ANDANDO VERSO IL MOSTRO

di Elvio Fachinelli


Antonio Canova (1757 -1822) -Teseo sul Minotauro

Riprendo di seguito e annoto alcuni estratti da una nota di Elvio Fachinelli al fotolibro “Travestiti”, insufficientemente edito e ormai introvabile ,di Lisetta Carmi, ( Essedi, Roma, s.d.). Apparsa anche, con qualche variante, in forma di articolo ” in ‘L’Erba voglio’ n. 11, maggio-giugno 1973, la nota di Fachinelli, molto densa, mi sembra di straordinaria attualità , in questo periodo di travestimenti multipli.

“ ( Quando Teseo entrò nel labirinto per uccidere il Minotauro, teneva fra le mani il filo datogli da Arianna, e l’altra estremità del filo era nella sicura mano di Arianna. Così l’eroe aveva la garanzia del ritorno.

Ma mano a mano che egli avanzava nei corridoi dell’ingegnoso edificio, l’immagine del mostro a cui si sacrificavano ogni anno fanciulle vergini gli riempiva sempre il cuore di paura.

Procedendo sempre più verso il centro dell’edificio, ad ogni passo egli doveva combattere contro la paura che lo spingeva a retrocedere: egli viveva e combatteva nello stesso tempo la paura affascinante che la vergine destinata al sacrificio provava nel suo andare verso il mostro.

Non ci fosse stata la spada che stringeva convulsamente nella mano, Teseo sarebbe stato invaso dal terrore della vergine, si sarebbe egli stesso e fino in fondo sentito la vergine sacrificata)

E’ da questo gioco complicato di relazioni che nasce la repressione. La repressione è secondaria e in funzione di tali relazioni.

Risulta allora evidente come soltanto una modificazione del ruolo virile, nel senso della virilità, tale da ridurre la paura di perderla, è in grado di ridurre il rifiuto dell’omosessualità.

In questo senso si può fare l’ipotesi che una società in cui i maschi riescono a realizzare una virilità effettiva – qualunque ne sia il contenuto concreto – è una società che non esclude, e anzi ammette l’omosessualità, mentre una società che istericamente la condanna ( come quella arabo-islamica, n.d..r) è una società poco virile, intimamente pervasa di omosessualità – anche se si ammanta di valori cosiddetti virili ( non a caso, nei paesi islamici, al contrario delle società occidentali in cui le omosessualità sono visibili e concentrate, le omosessualità sono sommerse e diffuse, molto praticate ma fuori discorso, se non quello popolare che, se attive e prive di affettività o coinvolgimento amoroso, ovvero unicamente insertive, le considera come una specie di surplus di virità e di potenza attiva da praticare, nella maggior parte dei casi, sui ragazzi effeminati, gli schiavi, i bambini, i turisti – anche vecchi e brutti, purché paghino – e i non-musulmani in genere , n.d.r. ).

La conferma di questa ipotesi, al livello degli individui, è cosa di tutti i giorni; al livello antropologico-storico, potrebbe costituire lo spunto per ricerche in più direzioni.

Si riuscirebbe forse a capire perché, per esempio, l’epoca di Proust, un’epoca di valori ‘virili’, militari addirittura ( si ricordi l’incidenza del caso Dreyfus), avesse dentro di sé, appunto Proust ( mentre invece la nostra epoca post-femminista, mammona, moralmente impigrita e indifferente a qualsiasi valore che non siano i malori di una piccola sessualità rinchiusa nell’egoismo del diritto al piacere indifferenziato e ridotta a gestione ottimale dei bisogni abbia dentro di sé, appunto i guardiani dei bisogni, gli Zapatero e gli sfigati neo-gay di classe media, prudenti, informati, con il borsello, nemici dell’oltraggio, sempiterne “vittime delle circostanze” e della cosiddetta “omofobia”, per non dire della disgrazia d’innamorarsi sempre dell’uomo sbagliato, n.d.r)

Ma che cosa produce un mutamento del senso della virilità, e correlativamente dell’accettazione o del rifiuto della virilità ? Si è accennato al fatto che, al fondo della paura di perdere la propria virilità, c’è la paura di una figura inquietante che spesso rimanda più alla madre che al padre.

Si può perciò supporre che un mutamento della posizione della donna.madre sia, a lunga scadenza, decisivo sotto questo aspetto.

Dall’epoca di Proust in poi, nelle società borghesi occidentali la figura del padre è andata sbiadendo, si è fatta anonima e meno significativa. Contemporaneamente però la donna si va rendendo autonoma, meno legata al ‘ destino’ di madre e casalinga, e quindi meno bisognosa di trovare nei figli una giustificazione di se stessa, meno bisognosa di recuperare in loro un potere da cui è esclusa. All’aumento di potere reale, è ben possibile che corrisponda una diminuita necessità di potere fantasmatico sui figli, e quindi una diminuita angoscia da parte loro di fronte ad esso.

Da questa situazione deriverebbero i tratti contraddittori, rispetto al sesso, rinvenibili nella nostra epoca: da un lato, diminuita virilità, nel senso tradizionale maschilista, dei maschi, per la ridotta capacità di identificazioni decisive col padre; dall’altra però, minore drammaticità e, si direbbe, maggiore facilità e sicurezza nell’assunzione di un ruolo maschile meno impegnativo, per la maggiore autonomia della madre.

Di conseguenza, accresciuta tolleranza nei confronti dell’omosessualità, sia di quella manifesta sia di quella tendenzialmente esistente in ciascun maschio. Il passaggio, in pochi anni del travestitismo da sofferenza piacere individuale, consumo segreto e psicanalitico, a fenomeno diffuso e di largo consumo sarebbe un indice vistoso, anche se non l’unico e il più significativo, di tale nuovo orientamento.

Elvio Fachinelli, dalla nota al fotolibro di Lisetta Carmi , Travestiti, Essedi, Roma, s.d. ( 1972 ?)

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In rete

Altipiani e psicoanalisi – Freud, Musatti e Fachinelli
Elvio Fachinelli, medico e psicoanalista,
prematuramente scomparso a Milano il 21 dicembre 1989 all’età di 61 anni, nato a Luserna il 29 dicembre 1928

Elvio Fachinelli e Gianni De Martino con bambina, in un villaggio labirinto sulla via di Taroudant, Marocco, maggio 1981 ( foto di Pinni Galante)

Fonte: https://www.giannidemartino.it/

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