UN PIANETA IN BILICO

L’ intera Terra che sposta il suo asse traballante e che risuona come una campana che vibra per effetto del disastroso maremoto di domenica 26 dicembre, le mappe geografiche da rifare, il buco nell’ozono che s’allarga pericolosamente , i mari inquinati, gli animali e le foreste che si estinguono, la vegetazione radioattiva, il cibo adulterato, i fumi, i miasmi, l’Aids e i nuovi virus che ogni giorno ci compenetrano avvelenando i piaceri dell’amore, gli ingorghi e le autostrade disperanti, le lunatiche bande di jihadisti nelle medine e nei quartieri dell’Europa post-nazionale errante e disponibile, le orde di sgozzatori rituali in mondovisione in nome di un dio oscuro, le stragi ricorrenti, le fosse comuni e i nuovi campi di sterminio, le armi chimiche, batteriologiche e l’atomica nelle mani di gruppi terroristi o perfidi ed efferati regimi di lugubri ayatollah, e le guerre aggressive o di difesa infelicissima e purtroppo necessaria : questa frammentazione di notizie e altre dello stesso genere che si susseguono, sbriciolano la fiducia nella cosiddetta “innocenza” primordiale della natura umana e la stessa immagine unitaria della natura, e ci fanno entrare nell’ombra di una possibile sciagura generale.

Ogni società di un mondo ormai globalizzato, dalle società più complesse ed evolute a quelle meno evolute e sottosviluppate in preda a una vera e propria “disperazione di massa”, sono costrette a convivere con una minaccia ubiquitaria e diffusa, che l’inconscio non riesce più a “compensare”, proprio perché sembra essersi sbriciolata sia la fiducia nell’uomo prometeico sia quell’immagine unitaria che l’uomo si è fatta della natura in epoche e culture diverse.

“Oh, Terra Madre nostra, a Te chiediamo per noi, tuoi figli, il dono dell’Armoniosa Convivenza”. Così negli antichi libri degli Atharva Veda. “ Madre natura” ? Di fronte alla brutalità delle passioni, a tanta efferatezza, a tanto odio trionfante e sfolgorante, a tanta immondizia piagnucolante in televisione e sulla terra, e a un intervento umano che ha minato alla radice la base stessa delle relazioni umani, vale a dire la giustiza e il rispetto per la vita e la fragile felicità del vivere, e reso artificiale il rapporto con la natura, se non la natura stessa, non suona forse ironica, oggi, questa antica e in fondo ambigua metafora? Per certi bambini – faceva notare lo psicoanalista Elvio Fachinelli – i boschi e le loro creature sono in primo luogo dentro la televisione. Come faranno i boschi ad uscire fuori dalla televisione?

Eppure, anche se ormai – nel regime spettacolare delle immagini, del trash e delle evanescenze – si è stabilita come una lontananza, se non una lacerazione, fra uomo e natura, il rapporto con la natura vivente resta pur sempre diverso da quello con le cose inanimate. Avvertiamo ancora il senso di una vicinanza, di un’essenza comune. Non però di un comune destino.

L’antica immagine di Pan, arcaico dio della natura, mescolatasi con quella del neo-paganesimo e del Diavolo, è presente ancora, in maniera sbiadita e assai distorta, nell’immaginazione letteraria ormai tendente al trash e alle storie di piccola sessualità italiana, medio-italiana. Ma Pan, il dio del panico, vive anche nel rimosso che ritorna. Non solo nelle psicopatologie dell’istinto che si fanno avanti nell’incubo e nelle qualità erotiche e paniche ad esso associato, ma anche nelle rivolte e nelle ribellioni dell’istinto, che cerca di reintegrare le profondità delle vite, dei destini e delle tante storie possibili o anche impossibili, nel grande abbraccio della vita. E tutto ciò avviene nel rifiuto di imparare a porre giuste domande e ad attendersi giuste risposte dagli adulti, dai più grandi e dai maestri latitanti, tentati dalla rinuncia o assenti, e il sospetto verso ogni pur minimo accenno all’autorità o a un tratto autorevole.

Ogni limite e amore per il limite viene, nella maggior parte dei casi, vissuto come una repressione, e ogni richiamo alla fedeltà e all’osservanza dei patti come un’oppressione, per correre a rottadicollo o dove porta il cuore del momento ( generalmente verso l’uomo o la donna sbagliati), oppure verso la moltiplicazione di escatologie triviali, dettate dagli innumerevoli dèi del giorno – se non dal sole ecologista, ridente e mentitore.

E quindi ogni ricerca che si dice “alternativa” o “antagonista”, e talvolta anche “di base”, avviene nell’oblìo del Padre, dell’osservanza dei patti, ovvero della parola ricevuta e data. Nell’oblìo, cioè, di quello che ci rende figli e fratelli responsabili ( vedi Nel nome del padreIntervista a Giovanni Testori, dal sito di Claudio Risé). Siamo distratti nella corsa al divertimento a tutti i costi, pronti a ridere di tutto e di tutti, riduttivamente ( alla maniera tipica del piccolo-borghese, capace di raccontare barzellette, ma incapace di vera irrisione e di autentica rivolta ) in un giro senza fine di travestimenti multipli e la corsa verso crociere di sogno immaginarie: in paradisi e nature “incontaminate”.

E’ così che, a partire dalle rivolte giovanili degli anni sessanta, è cominciato, tra l’altro, anche il boom del corpo., del “caro corpo”. E la coscienza del corpo è diventata scoperta dell’appartenenza alla natura e possibilità di emancipazione dell’Eros e anche di nuove emozioni radicate nel corpo.

Il guaio è quello di credersi innocenti e naturali, di un’innocenza che prima o poi si rivelerà ancora più arcaica e criminale della colpa. Un po’ di sano “senso di colpa” – senza dolorismi di facciata ed esagerati piagnistei – rende le persone più libere, più consapevoli e responsabili, che non il credersi innocenti vacanzieri alla deriva e pacifinti bisognosi solo di essere lasciati in pace, se giovani, e di godersi la pensione – se più anziani, bruttini e stagionati – con una indigena indigente o un giovane timido cafone del Terzo o Quarto mondo, “naturalmente” pronti a chiudere un occhio su un po’ di celluite.

Durante la breve stagione fiorita dei lunghi capelli – da cui anche chi scrive proviene – il mondo si è riempito di fauni stralunati, di giovani occhi accesi, di braccia sode e fresche d’erba “pura”, di umori, di suoni, di odori e di tremiti. Di “vibrazioni”, di “trip”, di “sballi” e di “viaggi”come si diceva allora, in gergo canagliesco.

Il discorso sul corpo e sul passaggio al bosco ( già presente nella cultura europea d’avanguardia fra le due guerre) si è allargato alla riscoperta della wilderness negli anni ottanta, dopo che il movimento delle donne, degli hippies, dei gay e le esperienze della controcultura giovanile- poi scolorite e degradate su tutta la società di massa e captatate dal new age, dai centri di benessere e le agenzie turistiche – lo avevano posto al centro dell’attenzione.

Contemporaneamente si moltiplica l’interesse per le culture primitive, specialmente sciamaniche, e per quelle orientali, con le loro discipline yogiche e tantriche, basate su una visione olistica ed unitaria delle forze e delle cosiddette “energie”, anche metaforiche e magiche, che percorrono sia gli universi che i corpi. Dietro questa ricerca confusa, non esente dai pericoli di abbagli, di colossali bevute e di nuove dipendenze, si affermano tuttavia nuovi bisogni collettivi, una vasta area di sensibilità emergente e una nuova cultura del corpo.

Al campo epistemologico inaugurato dal quelle scienze più recenti come l’antropologia, la biologia, la psicologia genetica, che ha situato l’uomo nella natura di cui fa parte, aprendo nello stesso tempo la possibilità d’intervenire su di essa, sembra però mancare una consapevolezza ulteriore: quella della poetica, se della sapienza, di una trascendenza che non porta indietro ( a una specie di ritorno al Paleolotico), ma apre alla meraviglia, a una vera poetica della comunione e al rispetto per ogni vita umana, animale, vegetale, e persino per i minerali o i cristalli, e a orizzonti ulteriori di senso, di bellezza, di poesia, di trafigurazione. E – per il credente – di Resurrezione. Non è possibile oggi pensare l’uomo come separato dalla sua dimensione naturale e dalll’apertura a un principio di trascendenza. Sarebbe un disastro, un seguito di disastri in un giro senza fine di degradazione nostra e della natura. Quel che i ragazzi dicono un Kali Yuga.

Passare alla natura cosidetta “incontaminata” o al bosco – a quello che oggi ancora per poco sembra restare delle inaccessibili foreste di un tempo – significa un bisogno di uscir fuori dai sentieri tracciati ed avvicinarsi a ritmi più naturali di distruzione e origine, di vita e di morte. Chi lo fa irresponsabilmente, senza aver trovato un proprio centro interiore, rischia di venirne inghiottito come una nave che senza timone voglia affrontare la sconfinata e crudele vastità dell’oceano.

Non abbiamo bisogno delle tavole galleggianti di un ennesimo ma epocale e tragico naufragio di turisti e vacanzieri, né – fra tanto dolore e il lutto – di un poema epico sugli umori delle piante, di un testo di riferimento sulla natura incontaminata, di un peana narcisistico alla coscienza cosmica, di una mappa che ci trascini e spinga verso la ricerca di qualche avanzo di radice indù., buddhista, islamica, pagana o cristianista, né abbiamo bisogno di un nuovo manuale ecologico-commerciale-politico sponsorizzato da un sole ridente e mentitore, di un pasticcio di erbe essiccate, di un’enciclopedia controculturale di antichi fatti e tradizioni.

Ma possiamo, volendo agire ed operare tra libertà e Grazia , riattivare le antiche e sempre nuove, sorgenti connessioni con l’universo, senza evitare la preghiera, la meditazione, i dogmi, gli insegnamenti e il lavoro della Chiesa, il richiamo alla bellezza dei riti e a una rinnovata poetica della comunione e di gesti concreti di aiuto reciproco, prendendoci cura – sul pianeta in bilico – gli uni degli altri. Siamo proprio messi male, di questi tempi! Tuttavia, malgrando tutto, talvolta basta – o perlomeno così mi pare – un raro gesto di intelligenza, di poesia o di pietà, per salvare una vita o molte vite, se non da tutti i terremoti e tutti i maremoti naturali e non sempre prevedibili, perlomeno dalle ondate dell’oscurantismo in ascesa sfolgorante e dal fango della disperazione.

Forse non guariremo del tutto, né tantomeno diventeremo immortali, al contatto con una natura anch’essa mortale, come tutte le cose. Ma, senza perderci nella nebbia di sentimenti indistinti, se sapremo riconoscere l’altro mondo in questo, la natura primordiale così come la relazione dell’uomo con se stesso, con gli altri, con l’universo e con l’Altro, troverà chiara espressione nel nostro pensiero e una nostra capacità di immedesimazione al dolore, alle fragili felicità e alle gioie comuni alla nostra e all’altrui vita.

Rovesciando nettamente – come auspicava Elvio Fachinelli, prematuramente scomparso – l’antica e ben nota posizione, secondo la quale la natura, madre divina, doveva salvarci, ora siamo noi uomini e donne ad essere sollecitati a prenderci cura gli uni degli altri e a salvare la Terra. Il nodo più difficile e più attuale è nel ritrovare, insieme alla consapevolezza, il proprio cuore insieme primordiale, umano e divino: il cuore di un Padre, di un Figlio e di uno Spirito sapientemente e sensibilmente aperti all’innumerevole esistere. Un “cuore ” – per usare parole di poeta – che comprenda sia il naturale che lo spirituale, basandosi su un senso religioso che nasce dall’esperienza di tutte le cose spirituali e naturali intese come unità significativa.

La natura primordiale dentro di noi, di cui la natura selvatica ed incontaminata è l’aspetto geografico, fisico, è comune a tutti noi. Ma come l’acqua dell’oceano contiene in soluzione tutte le “sostanze”, comprese quelle terapeutiche o benefiche, così la natura primordiale contiene in potenza tutte le qualità di psiche. E’ compito del singolo cavarne le cose più disparate, ma alla luce di una consapevolezza che lo metta in grado di distinguere le forze demoniache da quelle divine, le forze annientatrici da quelle vitalizzanti, le forze delle tenebre da quelle della luce .

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Interactive graphics and photos describing the world’s most powerful earthquake in 40 years.

Video

Fonte: http://www.nytimes.com/

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UN PIANETA NEL VORTICE DELLA “DANZATRICE” ?

La natura inumana

di UMBERTO GALIMBERTI
“Abbiamo chiamato “madre” la natura nel tentativo di propiziarcela e abbiamo dimenticato che la natura è semplicemente indifferente alle vicende umane. Come dice il Tao Te Ching al capitolo quinto: “Il cielo e la terra sono inumani: trattano i diecimila esseri come cani di paglia”. Ma che ce ne facciamo della sapienza antica noi, uomini della tecnica, che pensiamo, con i nostri dispositivi, di dominare il mondo? Questo delirio di onnipotenza ci rende immemori e ci fa dimenticare che le sorti dell’uomo non sono nelle sue mani e neppure sono protette dallo sguardo benevolo di un Dio, ma custodite nel segreto inaccessibile di una natura che Goethe, in un suo saggio sulla natura del 1783 descrive come una folle danzatrice che nella sua danza sfrenata perde gli uomini che gli sono aggrappati senza fedeltà e senza memoria.

Scrive Goethe: “Natura! Da essa siamo circondati e avvinti, né ci è dato uscirne e penetrarvi più a fondo. Ci rapisce nel vortice della sua danza e si lascia andare con noi, finché siamo stanchi e le cadiamo dalle braccia. Viviamo nel suo seno e le siamo estranei. Costantemente operiamo su di essa e tuttavia non abbiamo alcun potere sulla natura. La vita è la sua invenzione più bella e la morte è il suo artificio per avere molta vita. Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua eternità”.

Da: La natura inumana

Fonte: http://www.repubblica.it/

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UN PIANETA SOLIDALE

Un aiuto subito

Di fronte alla catastrofe che ha colpito intere popolazioni del Sud-Est asiatico, fra le più inermi, gentili e ospitali del Pianeta in bilico, serve uno slancio di solidarietà da parte di tutti.

Il Corriere della Sera e il Tg5 promuovono una raccolta di fondi intitolata «Un aiuto subito» per portare aiuto alle popolazioni dell’Asia colpite dal maremoto.

Chi vuole partecipare alla sottoscrizione può utilizzare le carte di credito CartaSi , Visa e Mastercard chiamando il numero verde 800-667788 (dall’Italia) e il numero 02-3498.0007 (per chi chiama dall’estero).

Il modo più semplice e più veloce, poi, è quello di dare il proprio contributo spedendo subito un sms al numero 48580 , che è valido per tutti gli utenti, sia quelli dei telefonini Tim , sia quelli di Vodafone e di Wind , sia per gli abbonati H3G . Al 48580 si possono anche inviare più sms, o indicando « Un aiuto subito Corriere della Sera-Tg5 » o senza alcun testo di accompagnamento. Per ogni messaggino spedito avrete donato 1 euro ”.

Fonte:

http://www.corriere.it/

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Caritas di Vicenza: conto corrente della Caritas n. 117200 presso la Banca Etica filiale di Vicenza.

Caritas di Padova: conto corrente ha il numero 338020k presso la Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo agenzia 20 di Padova.

Vaticano: conto corrente postale n. 603035 intestato a Pontificio consiglio Cor Unum, 00120 Città del Vaticano, indicando la motivazione ‘emergenza Asia‘.

Provincia di Treviso: conto corrente denominato “Emergenza Asia” presso Banca Intesa. In questo caso il conto corrente ha il numero 6153000000/10

Caritas di Aosta: conto corrente postale numero 14713119, sia sul conto bancario numero 11725, (ABI-CAB 1030 01200) del Monte dei Paschi, piazza Chanoux, Aosta, inserendo nella causale ‘Emergenza Asia‘. Le offerte possono inoltre essere consegnate direttamente nella sede Caritas di Aosta, in via Hotel des Etats 13.

Caritas di Udine: due conti correnti bancari, il primo presso Unicredit Banca (ABI 02008 CAB 12310 n. 1515712), e il secondo presso la Banca di Udine Credito Cooperativo (ABI 8715 CAB 12304 n. 424107). Le offerte possono venire fatte anche sul conto corrente postale 51029056 intestato a Centro Caritas dell’ Arcidiocesi di Udine Onlus. La causale da indicare è “Maremoto Oceano indiano 2004″.

Banca Mediolanum conto corrente numero 1500150 intestato a ‘Solidarieta’ ora – Emergenza Oceano Indiano’.

Per donazioni a Medici Senza Frontiere e Caritas diocesana di Roma è possibile far riferimento al sito internet: http://www.medicisenzafrontiere.it/conto corrente postale 87486007; Banca Popolare Etica c/c 000000115000 ABI: 05018 CAB: 12100 CIN: B Agenzia Unica Numero verde: 800 99 66 55 Causale “MAREMOTO IN ASIA” .

Caritas Diocesana di Roma Piazza S. Giovanni in Laterano 6/A, 00184 Roma ccp 82881004 Causale “SOLIDARIETÀ SUDEST ASIATICO“.

Caritas di Savona le offerte possono essere versate direttamente in sede dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 o tramite un bonifico bancario sul conto CRS (intestato a Diocesi di Savona- Noli/Caritas diocesana 891480, ABI 06310, CAB 10603), mettendo come causale Maremoto oceano Indiano 2004. Le offerte ricevute saranno girate interamente, senza alcuna trattenuta, sul conto che Caritas Italiana ha adibito per questa emergenza.

L’ ‘Anci, Associazione nazionale comuni italiani, mette a disposizione un conto corrente per raccogliere fondi. Il conto corrente è n.56748129 ABI 06230 CAB 03202 CIN A, intestato “Anci-solidarietà ” presso Cassa di Risparmio Parma e Piacenza, Agenzia n. 1, Via Cola di Rienzo, 23B, Roma.

In rete:

Emergenza maremoto Asia
La tua donazione all’UNICEF
può salvare la vita di un bambino
www.unicef.it

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2 risposte a

  1. anonimo scrive:

    Sembra che la conseguente inclinazione della Terra non sia così importante da determinare altri cambiamenti. Almeno dicevano così stamattina su Radio 24. Tanti auguri per il 2005, sperando che vada meglio del 2004

  2. giannidemartino scrive:

    Grazie per i tanti auguri per il 2005, che ricambio insieme alla speranza che vada meglio.
    Allego estratto da un articolo di oggi del Corriere:

    “ Il fatto che l’angolo di rotazione non si è modificato, ma solo spostato lateralmente ci rassicura, ma non del tutto se si guardano i dati del recente passato.
    Se i sismi di grado superiore a 8 spostano l’asse terrestre, sicuramente questo sarà avvenuto anche durante la fase sismica degli anni ’50-’60, che sono stati anche più forti. Anche allora lo spostamento dell’asse è avvenuto solo orizzontalmente e non ha modificato l’angolazione?
    Non lo sappiamo, non c’erano gli strumenti in grado di misurarlo con accuratezza.
    Sappiamo però con certezza che proprio in corrispondenza di quegli anni si è verificata una fase più fredda del normale. specialmente alle alte latitudini, con un abbassamento fino a 0,4 °C rispetto alla media. Dopo di che la temperatura media è aumentata fino ai massimi livelli del secolo di questi ultimi anni. La temperatura media dipende da molti fattori: gas serra, fasi solari, presenza di polveri nell’alta atmosfera dovute a grandi eruzioni, angolo dell’asse terrestre. Quest’ultimo inoltre varia non solo per gli «strappi» dei grandi terremoti, ma anche per l’attrazione di sole e luna. La fase fredda degli anni Cinquanta-Sessanta può essere stata dovuta a una combinazione di questi fattori, ai quali possono aver contribuito i grandi terremoti (…).
    CONSEGUENZE – Se quindi siamo all’inizio di una nuova fase sismica parossistica, il clima può essere alterato, anche se in maniera limitata e per un breve lasso di tempo. Se così dovesse essere (e non è detto), speriamo che l’asse terrestre diminuisca la propria angolazione così da innescare un periodo più freddo specie ai poli e salvare per qualche anno in più le calotte ghiacciate in attesa che entrino in atto i benefici previsti dal Trattato di Kyoto.
    Se invece l’angolo dovesse aumentare, le conseguenze catastrofiche dello scioglimento dei ghiacci avverranno con velocità ancora maggiore di oggi. Con danni rispetto ai quali il dramma dell’attuale maremoto nell’oceano Indiano sembreranno limitati.
    Paolo Virtuani ( estratto da : “Spostato l’asse terrestre”, Corriere della Sera 29 dicembre 2004 )
    Fonte:
    http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/

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