VISTI DA DIETRO


Max Ernst, “la Vergine sculaccia Cristo bambino davanti tre testimoni: André Breton, Paul Eluard e il pittore ” ( 1926, Museum Ludwig, Colonia )

Nel corso di una guerra atroce, mentre continuano le decapitazioni degli “impuri” occidentali da parte dei fanatici e paranoici maschiacci islamici , “sodomizzati” da una loro dura e crudele versione dell’islam in piena decomposizione e marasma, la nostra fauna politica s’imbestialisce su euro-questioni apparentemente di religione e di piccola sessualità italiana, medio-italiana.

Bestiale, per esempio, è l’ostracismo orchestrato in Commissione Ue per i diritti civili contro il filosofo cattolico Rocco Buttiglione , che incalzato sui gay cade in trappola accettando di euro-disquisire ( in cinque lingue! ) di omosessualità come “peccato”, dicendosi contrario – in quanto euro-politico – alla discriminazione degli omosessuali , senza però rinunciare ( in quanto kantiano, oltre che più papista del papa ) alla condanna morale in conformità con la dottrina cattolica. In altre parole : in conformità con le asfittiche “verità oggettive”, le false certezze, le italo-ipocrise, le professorali arroganze e le contorsioni dialettiche e anche teologiche della morale cattolica ufficiale del Vaticano, che peraltro non è quella di tutti i cattolici. A numerosi cristiani appare sempre più come il sintomo di una spaventole arroganza additare in nome di Cristo le omosessualità come “peccato”. Quanto al professor Buttiglione, il suo parlare di “peccato” in Commisione Ue sarà pure un tecnicismo, ma additare “oggettivamente” ed elegantemente i gay come moralmente condannabili euro-portatori di male, non solo avvia sempre meno pecorelle sprovvedute nei fertili pascoli dei sensi di colpa, ma alimenta l’odio verso persone sospettate e invidiate a torto o a ragione di godere di più e meglio, e offre anche alibi alle più brutali spedizioni punitive di squadracce di arditi e mediocri cacciatori di froci, di finocchi, di culattoni e di altre “impurità” del genere. Non a caso, c’è un proverbio che dice: “ Dài un brutto nome al tuo cane, e uccidilo”. Magari, ancora una volta, al grido assassino di “Allah akbar”, un Dio che più che sublime si sta rivelando molto pericoloso e oscuro.

Con questo non voglio dire che non si debba più parlare di Kant, così come di de Sade, e che non sia necessario distinguere tra bene e male o che una società non abbia il diritto e il dovere di porre limiti al comportamento sconsiderato dell’individuo che – omo o eterosessuale che sia – nuoce o danneggia gli altri. Vorrei solo suggerire che forse occorrerebbe togliere dal nostro vocabolario tutte quelle vecchie parole che rischiano di farci sentire tutti brutti, stupidi e depressi, come quando s’indossa un vecchio cappotto, una tonaca stinta o un sacro turbante che ottunde il pensiero. Ma le parole non sono solo degli abiti o pezze firmate per coprire l’accecante nudità dei nostri poveri buchi, compresi i buchi di senso: le parole sono anche pietre. E da sempre parole e pietre fanno la guerra e riempiono i buchi, proprio come fa la morte. Insomma, pare che non si possa eliminare e mortificare un essere umano, se prima non gli si attribuisce un nome che lo assimili “oggettivamente” al vizio, al turpe, allo sporco , all’infezione e al male assoluto.

Si tratta peraltro di un cementato e mortificante meccanismo di difesa e di esclusione che oggi opera, in maniera non sempre chiaramente consapevole, nei due sensi: Buttiglione allontana e respinge i “peccatori”, e l’Europa vuole tenere alla larga quelle persone o gruppi di persone che per ignoranza o per presunzione si assumono le prerogative dell’Onnipotente e vogliono giudicare la vita degli altri oltre il limite delle giuste leggi civili. Dopo aver spavaldamente buttata una pietra e ficcata una croce sulla gobba degli omosessuali, senza però riuscire a rinfocolarne il vittimismo, ma anzi suscitando una specie di euro-ribellione ( al punto che è stato lui, Buttiglione, ad essere stato mandato a fare in culo) ora gli austeri fratelli e i fratellastri di Rocco gridano al dispotismo ideologico, al complotto anti-cattolico, fanno le povere vittime. Ma come, hai appena euro-giudicato baldanzosamente gli altri, e adesso non vuoi essere euro-giudicato a tua volta ? D’altra parte, è anche vero che a inquisire e a rimandare Buttiglione al Vaticano pare sia stata quella stessa Europa che accoglie in sedi prestigiose l’ imam Yusuf al Qaradawi, autorevole leader religioso dei Fratelli Musulmani, ascoltando con compunta reverenza – in osservanza al dogma del multiculturalismo – le sue prediche antisemite di pieno appoggio ai suicidi-killer, definiti tecnicamente shaid, i propositi d’imminente conquista di Roma da parte dei musulmani, e i dotti suggerimenti di pena capitale per i gay, senza osare rimandarlo alla Mecca o comunque tenersene alla larga.

ESEMPIO DI PUNIZIONE ISLAMICA:

If your stomach can take it, click here. If this doesn’t show utter disregard for humanity, nothing will! [Allow a few minutes for this audio file to download]

In ogni caso, la vicenda Buttiglione fa emergere come una specie di effetto boomerang , in cui vittime e carnefici sembrano regredire alla loro prima infanzia, e i torti e le ragioni sembrano confondersi in un indistinto mare di cacca. Un mare di euro-cacca e di complottomania in cui dibattere su chi ha cominciato per primo … su chi è stato a confondere per primo matri-monium e gay-monium, religione e stato, cristo e clistère. E’ a questo che sembrano portare le conclamate “verità oggettive” e le semplicistiche metafisiche estroverse, da una parte; e dall’altra il dogma laico del multiculturalismo e la corsa al matrimonio gay ad ogni costo: all’Europa come giardino d’infanzia, alle sviste e alle brutte figure, nella torsione dei soliti panni cacati di Edipo.

Incidentalmente, la trappola a Buttiglione potrebbe essere stata preparata – perlomeno da come si legge nella “Frankfurter Allgemeine Zeitung” dopo la sua bocciatura – da Schroeder e da coloro che puntavano a una commissione del tutto diversa: « Forse ora vogliono vendicarsi di quando alcuni mesi fa non riuscirono a imporre il belga Guy Verhofstadt come successore di Prodi – scrive il quotidiano -, e in preda alla rabbia hanno dovuto rassegnarsi al cristiano-democratico José Manuel Durao Barroso ». Di qui, la controversa fregatura data a Buttiglione. Non sarebbe la prima volta che l’evocazione del dato omosessuale in sede politica può costituire un abbagliante pretesto per regolare alle spalle e in sordina, se non in sentina, dei conti di ben altra natura. Se così stessero le cose, di quelli che incalzando Buttiglione con domande da commissione ideologica laica sui gay hanno voluto farlo parlare di teologia contro il suo interesse, si potrebbe ben dire, condensando in modo chiaro e esplicito, che gliela volessero mettere nel sedere. Il che non significa che esista una lobby anticattolica di infidi peccatori acquattati alle spalle dei credenti, come teme il cardinal Martino quando afferma – senza fare alcun accenno alla ben più reale, ricca e infida offensiva dell’islam militante contro il cristianesimo – che “tutte le iniziative di questi gruppi finiscono per attaccare i cattolici e il papa, oggetto di intimidazioni e azioni per ridurli al silenzio.”

D’altra parte, bestiale è anche la stordita corsa socialburocratica a quella vera e propria assurdità che è il matrimonio gay e lesbo-chic, che tende all’omologazione sul modello eterosessuale-monogamico rappresentato dall’istituzione matrimoniale, vede tutto in termini di economia rosa confetto e non apre alle differenze, a un reale più largo e a nuovi spazi di libertà per tutti. Quel battere e ribattere incongruamente e ad ogni costo, da parte del movimento gblt, sul matrimonio da strappare a una presunta “aristocrazia” eterosessuale, va oltre l’uninone civile e la legittima richiesta dei diritti ( all’eredità, all’assistenza, all’assicurazione, alla cura del partner, alla reversibiltà della pensione – se mai vi saranno ancora pensioni – alla sicurezza, alla visibilità, alla parola, al pari trattamento sul luogo di lavoro, alla carriera militare, all’insegnamento). Va oltre? Mi scuso con la gente stufa di sentirsi dettar legge dagli altri. C’è da sperare che la cosiddetta gente ( con tre “g”) sia anche capace – perché no ? – di costituire autonomamente qualche limite significativo al proprio agire , le barriere, liberamente scelte, della fedeltà e del disinteresse. Anche se numerosi esempi storici così come le tante stragi, decapitazioni e guerre in corso porterebbero a nutrire qualche ragionevole dubbio sulla bontà innata e la “ naturale” innocenza dell’essere cosiddetto civilizzato. Un’innocenza che peraltro, in numerosi casi, si è dimostrata ancora più arcaica e criminale della colpa ( oh Gesù! Fa’, se vuoi, ch’io non diventi misantropo… forse più per malinconia, dati i tempi, che per intrinseca cattiveria…).

INCIDENTI

E bestiale è anche il giudizio sui “culattoni” – come il ministro Mirko Tremaglia ha definito gli omosessuali – che essendo “maggioranza in Europa” hanno bocciato Buttiglione alla Ue.

O perché svegliatosi con il culo storto o perché uomo di campagna di una certa età, abituato dal fascismo a incidere – nel – solco – il – segno – degli -Italiani – nel – mondo, il ministro di An ha preso penna e carta intestata del ministero per notare con maschia sobrietà: « Purtroppo Buttiglione ha perso. Povera Europa: i culattoni sono in maggioranza». Apriti cielo! La parola indecente di Mirko, il fratello di Rocco, si è levata con uno strano odore di olio di ricino, e tra qualche sentore o zaffata di povero piscio senile, ha rimbombato sull’intera Europa, notificando all’universo mondo il pubblico disprezzo che Tremaglia nutre contro chi non è non è come lui, per via di un’ars amandi che in Europa e nel mondo non tutti considerano un vizio o un peccato. Insomma, quel “culattone” su carta ministeriale non è passato inosservato. E ha provocato polemiche, parole sferzanti, un bailamme sui molti gradini dell’arena sociale. E inviti in Parlamento ad abbassare i toni, fra roboanti richieste di dimissioni, ridarelle, strani silenzi sui banchi della Repubblica ( ops! stavo per scrivere “ Re-pubica”) e nervosismi vari. Insomma, i tipici e ricorrenti rodimenti di culo a cui, non da oggi, il clerico-fascismo medio, medio-italiano, pare averci abituati. Abituati insieme all’ovvio che sembra costituirci, nell’assoluto silenzio dello spirito. L’uscita del ministro potrebbe apparire espressione di mero spirito goliardico, ovvero di quel tipico vezzo piccolo-borghese che, incapace di critica e di vera irrisione, non sa fare altro che ridere di tutto e di tutti, riduttivamente e specialmente del culo. Rida chi può.

«Confermo di avere detto quella parola , anche con spirito goliardico e non offensivo… ”, sembra scusarsi l’onorevole Tremaglia. Poi, confortato da numerose telefonate e messaggi di solidarietà che dice di aver ricevuto da tanti amici e camerati, scampato il pericolo delle dimissioni supera la cacarella , e non demorde, anzi gongola: « Non ho mai avuto tanta pubblicità, addirittura un´intera pagina sul Corriere della Sera, che mi hanno detto vale 120 milioni di vecchie lire, e questo per avere tradotto in italiano la parola gay, benedetta la lingua italiana ». Verrebbe da esclamare: ma lavala, la lingua, prima di benedirla!

Perché sono così bella?” – chiese una volta una servetta. “Perché il padrone mi lava” – rispose a se stessa facendo la vocina. Ecco, signor ministro Tremaglia, anche la lingua italiana, se vuole essere davvero bella, andrebbe lavata, tutti i giorni. Specialmente se appare su carta intestata del Governo, una lingua non può permettersi di puzzare e di fare una brutta figura.

D’altra parte, è anche vero che la parola “culo” , d’origine indoeuropea , è entrata nella nostra lingua attraverso il latino culum , un termine attestato nel suo significato di “deretano” fin dal 1300, o come “fondo d’un recipiente o d’un oggetto” fin dal 1571. E’ dall’italianissimo “culo” che deriva “culattone” , dal 2004 in uso anche nel linguaggio ministeriale della Repubblica Italiana.

Tecnicamente si tratta di una metonimia, ovvero di una figura retorica che consiste nell’usare, invece del termine che gli sarebbe più proprio, un altro che, comunque, abbia con il primo un riferimento logico. Perciò, invece di parlare di un uomo che usa l’ano nei suoi rapporti sessuali, il governo italiano parla direttamente del suo organo accresciuto: il culattone, appunto, con espressione scurrile e offensiva , ma italianissima , in uso al ministero per parlare all’Europa e per meglio respingere le persone supposte o suggerite come “omosessuali”. Persone che per Buttiglione sono peccatori da trattare con carità pelosa, e per Tremaglia invece solo buffi e sporchi culi da insultare impunemente, oltre che privare di qualsiasi diritto, rispetto e tutela.

L’ASSOLUTO PRIVILEGIO DELLA NORMA

Andremo davvero tutti all’ Inferno per un touche-pipì ? Non molti ci credono, oggi – benché l’inferno esista, ne sono convinto: l’inferno coniugale, per esempio. Ma con questi quarti di mezzaluna incombente, chissà che il peggio non debba ancora arrivare, e che la freccia della storia, se non delle molte storie e storiacce possibili, o anche impossibili, non finisca, ancora una volta, con il fare fuoco e fiamme, per finire ancora e sempre in culo a Pasolini. In ogni caso, è anche vero che da secoli in Italia sul culo – detto anche “vaso” o “confettiera” – si crede di poter impunemente vomitare di tutto: dai pregiudizi più retrivi agli insulti più diffamanti. Si è incoraggiati in questo dalla religione del Buon Dio di Buttiglione – sì, il buon creatore di meloni naturalmente così fatti per essere consumati in famiglia, com’è Suo volere appena rivelato a Rocco e ai suoi fratelli, via san Paolo, sant’Agostino, san Kant e tutta una lunga tradizione scritturale. Pare difficile, a questo punto, distinguere il Dio sublime di Buttiglione & C. da quel Dio oscuro dei nostri vicini fondamentalisti islamici, in azione su scala planetaria come fosse una specie di invisibile Saddam Hussein cosmico. Può l’Onnipotente essere moderato ed impedire che il sacro lampo – zigzagante ora insieme al filosofo che si dice cattolico e ora insieme all’uomo-bomba che si dice islamico – finisca sempre con il cadere sul culo della gente?

Il culo è fatto ( “fatto”, come si dice nel gergo dei drogati) per essere punito. Dopo qualche sculacciata, da noi si è confortati dalla carità pelosa e dalle medicazioni dei nostri sagrestani , oltre che ringalluzziti dall’idea dell’assoluto privilegio della norma. Da noi Norma non è il nome di una ragazza, magari traviata, che vive a Brooklin, bensì l’essere eterosessuali per diritto divino e per “verità oggettiva”, “naturale” : come lo è, appunto, il buco del culo quando caga.

( Una battutaccia, perché no ? Soprattutto se esprime molto bene il clima da caserma che tra gli italici maschiacci si respira in questi giorni… D’altra parte, dovrei sapere che non siamo topi, o sorci, e che per “natura” non è da intendere solo il dato empirico : l’idea di natura varia straordinariamente nel corso della nostra storia e delle molte altre storie. Noi , per esempio, l’idea di natura umana , a fondamento di uno ius naturale nonché ius gentium, l’abbiamo ereditata dai Romani, e poi filtrata attraverso la filosofia speculativa e la metafisica del pensiero cristiano. Forse dimenticando un’origine animale, che poi ritorna – il ritorno del rimosso, e del rimorso… Ma forse ne riparleremo in un altro post… potrebbe essere utile per chiarire che c’è dell’altro, una specificità umana, e che non si è solo animali, solo “un po’”…).

Culattoni, dunque, come scrive il ministro. A buon diritto la minoranza che si vive come omosessuale parla quindi di catto-talebani e di repressione, e la maggioranza che si vive come eterosessuale prova disagio e reagisce imbarazzata, sempre nel più assoluto silenzio dello spirito. Ma esprimere la situazione in questi termini, e in tono così sferzante, non è totalmente soddisfacente, e sembra logicamente lasciare aperta, come soluzione, solo una guerra tra oppressi e oppressori. Che i prodromi esistano, non c’è dubbio, e non siamo forse lontani dal giorno in cui qualche pacifico, goliardico e modicamente efficiente eterosessuale si vedrà preso a borsettate, se non a fucilate, dal suo collega mediamente euro-omosessuale. Euro-mediamente gay, ovvero prudente, informato, nemico dell’oltraggio, con il borsello ( anche linguistico) e il sogno o bisogno, “un attimino” politicamente corretto, di convolare un giorno a nozze con il grande amore, e celebrare un matrimonio normale, avere figli normali, una famiglia normale – pur essendosi, ancora una volta, innamorato dell’uomo sbagliato…

Chissà perché certi uomini ce l’hanno tanto con la loro schiena… dove peraltro il loro occhio sembra, nella maggior parte dei casi, chiuso. Pare che proprio a quegli uomini e a quelle donne che si credono tali solo per aver bigottamente fondato sul proprio sesso la differenza corporea dell’individuo, sia nota nient’altro che la smorfia della faccia.

LA SCIMMIA NUDA

Ma che cosa c’è alla radice del rifiuto del culo ( essenzialmente di quello maschile, giacché quello femminile – più morbido e, secondo l’etologo Desmond Morris, l’autore de “La scimmia nuda”, più adatto al galleggiamento – propone un discorso, per ora, e per ragioni connesse alla condizione storica della donna, assai meno significativo) ? C’è sostanzialmente, da parte di chi si vive come maschio eterosessesuale ( spesso fisso e contratto, e come fuso in un sol blocco ) la paura di perdere, nel contatto con l’omosessuale, la propria virilità, intesa qui molto profondamente come identità sessuale. Visti da dietro, uomini e donne non si distinguono chiaramente, come in certi quadri di Amanda Lear. E di fronte al culo, è come se ciascuno sentisse messa in discussione la sua posizione stessa di maschio, ciò che lo differenzia dalla femmina e, più profondamente ancora, ciò che lo differenzia come individuo: come se questa posizione si rivelasse improvvisamente precaria, o incerta, più di quanto succede di solito.

Di qui le reazioni di rifiuto e di disprezzo: “ Culattone! culattone! ”, come un disco rotto. Talvolta a labbra strette, sibilando a bassa voce, quasi senza voce: “ OomoSeSSualeee”, con lo sguardo fisso di uno che abbia appena visto un serpente; oppure contraendo tutto il corpo, inciampando nella tonaca, atteggiando le labbra in fuori, a culo di gallina, e agitando le mani come per scacciare un insetto fastidioso: “ Per piacere! per piacere!”. Di qui anche i vari e ben noti comportamenti di ipervilità aggressiva, i quali si accompagnano spesso , oscuramente, a una sollecitudine fatta all’omosessuale perché si comporti da femmina. Se il culo cade nella trappola ( e ci cade facilmente, o volentieri) il maschio, o quello che ne resta, può colpirlo più facilmente e nello stesso tempo si rassicura su se stesso.

Tutto ciò lo dobbiamo, in gran parte, all’invenzione ottocentesca della sessualità, questa rottura permanente della spina dorsale. In quanto arbitrariamente diviso in alto e basso, l’uomo può permettersi, per esempio, di cadere con il corpo sul sofà insieme al chierichetto, mentre l’anima, oplà, vola verso l’alto. E si può anche sospirare verso l’alto con tutto lo spirito, innalzando verso un cielo scipito e blu – come forse sono tutti i cieli dei paesi in cui vige una religione di Stato – lo stendardo di una Religione organizzata che oggi ci illude, o le bandiere di una Ragione che non basta per sostituire la bella e necessaria illusione religiosa. Come osservava Kant, se lo spirito va verso l’alto si possono avere sante visioni, contemplare la bellezza lieve e immacolata, se invece va verso il basso si ha un peto. Un disastro, perché mirando in basso, ai piedi, viene invece colpito il naso… Se ci si dovesse trovare non sotto le stelle ma in società, meglio far finta di niente… allo scoreggione portatore di stendardo non resta che accusare della puzza il vicino, un bambino, un animale…

Il culo, nella maggior parte dei casi, è invisibile. Come lo stronzo, del resto. Mi pare che sia stato il poeta Ceronetti a osservare che quando lo stronzo se ne sta zitto e muto nella pancia va tutto bene, quando invece esce e lo si vede turba l’Universo. A proposito del culo, il più sensibile e aromatico dei buchi, il poeta ha anche detto che quello è il luogo dove si raccoglie più anima, se non animosità.

IL DISAGIO DELLA CIVILTA’”

Il tipico esagitato gestire del moralista, così come d’altra parte il ghigno del libertino, forse sono un effetto della monarchia del sesso che ci governa: l’austera monarchia di un sesso che pare averci reso tutti un po’ fessi , naturalmente. Il fatto è che gli organi sessuali sono, nell’uomo così come negli altri animali, troppo vicini al culo. Specialmente se ci si dovesse trovare al buio, non è raro il caso di sbagliare buco. E, pazzo e pazza, di ricavarne anche un certo piacere, non del tutto egoistico, se teneramente condiviso tra due buchi. Se, per esempio, una notte, a letto, sul divano o nel pagliaio ti giri impercettibilmente e invece della mano del compagno trovi un bel culo dal quale sembra sprigionarsi un dolce e non minaccioso calore, che fai ? Non dirmi che resti inerte nella contemplazione dei misteri del buio, o che vai a chiedere lumi a Buttiglione, o che magari corri a prendere subito la tessera dell’Arcigay.

Chissà perché gli amori degli altri appaiono così problematici, se non sempre ignobili. Forse perché gli amanti veramente felici puzzano. In un mondo che, per loro, si accende di colori più vividi e sembra tutto bellezza, circonfusi e quasi aureolati di fragile felicità terrestre, gli amanti puzzano di gioia. Quando gli uomini sono eccessivamente felici, se non gai, hanno la tendenza a non obbedire più: diventano troppo fieri, voluttuosi, gioiosi. E’ per questo che, nei paesi islamici, insieme alle mani dei ladri, cadono – insieme a quelle dei camionisti, dei cuochi e dei bambini – anche le teste degli amanti.

Di questi tempi, stando così le cose, meglio, per gli amanti, vivere alla macchia, conducendo insieme una vita allegra e consapevole.

( …”Questa unità della vita, questo sentimento della vita che ritrova se stessa, è l’amore… Ma per avere coscienza della propria felicità, per dare felicita a se stesso come volentieri fa, l’amore deve isolarsi e persino crearsi inimicizie.” G.W.H. Hegel, Lo spirito del cristianesimo e il suo destino).

Da noi, in Oriente e in Occidente, l’alternativa alla macchia – dove ancora resiste qualche scampolo di poesia, così come qualche altro raro gesto d’umana compagnia, d’intelligenza o di pietà – pare non poter essere altro che questa austera monarchia del sesso che ci governa, dove la vita sessuale dell’uomo cosiddetto civilizzato risulta seriamente danneggiata, quasi una funzione in via d’involuzione, come lo sono i denti e i peli. Lo notava Freud già nel secolo scorso, in nota a Il disagio della civiltà, prima della scomparsa delle balene, dei leoni, degli amanti felici e delle rose: un libro scritto alle soglie di un’accelerata demoralizzazione generalizzata del pene, del culo e della figa.

Mentre nei paesi islamici Sheerazade è appena morta lapidata, o forse è saltata in aria in qualche discoteca, insieme all’uomo-bomba e alle leggende dorate e ai sogni delle tante Baghdad e Andalusie, nei paesi occidentali ad alto livello di sviluppo si scopa molto poco e male, ma se ne parla tantissimo, più che in quasiasi altro periodo o in altre civiltà. Civiltà meno sofisticate o deodorate fino all’asepsi come la nostra civiltà del deodorante. Nelle società ad alto livello di sviluppo, dove prevalgono solo lo spettacolo, le immagini patinate e le evanescenze, la vita sessuale diventa sempre più simbolica che reale, perché idealizzata. Così, nella maggior parte dei casi, risulta difficile tirarsi fuori dalla mefitica Idea di merda.

Eppure ci si potrebbe rilassare, ogni tanto, slacciare le cinture di sicurezza, non dico proprio sciogliere le trecce al vento, e smetterla di emulare gli “angeli più perfetti” dell’ultima scena del Faust che si lamentano:

A noi portare un resto

di terra è sforzo duro !

Ché pur fosse d’absesto

sempre rimane impuro”.

Dove regnano solo giovani angeli rigorosamente senza culo, depilati e profumati, non c’è più posto per l’amore semplice, naturale, ovvero “un po’” more ferarum, di due esseri umani. E il sesso finisce con il configurarsi come niente altro che il punto lampeggiante dell’io sociale: sempre così perbene e virtuosamente in coppia, nonché teso in avanti. Invece di starsene al suo posto, e cioè tra le gambe e i peli, il sesso sale alla testa e appare talvolta, nei secoli bui, come dannazione, oppure come àncora di speranza, solido sostegno del transitorio eternizzato, se non della vita eterna, a patto che naturalmente che ci si profumi e si vada in coppia a prendere qualche certificato.

Un culo dietro l’altro, in corsa dietro la vita e in fila per due , è forse la posizione più normale per guardare avanti, nella stessa direzione? Può darsi, ma per andare dove ? Può un culo beffare la morte come, fino a ieri, solo la figa sapeva fare? E soprattutto, un culo sa amare ? E ancora, non sarebbe forse meglio andare dove porta il cuore, vale a dire – in uno sventolare di bandiere arcobaleno e un sentore di mentine da Oratorio – verso la moltiplicazione di escatologie triviali ? Talvolta – anche noi sottoposti al regime quasi kantiano dell’ordine e della trasgressione, sempre oscillando tra obbedienza e rivolta – ci chiediamo se è possibile vedere persino nella schiena e nel culo la verità . Ma bigotti come siamo non ci fidiamo a guardare indietro, alla nostra origine animale. Così, in periodi di minacce ubiquitarie e diffuse, sui molti gradini dell’arena sociale pare non restare altro da fare che cercare schiene da depilare o su cui appoggiare salutifere bastonate. Dacci oggi il nostro culattone quotidiano.

GLI EQUIVOCI DELL’ANIMA

Maggioranze di animaleschi culattoni “pieni di soldi e di arroganza” alle spalle della vita, della famiglia e di madre chiesa? Ecco che un brivido coglie le tipiche rotondità femminee del nostro clero, mentre i più maschi tra i bigotti, o perlomeno quello che ne resta, evocano immagini di chissà quale seducente devastazione. Ovviamente “ai danni della vita e della famiglia” – con linguaggio da Segreteria vaticana. Ma come, esistono vere minacce atomiche, economiche, politiche, fondamentaliste, ecologiche, ubiquitare e diffuse , e per circoscriverle non si trova niente di più “oggettivo” che prendersela con il culo ? Vengono in mente le parole in versi di un sorprendente filosofo tedesco, il Feuerbach di Reimverse ubert tod : “ Fosti una volta fanciullo, / perciò ancora dietro sei cieco / e dietro di te resta il segno / dell’essere senza coscienza / che fosti un giorno”.

Il timore evocato dalla presenza del culo, è quello di poter ricadere in basso, regredire alla preistoria: verso una pelosità e una bestialità che sembrano radicate in noi da prima che cominciasse la storia. A quei tempi , nell’antico giadino, la felicità consisteva nella placida orizzontalità dell’animale – una condizione, questa, perfettamente “oggettiva” e “naturale”, che però non è detto sia l’unica felicità possibile, perché forse c’è dell’altro: per esempio la felicità di una mente aperta. Aperta fra illuminazione e abbaglio. Ah, il sorriso della mente, forse l’unica libertà possibile.

Come ci spiegava già un secolo fa san Dostojevskij, nel suo profetico romanzo, I fratelli Kraramazov, scrittto alle soglie del nichilismo contemporaneo, quando Eros era già diventato vizioso a causa del veleno datogli dai puritani : “ La bellezza è cosa terribile e paurosa. Terribile perché è indefinibile, e definirla non si può, perché Dio non ci ha dato che enigmi… Quello che alla mente sembra un’infamia, per il cuore, invece, è tutta bellezza. Ma c’è forse bellezza nell’ideale di Sodoma ? Credimi, proprio nell’ideale di Sodoma la trova l’enorme maggioranza degli uomini ! Lo conoscevi questo segreto o no ? La cosa paurosa è che la bellezza non solo è terribile, ma è anche un mistero”.

Mistero del buio, mistero del culo, quanti misteri ! Quanto a me, preferisco il termine “enigma”, più laico ma di poco meno terribile del termine religioso “mistero”.

In fondo, la parola “culattone” – volgare ma tenace come numerose altre parole, come per esempio “speranza” – anch’essa parola alquanto tenace, come le erbacce dei cimiteri – forse rappresenta una schiena che non vediamo, un enigma non risolto: l’enigma se non il mistero virile delle omosessualità maschili.

Non vi sono solo dibattiti, esistono anche problemi, misteri, enigmi. L’enigma della fragile felicità terrestre, per esempio, o quello – tremendo – della libertà che pochi sopportano. Può tanto vuoto, più che la catastrofe, forse necessaria, costituire come una fresca traccia ? Così, più che la regressione verso qualche bestiale e sconvolgente arcaismo, l’emergenza dell’omosessuale potrebbe essere il segno della ripresa di quello strano desiderio – non si sa se ancora barbaro o civilizzato – che l’Europa ha di farsi bella e di restare femmina, se non di ritrovare la propria anima. D’altra parte, di quanti equivoci l’anima europea non si è fatta portatrice!

Il fatto è che una volta crollata la fede tradizionale – che un tempo, da bambini, ci era apparsa come il nostro miglior parente, e forse lo era davvero – qualcosa in noi non sopporta il vuoto e vorrebbe servirsi a tutte le mangiatoie. In tal modo, all’illusione religiosa il super-io sostituisce qualcosa di peggio: una mescolanza di illusioni. Lo si può osservare nel processo in atto di decomposizione e ricomposizione dell’islam in forma di polipesco nazi-teo-scientismo-islamico, o da noi dove lo stesso processo di decomposizione del cristianesimo – frenato per fortuna da un’autorità centralizzata, purtroppo presa dai giochi di potere e poco cristiana, sempre più islamizzata – dà luogo a una proliferazione di credenze etnico-magiche, anche tipo bestie di Satana. E’ irragionevole, per esempio, pensare che il culo, come peraltro anche il naso, sia un Angelo caduto, però c’è gente che ci crede.

Improvvisamente mi accorgo che questo post è troppo lungo, e che sono già le 6 di sera: ho tralasciato un appuntamento al Circolo della Stampa, dove alcuni amici e amiche presentano il libro di un poeta che – al seguito di Bataille, se questa mattina al telefono ho capito bene – s’intitola : “ La tua vulva nera mi salverà”, o qualcosa del genere. Mah ! Avendo perso la fede in Gesù Cristo e nel “Padre che è nei cieli”– che comunque per me restano i migliori parenti – la gente si aggrappa a qualsiasi cosa, pur di essere salvata. Si vede che invece di guardarsi intorno e di amare davvero, dando possibilmente una mano a chi sta intorno, e cioè al prossimo, nutre ancora l’abietto desiderio di essere amata, e magari crede anche di avere un io da salvare.

Nel frattempo – nell’attesa, non inerte, del Paradiso, dove sarebbe bello che ci fosse davvero ancora un Tu – ecco una schiena da depilare e un culetto d’oro da calunniare nervosamente , chissà perché.

Qui l’apparizione del culo farebbe emergere le tracce di una specie di inquietante inconscio originario.

In fondo, molto in fondo, il culo rappresenta quello sfondo oscuro e , per fortuna o sfortuna, un po’ animalesco, ma delizioso, sul quale brillano le nostre idee più chiare e pure.

Non è il caso d’imbestialirsi. E’ per questo, probabilmente, che Groddeck, nel suo Libro dell’Es, ammonisce con sagge parole sull’ “assoluta inutilità della lotta dell’uomo con il suo culo”.

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SODOMIA PERFETTA

IERI

Un “peccatore” condannato al rogo ( l’odore di carni bruciate veniva mascherato da fascine di finocchi)

Roghi a Venezia, per esempio, dove; “ A differenza dell’operato laico e classista del Consiglio dei Dieci nella repressione dei rapporti sessuali non procreativi, l’Inquisizione veneziana, la cui istituzione è opera della Curia romana, esercitò un controllo diverso e più incisivo nei confronti dei cittadini lagunari.
Per impedire che la diffusione dell’eresia luterana facesse sconvolgere l’anima dei cristiani cattolici, con lo scopo sia di frenare i dissidenti politici e teologici sia di impedire la pratica di atti sessuali ritenuti contro natura, il Tribunale del Sant’Uffizio istituì un controllo sui libri stampati, letti e divulgati, clandestinamente e legalmente, inserendoli nei nuovi “ Index librorum prohibitorum ” che la Curia romana redasse nel 1557.
Finirono nell’indice di quel periodo il corpus poetico di Pietro Aretino, l’Adone del Marino, ed un libro diffuso presso i conventi lagunari scritto da Antonio Rocco, priore e lettore di filosofia e di retorica presso il convento di San Giorgio Maggiore a Venezia.
Si trattava de L’Alcibiade fanciullo a scola, e l’autore, parafrasando le effusioni che si scambiarono nel Simposio di Platone Alcibiade adulto e Socrate, fu ritenuto scrittore di “libri senza licenza, heretticali o sospsetti d’eresia o continenti cose empie, temerarie, scandalose e turbanti le pie orecchie.”
La pena inflitta al Rocco, ritenuto “heretico, vizioso e biastemator”, fu del rogo, al quale seguì, da parte del Sant’Uffizio, una lettera di spiegazione della condanna così cruda e, chiaramente, non conforme alla carità, sapienza ed amore evangelico che nel frattempo i giudici del tribunale, ipocritamente, professavano.
L’Inquisizione veneziana così si giustificò.
“Sacro Tribunale e Ill.mi Signori è venuto tempo che tutti gli altri tempi supera de malizia la quale regna in pessimi homini. Perciò non è meraviglia che moltissime creature, imparando tali vicii da li cattivi maestri pagani, vadino in rovina e il Signor Iddio flagella il mondo e la cristianità hora con sagette dal cielo e hora con tempesta di foco. Parole così nefande e turpissime del Nostro Signor et de San Zuan Battista che mai né turco, né ebreo neanche i demoni non solamente non le hanno mai ditte, ma neanche imaginate. Con ardentissimo foco sopra la piazza piena di moltitudine ha da bruciare lo peccatore nemico scelleratissimo del nostro Signor Jesus Cristo, come lo Santa Papa Pio V disse a noi di facere.” ( Fonte: http://www.oliari.com/tesi/giuseppepatacchiola5.html
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OGGI

CULTURISTA GAY ALLA PECORINA
Indovina chi m’incula stasera ?

Abolita la virtù è stato avvilito e degradato anche il vizio, ormai ridotto a gita domenicale per famiglie a Disneyland, per non dire dello spettacolo progressista offerto dai neo-gay della classe media e dai guardiani dei loro bisogni e bisognini prudenti, informati, nemici dell’oltraggio e palestrati – per i quali la massima aspirazione civile e umana, se non la felicità, consisterebbe nell’andare, rigorosamente in coppia e mano nella mano, all’Ipermercato dietro l’angolo a comprare confezioni di surgelati.

D’altra parte solo la Chiesa resiste alla banalità imperante, ma è un peccato che lo faccia richiamando ipocritamente all’osservanza di una morale impraticabile, polarizzata sull’ossessione  del sessuale ed espressa con pessimo stile da un Catechismo dal sapore di mentina.

“Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa maliziosa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere inculate con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. ( dal Catechismo della Chiesa Cattolica p.c.c. – per copia conforme).

Nota. A proposito del gioco intraverbale, di lingua, che più sopra mi sono permesso di Escogitare – un Esercizio di dEScrittura – va precisato che lo scopo non è la gratuita e inutile irrisione, ma quello di far emergere – tramite l’ uso consapevole del falsetto e la messa in scena di un finto lapsus di scrittura – il rimosso di certi precari accomodamenti di superficie. Chi scrive non intende negare alla Chiesa cattolica e alla sua parola un sapere sul bene. Insomma, non intende sfigurare la Natura… come forse potrebbe pensare qualche moralista dall’ esagitato gestire. La versione corretta del testo del Catechismo dice: “ devono essere accolti con rispetto, ecc..”.

Il Catechismo prescrive di accogliere “con rispetto, compassione, delicatezza” le persone con tendenze omosessuali, condannandone però “l’inclinazione stessa come oggettivamente disordinata” e proibendone l’ espressione, la visibilità , il passaggio all’ atto. Le si vuole cioè caste, e se non caste caute. Si tratta di un giudizio fondamentalmente negativo e di una visione riduttiva e colpevolizzante della condizione omosessuale. E’ come invitare a casa un canguro e non solo notificargli, continuamente, cioè senza misericordia e a più riprese, che ha le gambe storte, ma proibirgli anche di saltare. Ma come, nel momento in cui accogli l’omosessuale, gli suggeririsci pure, nello stesso tempo, una situazione di “atto impuro”, di “fornicazione” e di “peccato” ? “ Bestemmia puttanella, bestemmia!”, esclamerebbe un canguro sadico, non masochista, continuando a saltare. Dalla coppia Chiesa – e – omosessualità, così messa in evidenza, non nasce un essere di equilibrio. Nascono i libertini o i tipici topi e toponi da sagrestia . In una prospettiva morale asfittica, angusta, senza vie d’ uscita , il piccolo e tenero Eros, che comunque è un demonietto, si trasforma in un san Sebastiano patinato, magari con il borsello, o in un vizioso avventuriero.

Il lapsus e la messa in scena dell’irrisione dell’assurdità di certe regole impraticabili evidenzia la precarietà di una proibizione che pur muovendo da una gerarchia ecclesiastica che, perlomeno nei suoi rappresentanti più illuminati, non ignora le differenze nella costituzione sessuale innata e acquisita delle creature umane, privilegia solo la tendenza eterosessuale ( a certe condizioni) e stigmatizza le omosessualità – pur chiedendo, nello stesso tempo, di accogliere, con carità pelosa, gli omosessuali. Tollerabili purché vivano con sofferenza l’inevitabile conflitto tra i loro valori – se credenti nel Risorto – e i malori a cui si vorrebbe ridurre la loro tendenza sessuale.

Insomma, gli omosessuali sono accettabili se ritornano, insieme ai loro amanti, negli armadi. E soprattutto se non si mostrano gai, fieri, voluttuosi e integri, ma rasentando i muri delle sagrestie, s’ingobbiscano e portino una croce che, per chi crede in Cristo, dovrebbere essere più leggera. O comunque non usata per avviare le pecorelle verso i fertili pascoli dei sensi di colpa. Apertura ed accoglienza non pelosa forse sarebbero più cristiane e produttive della prudenza di chi edifica muraglie.

Con questo non voglio dire che la prudenza e “un po’” di senso di colpa non siano salutari. Anzi, al contrario della gioia eccessiva, che non porta da nessuna parte – solo al sogno bello e crudele di poter vivere, solo vivere, in un clima d’iperconsumo – il senso di colpa resta “ il problema più importante dello sviluppo della cultura” ( Freud, Il disagio della civiltà, 1929 ). Non sarebbe la prima volta che una civilizzazione si ammala perché le resistenze alle rivendicazioni pulsionali che essa ha eretto ( simili a belle cattedrali, ad appuntite foreste di difesa o a tagliole che tagliano nel vivo) si rivelano non più sufficienti. Nel nostro caso, per scongiurare una possibile guerra civile occorre inventare nuovi modi di soggettivazione, attraverso i quali effettuare una distribuzione più appropriata dei limiti.

Il “peccato” di natura sessuale viene peraltro imputato, più in generale, a chiunque pratichi la sessualità ( non importa se omo o eterosessuale) come fonte di piacere fine a se stesso. E’ questo, mi pare, il punto: che un gran numero di persone, anche eterosessuale, tende – nel magma denso di non poche oscurità e di pericoli, ma dove tuttavia si costruisce qualche ponte su cui far passare il divenire – verso un reale più largo per tutti. Ed è stufa di sentirsi dettar legge dai preti in materia di sessualità , e non si acconcia a una coercizione così estesa della propria libertà sessuale – a meno di ricavarne una qualche compensazione, specialmente se in termini di sicurezza reale o anche simbolica.

Ad ogni modo, la pretesa di voler privare “un numero non trascurabile di uomini e di donne” del godimento omosesessuale e della fragile felicità che questo dono di Dio comporta, viene sempre più percepita, anche da numerosi cattolici, come fonte di grave ingiustizia. In mancanza del necessario lavoro della cultura, della politica e dell’ educazione alla libertà, il rischio è quello del sorgere di forze morbose e crudeli, nello stesso tempo che un richiamo reattivo, se non reazionario, a forme radicali di repressione pulsionale come quelle del tentativo dell’instaurazione del regno del Dio oscuro, constatabili nell’offensiva islamista in corso. Oppure, in alternativa – invece di resistere nella cesura e fare appello alla memoria e al lavoro della memoria – a una demissione o calata di braghe dell’autorità, a una riduzione dell’odio e dell’amore a gestione rosa dei bisogni – magari in nome della “unica e grande Europa” alla deriva. La dèrive ? , ovvero l’idiozia. Va’, citrullo! (gdm).

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Corsi e ricorsi. Ritrovo alcune singolari annotazioni di Umberto Eco in una “Bustina di Minerva”, uscita ne ‘L’Espresso ‘ tempo fa, il 27 luglio 1986, che in parte riprendo qui, forse può essere utile:

NON E’ IL CASO DI PRENDERSELA

di Umberto Eco

In una delle scorse bustine, per indicare delle persone che vogliono farci agire contro il nostro interesse, dicevo che ce la vogliono mettere nel sedere. Certo ho fatto male a usare un’espressione così poco diplomatica, ma lo sapete, lo spazio è tiranno e spesso occorre condensare in modo chiaro ed esplicito.

Non è però per bigotteria che mi scrive Gianni De Martino, il quale suggerisce che l’impiego di quell’espressione riveli un mio pregiudizio anti-omosessuale. Egli osserva che non si attendeva da un ‘ semiologo attento’ un uso così aggressivo del linguaggio – aggressivo nei confronti di un’ars amandi che non tutti disprezzano. E ricorda che la mia espressione appare tanto più aggressiva nei giorni in cui la Corte Suprema degli Usa sta attentando al diritto di amare in tal modo persino in privato ( …).

Il punto è che una lingua, sulla base di antiche tradizioni, crea degli stereotipi, che vengono usati senza che per questo ci si impegni su tutto ciò che implicano.

Chi definisce la testa di un imbecille riferendosi a un noto simbolo di fecondità, non disprezza per questo il simboleggiante e l’espressione viene liberamente usata da maschi ( di ambo le tendenze) e da molte femmine, tutti inclini a fare di quel bompresso un oggetto di orgoglio o di desiderio. Un francese userà la parola ‘bougre’ senza per questo nutrire pregiudizi razziali contro i bulgari o pregiudizi religiosi contro i Bogomili, come invece vorrebbe l’etimologia.

Ma c’è di più. Credo che chi usa l’espressione che mi viene imputata non intenda censurare un piacere che si proibisce, bensì suggerire una connotazione di violenza.

Se si considerano le possibilità che si offrono a entrambi i sessi, si vede che si può essere penetrati, per desiderio e consenso, in molti modi. Ma tra tutti uno è diventato immagine di riluttante consenso per ragioni fisiche molto evidenti, di cui ogni lettore e lettrice potrà sincerarsi facendo l’esperimento, in perfetta solitudine, sul proprio letto, divano o pagliaio.

Tra due riluttanti, chi rilutta supino può sempre cercare di reagire muovendo le braccia, le gambe, mordendo e sputando. Chi invece rilutta in posizione prona può al massimo compiere vaghi movimenti natatori. Per questo maschi e femmine identificano nella posizione prona quella che favorisce il violentatore (…).

Si rifletta che c’è anche una ‘gaia scienza’ dell’oralità, ma che nei regesti del turpiloquio non trovo espressioni che la colleghino a frode o violenza; perché è pericoloso in tali casi obbligare chi non vi consenta. Pertanto ritengo che chi invece usa in senso negativo l’immagine che ho usato io, più che al sesso pensi al possibile sopruso.

Vorrei notare di passaggio che nel corso dei secoli moltissime donne sono state violate supine, e la maggiore laboriosità dell’impresa ha moltiplicato gli atti di violenza. Però non esistono espressioni gergali che si riferiscano a questo oltraggio. Il linguaggio è stato manipolato dal ‘sesso forte’, che ha imposto come modello le proprie ossessioni. Caro De Martino, siamo entrambi dei maschiacci “. ( Umberto Eco, L’espresso 27 luglio 1986, p. 178 ).

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