PREDISPOSTI ALLA BARBARIE

RISPETTO I MARTIRI CHE SI FANNO ESPLODERE”


Fausto Bertinotti (Ansa)

Il Corriere della Sera del 7 marzo 2005 a pagina 11 riporta alcune frasi di Fausto Bertinotti, pronunciate durante il congresso di Rifondazione Comunista : « Ha usato scientemente un linguaggio a tratti estremo, spingendosi a bordolinea, sino ai limiti delle sue convinzioni, pur di far passare una strategia che quasi metà partito considera moderata, imbelle, destrorsa. Si è giocato la partita nei passaggi decisivi su Iraq, Palestina, Prodi. Prima la concessione alla platea: “La resistenza è accettata in tutti i codici di guerra”. Poi la svolta, gridata con il volto purpureo: “Ma io mi rifiuto di accostare Giovanni Pesce, la medaglia d’oro partigiana, che è come fosse mio padre, a chi voleva assassinare Giuliana Sgrena in quanto imperialista!”. Quanto a Sharon, “io non dimentico Sabra e Chatila. Rispetto il sacrificio dei martiri che si fanno esplodere”. Poi la virata, in un vortice di erre: “Ma è la trattativa con Sharon che farà nascere la Palestina!”. Governista, gli hanno detto. «Governista a chi? Vi ricordo che sono stato io a rompere con Prodi”. Ma “stare con gli operai non significa regalare sempre il governo ai padroni! ” ».

Fonte: Corriere della Sera – «Non regalo Palazzo Chigi ai padroni»
http://www.corriere.it

Insomma un colpo alla botte e un altro al cerchio, in uno stridente accumulo di affermazioni a un tempo moderate, utopiche e demagogiche. Dopo il crollo del muro e il fallimento del comunismo, alla vecchia e monolitica fede Bertinotti sembra aver sostituito un “misto” di fedi. In un bricolage alla Frankenstein, il testone di Marx viene innestato sul gracile corpicino di Gandhi, in un “misto” di non violenza, pacifismo aggressivo e lotta per il comunismo utopico, nonché abolizione (non subito, ma in prospettiva) della proprietà privata e governismo, libertà e uguaglianza in nome di un comune orizzonte indifferenziato, uguale per tutti i collettivizzati che paradossalmente sarebbero anche, nello stesso tempo, liberi – non di fatto, ma per principio. E’ come se il Super-io bertinottiano, reso bulimico dal vuoto lasciato dal crollo del comunismo, avesse cominciato a mangiarei, spingendosi a bordolinea, a tutte le mangiatoie. Così gli uomini-bomba o shaid – come con linguaggio religioso l’islam politico chiama i killer che si fanno esplodere fra la gente – per Bertinotti diventano “martiri”da segnalare per la causa, e le stragi di civili inermi e di innocenti diventano un “sacrificio” in nome di un principio utopico, astratto e violento che tanto piace a una parte della platea. .

 In pratica, poiché il principio del “sacrificio” è un assoluto buono e giusto, la mostruosità consiste nel proclamare rispetto per chi provoca la morte e la mutilazione del maggior numero di civili inermi e innocenti. Il “sacrificio”, ovvero il sacrificare gli altri, oltre che se stessi, suscita in Bertinotti un sentimento di reverente e demagogico rispetto.

Nessuna considerazione o parola di rispetto per le vittime della furia islamista  che oggi a sinistra i più credono di poter “spiegare” ideologicamente , secondo il vecchio schema poveri-resi-dementi-dall’ingiustizia-rappresentata-dalla-non-uguaglianza-in-lotta-di-resistenza-contro-i-ricchi-tecnologici, e contrastare con delle improbabili dichiarazioni di principio, avulse da ogni sana considerazione realistica, storica e culturale.

 

  Se fossi uno shaid mi offenderei di rientrare in un simile schema. Il “martirio” di tipo islamico non è il dono di sé per difendere o liberare una patria e quindi far vivere, ma una pratica di autodistruzione. Vi si ritrova la volontà di distruggere i propri beni e il proprio corpo insieme ai beni e ai corpi degli altri. Lo schema sacrificale dell’islam politico, conseguenza del fallimento dell’Islam e di un’interiorizzazione male assimilata dei valori occidentali contrari ai valori islamici, ha come quadro di riferimento il jihad transnazionale che fa appello allo sforzo estremo sulla via del trionfo di Allah mediante la legittimazione sacrale della perfidia, della vendetta e della distruzione dell’altro supposto o suggerito come nemico assoluto, un piccolo o grande Satana..

Il martire di tipo islamico viene fabbricato con il consenso della comunità e muore per farsi imitare. E il musulmano non è mosso a pietà per le vittime né per lui, ma invidia la sua morte e lo considera una specie di santo. Un cristiano, al contrario, ama la vita e pur avendo il martire che si sacrifica ( senza però assassinare nessuno, ma per far vivere l’altro) come un modello di riferimento, non lo prende a modello per gettarsi nella morte con lui. Nell’Islam è diverso. Si muore da martire-assassino per farsi imitare, ed esplicitare in tal modo un progetto di trasformazione politica del mondo.

Applicato agli inizi del XXI secolo un tale modello semplice, pragmatico, brutale ha anche la funzione di lasciare atterriti gli infedeli e punirli per il loro attaccamento alla vita.

Il “martire” a cui Bertinotti proclama di riconoscere dignità è un sacrificatore di tipo azteco, legato a una concezione arcaica del sacro e sottomesso a un Dio oscuro che lo avrebbe predestinato alla Vittoria contro tutto e tutti, in questo universo mondo così come nell’altro mondo, il Paradiso di Allah..

Naturalmente sia shahada, il suicidio-assassino, sia jihad, hanno nel variegato e sterminato universo musulmano anche altre connotazioni, più spirituali, e alcuni ammettono accanto al “piccolo jihad” costituito dalla guerra santa il “grande jihad” costituito dalla guerra contro le proprie “impure” passioni centrate sull’egoismo del piacere, ma nella concezione più diffusa in ambito islamico e nella pratica attuale i termini che noi traduciamo come “martirio” e “sacrificio” si riferiscono alla guerra santa e al suicidio assassino praticato dal martire-killer in un discorso di tattica tanto offensiva quanto difensiva. Tuttavia specialmente la shahada palestinese, il cui modello è di origine shiita iraniana-komeinista, è sempre presentata prima di tutto, demagogicamente, come un’arma di tipo reattivo , l’arma degli “oppressi”.

La capacità di sacrificio assassino è trasformata in un’arma, ed è l’uso scientemente finanziato, programmato e praticato di questa arma, ovvero la trasformazione di una persona in bomba-umana, che Bertinotti dichiara di rispettare. Si tratta di un’affermazione valorizzante che incontra i discorsi delle organizzazioni integraliste islamiche: secondo i burattinai del terrorismo islamico internazionale e dei giuristi-teologi che lo rendono legittimo solo quest’arma , in attesa di dotarsi della bomba atomica islamica, è in grado di rovesciare il rapporto di forza nei confronti dell’Occidente, a partire dal rapporto di forza dell’esercito israeliano e di mettere realmente in difficoltà il nemico. ( Vedi, a tale proposito, il testo qui sotto riportato. Il testo, da conservare a futura memoria, è apparso sulla stampa libanese l’11 gennaio 2002. L´ha pubblicato, in Occidente, "Asia News", del Pontificio istituto delle missioni estere. Ed è il comunicato conclusivo di un "Congresso degli ulema musulmani" che ha riunito a Beirut oltre duecento dottori della legge coranica.

Come riferisce Sandro Magister: «Gli ulema venivano da trentacinque paesi. Erano di varie tendenze, sunniti e sciiti, professori dell´università islamica al-Azhar del Cairo e mufti dell´emigrazione. Il tema: Israele e la Palestina. Incluso un giudizio – sollecitato in particolare dal segretario generale dell´Hezbollah,  Hassan Nasrallah sulla legittimità religiosa del suicidio terrorista.

Leggere per credere: annientamento di Israele, esaltazione del "martirio" assassino, guerra santa. Da nessun governo musulmano cosiddetto moderato, da nessuna alta autorità religiosa è venuta una dissociazione da un simile pronunciamento, che afferma di “dire la parola della verità a nome di tutti popoli, riti e paesi della nazione islamica” ». Riporto il testo in fondo , per intero, tradotto dall´arabo da Camille Eid ).

In Bertinotti la “moderata” e sinistra valorizzazione del terrorismo islamico passa attraverso un linguaggio reverenziale e quasi-religioso che rispetta il sacrificio massacro arcaico, di tipo nazislamico. Il “rispetto” reverenziale per questa forma di terrorismo post-moderno viene però nobilitato, se non giustificato, dall’evocazione di Sabra e Chatila, si tratterebbe di un terrorismo di tipo reattivo, spiegabile politicamente e storicamente. In realtà, il massacro non è stato compiuto da Israele, ma non importa: quello che importa è stare dalla parte dei presunti poveri & oppressi, vittime cioè del vittimismo organizzato, e che ora e sempre sia Resistenza. La proclamata reverenza che di fronte all’offensiva terrorista pervade parte della sinistra letterata italiana, che oggi appare sempre più annoiata, smarrita, erratica e apparentemente cinica e disincantata la predispone allo sfogo – più e meno moderato – della barbarie.

 La questione della violenza politica viene oggi affrontata secondo vecchi schemi, quelli degli anni di effervescenza rivoluzionaria, quando Sartre dichiarava di “comprendere” la creazione di Settembre nero. E dopo l’attentato di Monaco nel 1972 il filosofo cristiano Jean-Marie Domenach coniò l’espressione giustificazionista di “arma dei poveri”. Allora a sinistra nessuno diceva “no”, e oggi di fronte a quella novità “impensabile” costituita purtroppo dalla terribile realtà dell’ offensiva terrorista del jihad, i nostalgici del comunismo scambiano il terrorismo islamico e internazionale per lotta dei poveri contro i ricchi-tecnologici, o addirittura per Resistenza praticata da rispettabili martiri assassini che si fanno esplodere.

La senile barbarie comunista rossa, non ancora andata in pensione, converge in tal modo con la giovanile barbarie islamista verdeggiante. Diverse per formazione e quanto alla proclamazione dei loro scopi finali, entrambi comunque totalitarii, sia la barbarie rossa sia quella verde hanno in comune obiettivi irraggiungibili e la dotazione di metodi fallaci. La loro crudeltà consiste, in entrambi i casi, nell’applicazione pratica di un’Idea di purezza e di uguaglianza che è simile alla morte. Nel caso della barbarie comunista sarebbe il Paradiso in terra, proprio mentre si scatena l’inferno, nell’illusione e la nostalgia di un’innocenza primordiale che puntualmente si rivela ancora più antica e criminale della colpa. Nel caso della barbarie islamista è l’instaurazione del regno del Dio oscuro sull’universo mondo e a tutti i costi, compreso quello di spingere tutti e troppo in fretta in Paradiso, aprendo all’Origine allucinata tramite il sacrificio, anche in massa, dell’innocente e credendo di poter ripulire con il sangue di sempre più numerose vittime l’aria da ogni forma di vita.

***

–  The logic of suicide terrorism
http://www.alanalexandroff.com/Hoffman.htm

 – PA Indoctrination of Children to Seek Shahada

http://www.pmw.org.il/images%5CArrows%201.jpg

Fonte: http://www.pmw.org.il/ASK%20FOR%20DEATH.htm

 – Shahada, come si fabbrica un bombarolo suicida

– Corpetto esplosivo

– CONGRESSO DEGLI ULEMA MUSULMANI COMUNICATO FINALE

http://www.chiesa.espressonline.it/dettaglio.jsp?id=7562

Vedi anche:

www.chiesa

La vittima innocente ha un difensore: a Gerusalemme

È dalla fede ebraico cristiana che la modernità impara a stare dalla parte dei deboli. E invece da dove ha origine il terrorismo islamico? Un´intervista con René Girard

http://www.chiesa.espressonline.it/printDettaglio.jsp?id=6956

I CANALI DELL’ODIO

I canali dell’odio analizza il processo di islamizzazione dell’antisemitismo e la nascita di una nuova coalizione antisemita, formata dall’unione del fondamentalismo islamico, dei movimenti di estrema sinistra e dei no-global LINK

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