ESAGERATI !

Si oscilla, in questi giorni, fra l’esaltazione del presunto “triunfo gay” nell’assolata Spagna zapatera (Comunicato Arcigay e del Mario Mieli ) e la depressione avvertita negli stessi ambienti neo-gay e cosiddetti gay-friendly in seguito all’elezione del prof. Ratzinger al soglio di Pietro. Tra le affermazioni rivolte verso il nuovo pontefice, Benedetto XVI, le più blande vanno da “papa conservatore” (conservatore dell’omofobia vaticana) a “papa ferocemente omofobico” ( Franco Grillini, deputato Ds e Presidente Onorario Arcigay), passando per l’ormai classico “ pastore tedesco” ( con riferimento velato alla razza canina) de “ il Manifesto” a “il peggio del peggio” ( Massimo Consoli, esponente storico del movimento gay italiano definito da taluni il "nostro papa gay").

 Aurelio Mancuso, segretario nazionale dell’Arcigay che con preoccupazione parla di “ vittoria della Chiesa più retrivariferisce addirittura di aver provato una specie di mal di pancia alla notizia dell’elezione di Ratzinger: “ Lo stomaco mi si è stretto in una morsa quando ho sentito l’annuncio in diretta dell’elezione di Ratzinger a Benedetto XVI”. Le voci degli omosex sull’elezione del papa , come titola  gaynews.it , sembrano esprimere una reazione quasi psicosomatica a cui pare fare eco il sussulto o grido di dolore che trapela dalle parole di don Mazzi , noto sassofonista, che dice di aver avuto "una sensazione simile ad una botta in testa".

Nel frattempo, mentre Grillini rilancia il noto slogan “ resistere, resistere, resistere”, si pensa di organizzare un gay pride a Roma, “ una manifestazione glbt in risposta all’omofobia di Benedetto XVI” ( http://it.gay.com/view.php?ID=20059) . Se ne discute sui forum del pianeta e nei pisciatoi della Galassia, mentre intanto il professore Louis-George Tin, autore del Dizionario sull’omofobia, ha lanciato una proposta suggestiva: una giornata internazionale contro l’omofobia, da celebrare il 17 maggio ( Per visitare il sito italiano della Giornata Mondiale Contro l’Omofobia www.omofobia.it CLICCA QUI ) . l’Arcigay sostiene l’ iniziativa presentata alle povere vittime del vittimismo organizzato, ovvero ai neo-gay tesserati, come una specie di giornata della memoria ( qui).

Volendo rivendicare lo stesso diritto ad esagerare, si potrebbe dire che certi ambienti neo-gay autodefinitisi “comunità gay” siano attraversati da un vero e proprio vento “papafobico” o “papofobo” : ovvero da una paura intensa, esagerata e immotivata nei confronti di un papa ( “Ratzinga”, come si ulula in certi ambienti, e non solo nelle dark room ) che assume contorni fantasmatici.

Della “papofobia” però non esiste “ancora” traccia nelle liste delle malattie mentali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mentre invece si moltiplicano le iniziative delle lobby gay affinché vi venga inclusa la cosiddetta “omofobia”.”Omofobia” per il Lexicon è il ”termine usato per stigmatizzare tutti quelli che si interrogano sulla omosessualità” dal punto di vista sociale e morale. Il timore di essere stigmatizzati come “omofobi” colpisce un po’ tutti, anche Paolo de Lautreamont, per esempio, nel suo post riflessivo e opportuno dal titolo ANCORA SULLA LOBBY SPAGNOLA. COSA NE DICONO I NAVAJOS ( http://leguerrecivili.splinder.com/) avverte quasi la necessità di tutelarsi preventivamente da uno stigma ormai ricorrente affermando in via cautelativa “ Ribadisco che non mi sogno di essere omofobo”. Un’altra prova, ove ce ne fosse bisogno, che è vero che ”i sistemi sociali e gli individui eterosessuali”, come rimarca il dizionario vaticano, sono spesso spinti a un ”senso di colpevolezza di fronte alla omosessualità” tanto che l’interrogarsi su di essa è ”assimilato a un delitto, il delitto dell’omofobia”. Un intellettuale può parlare di tutto, ma per quanto riguarda le omosessualità è spinto a demissionare dal suo compito e il suo dovere critico, soccombendo a una strana forma d’inibizione e finendo con il non dire la verità, o perlomeno quello che in coscienza egli pensa che sia la verità. La minaccia dello stigma “omofobico” che pende sulle teste e le bocche di tutti non è un bene per nessuno, anche perché è quando si disprezza qualcuno che lo si blandisce e non gli si dice la verità. Quante volte, per esempio, ho sentito dei compagmi puttanieri, bravi padri di famiglia, sostenitori del matrimonio gay per correttezza politico-ideologica, dire in privato: “ Sì, quello è culattone, ma che bravo compagno, però...”.  "Bravo" perché magari non viene pagato, lavora gratis per la causa, in aziende neo-gay protette dai politici, sotto un regime caratterizzato a un tempo da falsa familiarità, comunitarismo, e ferrea disciplina quando si tratta di fare i conti a vantaggio unicamente dell’imprenditore gay friendly.

D’altra parte è anche vero che esprimere paurVignetta di Vauro per il ''Gay Pride'', ''Il manifesto'', 27-6-1998.a, disprezzo e odio per gli omosessuali e le omosessualità resta un atteggiamento intellettualmente errato ed umanamente orrendo quando, mirando in basso, tende ad avvilire e colpevolizzare i ragazzi, o le ragazze, che si amano e si scambiano dei piaceri; ma è assolutamente illiberale se in nome del politicamente corretto e della dittatura neo-gay o falsamente pietista e amica dei gay si trasforma addirittura in legge per intimidire o proibire qualsiasi riflessione critica sulle omosessualità e le sue ideologie con tessera, impedendo l’esercizio del libero pensiero, e rischiando, fra l’altro , di far dimenticare il legame profondo, a livello antropologico, tra sesso e riso. “Perché il riso – come ricordava Italo Calvino – è pure difesa della trepidazione umana di fronte alla rivelazione del sesso, è esorcismo mimetico – attraverso lo sconvolgimento minore dell’ilarità – per padroneggiare lo sconvolgimento assoluto che il rapporto sessuale può scatenare. L’atteggiamento ilare che accompagna il parlare del sesso può essere dunque inteso non solo come anticipo impaziente delle felicità sperata, ma pure come riconoscimento del limite che si sta per varcare, dell’entrata in uno spazio diverso, paradossale, ‘ sacro’ . Oppure, semplicemente, come modestia della parola di fronte a ciò che è troppo al di là della parola, di contro alla rozza pretesa che un linguaggio sublime o serioso potrebbe avere di darne ‘l’equivalente’”.

Fra le pesantezze del piccolo commercio gay, la diffida rivolta agli eterosessuali a non parlare di omosessualità e la leggerezza dello svolazzo di tante piume color rosa bonbon, ciò che occorre a questo punto osservare è la miseria del discorso neo-gay , oscillante fra tracotanza e vittimismo: un discorso ideologico che sotto l’apparenza della liberazione dell’omosessuale dai suoi imperfetti abbracci, della donna dal cosiddetto ganzo e dei bambini dagli ormai obsoleti padri e madri, riduce la sessualità, ovvero la zona più delicata di molte vite, a gestione politico-ideologica dei bisogni.

E c’è di meglio. Si può infatti ancora dire – parafrasando l’apocrifo Enrico Berlinguer delle “Lettere agli eretici, epistolario con i dirigenti della nuova sinistra italiana” – che nella dura lotta verso la costruzione-invenzione della diversità omosessuale alfine valorizzata e resa paradossalmente uguale e perbene per cooptazione nella neo-istituzione nel matrimonio unisex è finalmente possibile celare ‘un attimino’ la generale mediocrità carnale che caratterizza l’epoca sì da renderla accetta. Il modesto deviante che inseguiva eroicamente la diversità come se fosse una lontana isola corallina e ora conquista negli uffici del Comune il placet alla sua particolare inclinazione può infine essere convinto dai guardiani dei suoi sogni e dei suoi bisogni di essere pervenuto a un grado di uguaglianza talmente sfolgorante da non avvedersi più dell’insipidità del suo germe passionale in tutto e per tutto simile a quella dell’eterosessuale, a dispetto della bizzarria, politicamente nobilitata, delle sue pratiche intime.

 Strappato infine il matrimonio a una presunta “aristocrazia” eterosessuale e ghigliottinato quello che un tempo si chiamava “erotismo”, “bei pezzi di figa” o ragazzi così belli da far venire un’erezione persino a uno svizzero ( mi si scusi la sguaiatezza) si può alfine accedere all’austero regime del re-coppia e occultando il grigiore corporeo che dà la sua impronta all’epoca svalutare persino il vizio, riducendolo a gita domenicale per famiglie preferibilmente unisex, con una normale vita unisex e figli normalmente unisex. Si divaga quindi, spesso e volentieri, sulle varie pratiche sessuali, sui vantaggi e gli svantaggi di ognuna, sui modi idonei a sperimentarle e a metterle in commercio, sulla necessità di renderle accette alla società tramite tesseramento o opportuno ticket, e in questo calderone o Luna park la logorrea, più che la fantasia, di ognuno trova modo di sbizzarrirsi “un attimino”, purché in obbedienza all’ordinato e perbene movimento di antropomorfizzazione del capitale. Esso, come ben sanno i guardiani dei bisogni e dei bisognini, ha avuto bisogno di mercanzie sempre diverse e sempre rinnovate, da immettere nel mercato e lo spettacolo dei comportamenti.

Sì alla valorizzazione della devianza, di ogni modesta devianza, nella più generale regressione e involgarimento dell’uomo di massa e della fine del mondo se non di Benedetto XVI perlomeno di Beckett. Sì alla creazione indefessa di nuove devianze e di neo-gay informati, prudenti, nemici dell’oltraggio, e con il borsello. Continuate così, compagni, ma tesserateli e sposateli, tutti in fila per due…

In un’epoca di decadenza, a un tempo luminosa e oscura, barbara e civilizzata, ho divagato adesso circa le nozze con i fichi secchi e la dissipazione della memoria, della lingua e della stirpe, oltre che della bellezza dei corpi, e mi accorgo che forse c’è poco da ridere. Eppure continuo a credere che forse più che sciogliere le trecce al vento zapatero e “resistere, resistere, resistere” occorrerebbe sorridere. Rida chi può, se è vero – con Italo Calvino – che “solo il riso – irrisione, falsetto autoderisorio, smorfia convulsa – garantisce che il discorso è all’altezza della terribilità del vivere e segna una mutazione rivoluzionaria”. Mi accorgo ( incidentalmente, ho il televisore acceso) che Benedetto XVI sorride… C’è da chiedersi se non sia proprio lui – “conservatore”, “pastore tedesco” “peggio del peggio” e pietra scartata – il ponte su cui passa il mutamento di una memoria che, se Dio vuole, non si dissipa nel mare della volgarità imperante, di una lingua che non mente, di una stirpe che non si estingue.

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Riferimenti bibliografici:

– Italo Calvino, " Considerazioni sul sesso e il riso" in ‘il Caffè:letterario e satirico", Anno XVII – N. 2 – Luglio ( Settembre), Dellavalle editore, Torino, 1970;

– pseudo Enrico Berlinguer, " Lettere agli eretici: Epistolario con i dirigenti della nuova sinistra italiana", apocrifo, pseudo-Einaudi 1977.

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Una risposta a

  1. anonimo scrive:

    Eccoti qua.

    Un rifugio.

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