’esplosione dei due aerei civili condotta dal dipartimento delle operazioni speciali (24 agosto, 90 morti)". L’assalto alla scuola di Beslan che ha causato la morte di oltre 500 persone, sempre secondo la rivendicazione, è stata portata a termine "dal secondo battaglione di martiri posta sotto il comando del colonnello Orsthkoiev". Poi Basaiev aggiunge: "Non conosco Osama Bin Laden e non ho preso soldi da lui. L’operazione di Beslan – che Basaiev ha provocatoriamente battezzato ‘Nord-west’, rifacendosi al massacro del teatro Dubrovovka di Mosca dell’ottobre 2002, dove era in programma lo spettacolo Nord-Ost – è costata in tutto 8.000 euro". "Dagli stranieri – si legge nel comunicato con cui Basaiev si attribuisce la strage dei bambini – ho avuto solo 10.000 dollari e 5.500 euro. Praticamente faccio la guerra solo con i soldi del bilancio della Federazione russa. Armi, automobili, esplosivi sono tutti nostri trofei. Le uniche spese sono per l’alimentazione e i vestiti. Per arrivare a Mosca quei soldi non bastavano". "All’operazione ‘Nord-West’ – prosegue il pio terrorista – partecipavano 33 mujahiddin, fra cui due donne. Ne avevo preparate quattro, ma due sono state spedite a Mosca il 24 agosto per salire sui due aerei che poi abbiamo fatto esplodere".

La negazione degli individui, posti sotto la voce “costi” o “pezzi di ricambio”, rivela un intero mondo d’umore massacrante e di silenzi. E’ lo sterminio del vivente, un volerlo, nello stesso tempo, “cacciare fuori dalle frontiere”, e cioè esiliarlo – che significa anche, etimologicamente, “rovinare”. Per l’essere umano, la perdita violenta della vita e quella della Terra si confondono, com’è espresso nei versi di Peggy Ines Sultan: “ Il bambino strappato al suo paese come saliva tolta alla sua lingua”.

Il massacro vorrebbe ridurre al silenzio, al “minuto di silenzio” e alle fiaccolate espiatorie, ovvero ridurre a niente il valore della parola deposta sul vuoto che avvolge questo buco, all’inizio della vita, alla nascita psichica del soggetto. Il massacro vuole riempire il buco di un eccesso di Senso e lasciare senza parole, sfidando quello che sembra il nostro nichilismo con un accumulo di cadaveri per dimostrare, al grido di “Allah Akbar”, chi è il padrone della vita e della morte. Per i meno evoluti, più vicini ai ritmi primordiali di distruzione e origine, perdura un sacro non ancora depotenziato, ma anzi reso ancora più intenso e feroce , e addirittura catastrofico e fonte di una vera e propria “disperazione di massa” al contatto dissolvitore della modernità.

Nel mondo arabo-islamico l’ “impura” modernità sarebbe stata introdotta a insaputa dei musulmani veri musulmani, a seguito di un complotto “crociato” e “sionista” per distruggere l’islam. La grande umma ( la matria islamica), mai esistita e sognata come la comunità ideale, sarebbe in grave pericolo e richiede a tutti i “veri” musulmani il dovere religioso del jihad: sforzo estremo fino al martirio-massacro per restaurare il diritto di Allah e guerra contro le forze del male. Il marasma paranoico-sacrificale viene peraltro ben finanziato da chi crede di ricavarne vantaggi in termini di potere politico ed economico ricorrendo a un vocabolario religioso. Ed è fomentato dalla creazione, dalla spettacolarizzazione e dalla “vendita” all’Occidente delle vittime del vittimismo organizzato – come per esempio la vendita dei palestinesi – al buon cuore dei contribuenti occidentali, approfittando del tipico e fertile senso di colpa degli occidentali. In un certo senso – assolvendosi dalle proprie responsabilità – la posizione fanatica realizza una forma d’incesto, che lo psicoanalista tunisino Fethi Benslama propone di chiamare: incestuale politico: la credenza nella presenza integrale e compatta dell’origine saldata alla comunità ( umma) soddisfatta.

E’ per questo che nel caso dell’ideologia islamista predicata nelle moschee, su Internet e dagli schermi delle televioni satellitari arabe, non c’è solo un ritorno a – espressione nella quale ci si può riservare la metafora e un punto di vista interpretativo che significherebbe l’allontanamento dalla fonte – ma il ricorso delirante all’origine.

L’origine alla quale la comunità sarebbe integralmente saldata, evoca quel femminile che non si vuol vedere, e che quindi viene allucinato. La grande umma ( matria islamica) si pone come perennemente in pericolo e come un senza fondo: cesura incolmabile, fonte di un credito infinito da cui promano sempre nuove e crudeli esazioni.

Il ricorso delirante all’origine con cui fare corpo, sarebbe impossibile se non procedendo, preventivamente, come fanno gli islamisti, a un annientamento dell’interpretazione.

Non esiste alcuna religione o din al di sopra della verità, della giustizia e del comune senso di umanità. E non c’è bisogno di ricorrere ad astrusi sistemi per rendersi conto che nessun essere umano realmente evoluto è mai completamente indifferente al dolore o alla felicità degli altri esseri umani. Ma la crudeltà è l’applicazione pratica di un’Idea di purezza.

Come il tentativo nazista di far cadere alcune creature umane “impure” al di fuori dell’umanità, anche il ricorso delirante all’Origine di cui si fa portratrice l’ideologia islamista si rivela quindi simbolicamente impossibile, e non può che portare al suicidio-massacro. Nel tentativo, astratto e violento, di saldare la comunità soddisfatta all’Origine allucinata, la pratica del massacro priva della vita numerosi innocenti, comportando conseguenze psicologiche la cui profusione grava sempre più pesantemente sulle nostre esistenze.

In una conferenza del 15 maggio 1944 su “psicologia e stato di guerra”, Ernest Jones osservava– come l’aveva fatto Sigmund Freud a proposito della carneficina del 14-18 – come durante la Seconda Guerra mondiale le forme di crudeltà sviluppatesi sembrassero aver oltrepassato i limiti cosiddetti umani e anche in maniera evidente tutti i comportamenti animali conosciuti. Ernest Jones si chiedeva inoltre se chiunque, a parte le vittime, fosse capace d’immaginare davvero quelle cose – eccetto quelli che ricavavano direttamente un piacere sadico nell’evocare o immaginare gli orrori, un compiacimento che avrebbe scarso valore sociale. “ E’ regola generale – scriveva Jones – che lo spirito indietreggi davanti a tali orrori con violenza o collera; più spesso, che si rifugi in una ignoranza voluta utilizzando tutte le forme di diniego, di rifiuto psicologico dominato da fattori inconsci, e di disconoscimento”.

Dalla fine della Seconda Guerra mondiale, questo oltrepassamento dei limiti cosiddetti umani da parte della distruttività – compresa la distruttività “ordinaria”, da cui proviene la scandalosa “banalità del male” che Hanna Arendt si è assunta il rischio di esporre – non è mai cessato ; ed esplode, oggi, in maniera spettacolare e a corto circuito nella forma del terrorismo islamico e transnazionale. Questo orrore, sia permanente che esplosivo, esige d’essere interrogato senza posa dalla psicoanalisi, nata non a caso nell’epoca che preparava lo Sterminio, e forse ancora oggi in grado di fornire qualche modesto e precario antidoto al fanatismo. Specialmente di fronte allo strano silenzio, se non il compiacimento con cui, oggi, larghe masse islamiche accolgono rapimenti e uccisioni deliberate di civili ovunque, da parte di altri islamici, così come la fabbricazione e l’uso dei cosiddetti martiri-killer, mentre numerosi europei arretrano, indietreggiano, e soprattutto sembrano in preda a meccanismi di difesa come il diniego, la smentita, il disconoscimento, queste differenti traduzioni della Verleugnung, che l’apparato dell’anima mette inevitabilmente all’opera per non saperne niente e non volerne sapere niente della Rivoluzione islamista in corso: un vasto movimento oscurantista e totalitario, riduttivamente presentato, per tranquillità, come una questione di terrorismo.

E’ questa la ragione per la quale occorre prendere in conto la ripetizione e quella noiosa e mortifera tendenza a insistere con la ripetizione di tutti i vecchi errori, per contribuire – tramite la ripetizione, il ricordo e l’elaborazione – a quel “lavoro di memoria” che dobbiamo alla specie umana, per non perdere di vista né il marasma paranoico-sacrificale in cui è caduto un islam decomposto e scismaticamente ricomposto nei termini di un dilagante nazi-teo-scientismo armato contro le democrazie, né perdere di vista il caos pulsionale su cui si basano le fragili acquisizioni evolutive degli uomini cosiddetti civilizzati.

Link

PDF] Islam and Beheading
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Islam e decapitazione,
da http://www.muhammadanism.org/ Luglio 12, 2004

Killing by Beheading is Islamic!
La relazione fra islam e decapitazione degli stranieri
http://www.faithfreedom.org/index.htm

[DOC] The Sacred Muslim Practice of Beheading
Formato file: Microsoft Word 2000 –
Versione HTML

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Sull’emittente araba Al Jazira condotto un sondaggio: "Giusto prendere gli stranieri"

15 aprile 2004. Lo pensa il 79,9 per cento degli iracheni che hanno partecipato allo sconvolgente sondaggio pubblicato in arabo dalla rete televisiva Al Jazira sul proprio sito Internet. L’obiettivo è capire in che modo questa serie di rapimenti e sparizioni di civili stranieri sia vissuta dalla popolazione locale. La domanda è stata formulata in questo modo: "Credi che catturare ostaggi stranieri da parte della resistenza irachena ( nota: i Khmer verdi, gli sgozzatori d’ "infedeli") sia utile?". Il sondaggio è cominciato il 12 aprile e andrà avanti per tutt’oggi. Si può rispondere in due modi soltanto: "sì" o "no". Fino a ieri sera avevano risposto 83.839 persone. Si è pronunciato per il "sì" il 79,9 per cento dei partecipanti. Il 20,1 per cento ha risposto "no".

Link:

9/20/2004 Breaking: Beheading Video Of American Hostage Eugene Armstrong (Killed By Zarqawi Group) Download Here

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Una risposta a Un nemico di umore massacrante

  1. Paolo-di-Lautreamont scrive:

    Molto interessante. In effetti vale la pena di riflettere sul significato anche psicologico della Umma. Tutti i totalitarismi si basano su questo concetto di “comunità al di sopra degli individui”, il che permette di rimuovere facilmente orrori ed errori.

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