Fuori quadro

AL DI LA’ DEL REGIME DELL’OBBEDIENZA E DELLA TRASGRESSIONE

 SAN GIOVANNI BATTISTA , Leonardo ( 1513-1515), Parigi, Musée du Louvre.

" …E oltre, il territorio della mistica. Non la religione istituita. Ma la mistica come zona irriducibile, inassimilabile, refrattaria alla religione stessa. Apex mentis. Mistica che è nello stesso tempo rapporto percettivo, percezione possibile ad alcuni, se non comune a tutti. Molte mistiche? evitare i codici che, invariabilmente, da sempre rifiutano o sequestrano questi tipi di esperienze." (Elvio Fachinelli, La mente estatica, Adelphi 1989, p.24, citato in : La dimensione mistica nell’esperienza psicoanalitica di Salvatore Freni) .



Elvio Fachinelli (al centro) con Pinni Galante ( a sin) e Gianni De Martino ( a des.) Zagora, Marocco, maggio 1981.

Elvio Fachinelli era garbatamente ironico sia nei confronti del cosiddetto marxismo critico sia delle ideologie in voga del desiderio e della sfilata continua, vale a dire senza speranza né misericordia, del significante. Queste le osservazioni, dense e puntuali, a proposito di Lacan e la Cosa alla fine del suo ultimo libro scritto alle soglie della morte contro la propria e l’altrui dissipazione: “ Per rappresentare il rapporto tra la Cosa e la Legge, Lacan ricorre al celebre passo di san Paolo, in cui il peccato è messo in rapporto con la legge: “ Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: ‘Non desiderare’. [8]Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Senza la legge infatti il peccato è morto” ( Rm., 7, 7-8). Lacan sostituisce Cosa a peccato e rileva che il rapporto tra la Cosa e la Legge non potrebbe essere meglio definito che in questi termini. Ma in questo modo egli omette che ciò di cui parla Paolo è il vecchio rapporto con la legge e che l’apostolo si dichiara svincolato da questa legge, “è morto ad essa”, per essere sottoposto alla novità dello Spirito e non più alla vetustas litterae.

Riprendendo solo la prima parte del discorso di Paolo, Lacan si condanna ad essere maestro della lettera, della vecchia lettera, e non avverte il salto effettuato da Paolo – e con lui da un’intera cultura – con la nuova formulazione, che non è certo una sostituzione o un riassunto della vecchia legge. L’omissione di Lacan si profila qui come il sintomo dell’incapacità di andare oltre l’ordine dell’obbedienza e della trasgressione.”

Leggi anche:

[PDF] Oltre l’ordine dell’obbedienza e della trasgressione
di Gianandrea Franchi Formato file: PDF/Adobe Acrobat

Fonte: http://www.hortusmusicus.com/home/home.php

Elvio Fachinelli così continua: “ A proposito dell’ ‘atto genitale’: ‘ senza dubbio in quest’atto, in un solo momento, qualcosa può essere raggiunto per cui un essere è per un altro, al posto, vivo e morto insieme, della Cosa. In quest’atto, e in questo solo momento, egli può simulare con la sua carne il compimento di ciò che non è da nessuna parte’. E’ difficile sottrarsi all’impressione di una valutazione intrinsecamente contraddittoria. Essere al posto della Cosa, luogo centrale del desiderio, non può ridursi a una simulazione, a un fingere e far apparire qualcosa che non c’è. Ora, questa valutazione si ripercuote in valutazioni successive. Per esempio in Encore il ‘godimento fallico’ è puro ‘godimento d’organo’ e nello stesso tempo esiste un ‘godimento al di là del fallo.

“ E’ per questa via che Lacan può giungere a incontrare la mistica e i mistici, spesso presenti nella sua opera e, si direbbe, interpellati direttamente ( per esempio in questo seminario, Echkart a proposito di das Ding), ma nello stesso tempo rinviati o sottomessi ad altro.

Con la Cosa Lacan si avvicina ad essi ( il roveto ardente della Bibbia è, esplicitamente, ‘ la Cosa di Mosè’), ma se ne allontana nel momento stesso in cui si renderebbe necessaria una configurazione specifica, che oltrepassi le ‘formule gnomiche’ usate abitualemente. L’esperienza mistica è al di là della barriera dell’incesto e in essa si manifesta un aspetto antropologico sinora rifiutato, o temuto o assimilato tout court all’impostazione religiosa.

E così la gioia eccessiva, che è al cuore dell’esperienza estatica, viene trascurata. All’orizzonte del raggiungimento assoluto della Cosa c’è soltanto, essenzialmente, il dolore, come ci insegna la coppia satanica Kant-Sade. Eppure lo stesso Lacan, seguendo Freud , ha individuato una diversa linea di condotta. E’ quella in cui il rapporto con la Cosa è governato dalla preoccupazione di evitare, non il dolore ma un ‘eccesso di piacere’ – siamo nell’ambito del cerimoniale ossessivo o di ‘rispettare’ il vuoto di una particolare forma di sublimazione – la religione. Dunque : il cerimoniale ossessivo e la costruzione religiosa come modi per circoscrivere e salvaguardare il “roveto ardente” della gioia eccessiva”.

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Osservazione

In effetti, il mistero nel quale in quegli anni di tentativi d’amore e di rivolta esistenziale, politica, libidinale, dopo esserci messi sulla strada, ci sentivamo implicati, non si realizza su un territorio particolare – tipo ‘la mia esperienza’ o una qualche interiorità – bensì proprio nello spirito di quel vuoto di dualità e di concettualizzazione che essendo, per così dire, uno stato di grazia, di illuminazione, di un varco che s’apre – all’improvviso o per accumulo di impercettibili sfaldamenti – in uno qualsiasi dei punti dell’organizzazione egotica dell’esperienza, è in qualche modo più vicino al non-sense che non al Senso, al Libro o al Dio della lettera. Ma è caratteristica degli stati mistici quella di attrarre quasi automaticamente riflessi di natura sentimentale o opinioni religiose che spesso non hanno alcuna connessione reale con l’esperienza ipernormale, se non metafisica. Avremmo potuto chiamare quegli eventi di apertura radiosa “coscienza cosmica” con Alan Watts ( ma non c’era qualcosa come l’intenzionalità di una coscienza, non era una coscienza intenzionale); o “sensazione di gloria universale” con Raymond Roussel, forse conosciuto solo dai surrealisti; oppure “enigma della felicità” con Walter Benjamin e “domenica della vita con Hegel”, a proposito di certi quadri fiamminghi; oppure dire “satori” con Kerouac, cattolico imbevuto di zen e di tradizioni orientali. Io personalmente preferisco dire “ Pasqua”, consapevole tuttavia che ciò che i più diversi linguaggi suggeriscono è la traccia di un’esperienza certamente non-ordinaria, ai limiti della percezione, ma che tuttavia costituisce una delle dimensioni universali dell’esperienza umana e della cultura. *

 

Tale traccia non porta necessariamente la testimonianza di un incontro con una divinità con un nome familiare o esotico: prova semplicemente che un uomo, senza preoccuparsi della grazia divina, ha ricevuto dall’Altro – grazie a Dio – l’autorizzazione a vivere, a far vivere e a essere felice. ( cfr., con qualche modifica, ‘Gianni De Martino’ in: Mauro Bergonzi, Inchiesta sul nuovo misticismo, Laterza, Bari, 1980, pp. 158-169; vedi anche  Karim Kobrâ ,Voglio vedere Dio in faccia : Frammenti di un incontro estatico, a cura di Gianni De Martino, collana ‘ Spiritualità sperimentale’ a cura di Gianpaolo Fiorentini, Promolibri, Torino 1996   Un viaggio a piedi nudi fra le taverne e le moschee di un Oriente psichedelico, ove si alleano le droghe del Flower Power e il misticismo sufi degli ultimi Mutanti di Dio, è alla base di una singolare esperienza poetica della coscienza e del corpo, vissuta fino in fondo e nelle sue immagini. Leggi ).

* Cfr. Georges Lapassade, Saggio sulla trance ( uno studio sul fenomeno della trance nelle varie culture e società e sull’evoluzione che questo fenomeno ha subito nel corso dei secoli, arrivando fino alle forme più attuali, che si manifestano anche in imprevedibili ambiti metropolitani ) ; Elémire Zolla, Il Dio dell’ebbrezza: antologia dei moderni dionisiaci ( Questo libro rende visibile una zona vastissima ma normalmente celata, o al massimo consegnata a banali mitologie trasgressive, della storia e della vita dell’Occidente: la zona, segnata da confini mobili, dove continuamente risorge l’elemento dionisiaco.Se infatti gli dèi, non escluso Dionisio, il dio dell’ebbrezza, sono stati dichiarati più di una volta ufficialmente defunti, è anche vero che poeti e scrittori, – come anche i ricercatori abituati a osservare e conservare i tesori culturali di genti in angoli sperduti del pianeta che vivono in modo tradizionale – , si imbattono spesso in comportamenti e stati di coscienza che sembrano indicare, tra mille insidie, la via di una conoscenza "giusta, pura, luminosa"); Gianni De Martino, “Il muro del tempo” , in ALTROVE N°11, anno 2004.

L’estasi, che non è niente di speciale, una piccola esperienza, è senz’altro mediata dal corpo – mediatore indispensabile – ma non deriva dall’orgasmo né ne è la sublimazione: quello che è già sublime in sé non ha bisogno di essere sublimato, e l’estasi ha rapporti di consonanza con il “godimento d’organo”, non di causalità stretta. L’estasi è senza comune misura con l’orgasmo. Godimento al di là del fallo, immensamente al di là ed oltre il gorgo vuoto di qualsiasi godimento, la beatitudine infinita e senza causa incontra certamente un vuoto, ma un vuoto come fresca traccia che rimanda alla Presenza di chi , in noi, ci cercava, e ci fa segno.

Può accadere all’alba, o addirittura nell’aurora – ma è meglio diffidare di troppa luce, delle aurore e di quelle altre aurore chiamate notte. Dove per tanti arcobaleni e passi falsi… In genere accade nei chiaroscuri del crepuscolo poco prima della notte o poco prima dell’alba, in quei momenti che i Romani chiamavano SILENTIUM. Era la notte color d’inchiostri, di fughe e d’imboscate. E d’improvviso, a una svolta – dove si svolta una volta sola – il profumo di una pantera, un raggio di luce che al di là delle spendide rovine e delle trappole, trasfigura le apparenze spesso disperanti di questo mondo che ora traspare in nuova figura.

Caravaggio, vocazione di Matteo

La fede cattolica è un nuovo organo cresciuto nel buio, aperto all’inaudito e altrettanto concreto degli altri sei sensi ( odorato, tatto, udito, gusto, vista e mente, senso interno). La religione non è generalmente riducibile, mi pare, all’ambito del cerimoniale ossessivo o di rispettare il “vuoto” di una particolare forma di sublimazione. In particolare non lo è certamente la fede cattolica, che più che re-ligio, o addirittura din ( = debito) come nell’islam, è incontro personale con Gesù Cristo crocifisso a piè di lettera e risorto con un corpo che è carne nello Spirito: incontro personale, attraverso il nichilismo, con il mistero della croce di gloria, mediato dalle Beatitudini, la Scrittura, la trasparenza delle icone, la significativa bellezza dei dogmi, l’efficacia ( non solo simbolica) dei sacramenti, la poetica rinnovata della comunione e l’esercizio concreto della fedeltà , della speranza e della carità – gesti rari, come qualsiasi altro raro gesto di intelligenza, di poesia o di compassione.

Al di là del regime dell’ordine e della trasgressione, liberi in Gesù Cristo, l’augurio è quello di poter ardere per Lui senza bruciare. Il che, al limite, è un passo impossibile, ma perfettamente all’altezza, mi pare, della gioia e della terribilità del vivere, così come dell’impossibilità del reale.

 


 

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2 risposte a

  1. Paolo-di-Lautreamont scrive:

    Complimenti. Bella la frase di Elvio F. all’inizio, sulla mistica:…”evitare i codici che, invariabilmente, da sempre rifiutano o sequestrano questi tipi di esperienze”.

    Da non dimenticare Bataille (L’erotismo), per la dialettica legge/regola-trasgressione.

    Interessante anche il link.

  2. giannidemartino scrive:

    L’expérience interiéure di Bataille è una specie di summa a-teologica delle situazioni estatiche. Ma non c’è gioia, il “rapimento” è labile, precario, mescolato all’angoscia, e oscillante : una joie suppliciante, la cui figura esemplare è il contorto giovane cinese suppliziato, “bello come una vespa” – in sostituzione del Cristo crocifisso.

    Si tratta di un’immagine coatta, che mette l’inconnu al posto di Dio, come se bastasse sostituirlo con un’assenza per difendersi dal misticismo cristiano e dal rapporto con Dio. Bataille, attraverso acuità folgoranti, sembra destinato così a ripetersi, tendendo al proprio annullamento e alla parte muta ( thanatos come “forza muta all’interno dell’organismo”) proprio lì dove invece il cristiano tocca – con maggiore flessibilità e speranza – l’acqua viva, compresa quella creazione. Bataille tende “a fare notte”, sospeso come una madre al sonno silenzioso del suo bambino. La reverie, che abolisce la parola, è tipica del bambino silenzioso o forse morto che alla fine Bataille sogna di essere. Come osservava Elvio Fachinelli, mettendo a contrasto le nere immagini di Bataille con quelle gioiose, luminose ed egualmente intense emergenti in Proust : ” Se la parola silenzio è pur sempre un rumore, come dice Bataille, il suo testo rimane nella memoria come un grido al silenziatore”. Dimenticare Bataille ? Non direi: egli c’insegna che l’ateo più che dalla paura di morire è attraversato dal terrore – mascherato dalla continua graforrea – di non essere.

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