Testori meglio di Ruini

 TESTORI MEGLIO DI RUINI


 

A proposito del dibattito sul riconoscimento statale del piccolo matrimonio gay ( legato all’incontro con il “doppio”) e il profondo simbolismo antropologico, biblico e teologico legato alla realtà bisessuale dell’incontro dell’uomo e della donna – una differenza che la Chiesa legittimamente deve custodire – m’imbatto nella lettura di un Giovanni Testori più intenso del politico Ruini, forse, e certamente più feroce e vero del lepido e conformista Michele Serra con la sua ultima “satira preventiva” per ‘L’Espresso’ dal titolo un po’ camp Fumata bianca per Samantha I .

« (…) La sola posizione giusta e rispettosa dei segreti, degli affetti e dei rapporti che ho avuto, è stata quella della mia famiglia, degli amici più cari e dei giovani di Comunione e liberazione: da tutti loro non mi sono mai sentito giudicato, ma solo accolto in virtù di un atto di carità che è anche giustizia.

Tutto ciò che è in più – approvazione, giustificazione, esternazione, spettacolarizzazione dell’omosessualità – lo trovo ‘fuori’, non necessario, non utile. Non aiuta a star meglio, a esser più felici. E mi riferisco ai cosiddetti “movimenti di liberazione”. Non parliamo, poi, di questa esecranda idea delle nozze tra ragazzi. Che senso ha questo spirito di rivalsa a tutti i costi, questa sindrome dell’ufficialità?

Io capisco, e difenderei con tutte le mie forze, il terribile diritto che l’uomo ha di svolgere il proprio destino. Immaginiamo che in un paese totalitario si fucilino gli omosessuali, o si leghino e si gettino in mare. Allora sì, per un diritto totale alla vita, mi batterei. Ma queste qui sono mascherate.

(…) Oggi non siamo più nell’antica Grecia, o prima di Cristo. Io trovo che questi qui facciano tutto quello che fanno per dimostrare a se stessi di avere estirpato da sé qualunque senso di colpa o di peccato. Se potessi parlare con loro, li vorrei convincere innanzitutto della tristezza di queste loro carnevalate. Perché in questi rapporti – ma, credo, in qualunque rapporto d’amore – c’è una tristezza sconfinata. Tuttavia, se questa tristezza viene accettata e accolta con carità, in primis come parte della coscienza di sé, allora diventa “dramma”, e può offrire qualcosa agli altri.

Ma se viene esternata in modo incosciente, allora diventa una tristezza lurida. Hanno un bel rinfacciarmi l’incongruenza del mio essere cristiano con il mio modo di vivere.(…) Lurido è ciò che si esibisce con la pretesa di essere, poi, lasciati in pace, o, per dir meglio – perchè la pace è un’altra cosa – di farsi gli affari propri (…). Inoltre trovo che l’accentuazione autoesibita dell’elemento carnale, sensuale sia una falsità. Viene completamente eliminata la tristezza, che è connaturale all’amore. Per quanto mi riguarda, l’interesse per l’incontro con un uomo viene sempre dall’abbacinamento della bellezza, dalla commozione: qualcosa che poi, non lo nego, cerca anche la soluzione del rapporto fisico. Ma il punto della questione non è mai stato lì, per me, e credo non possa essere lì per nessuno.»

( da: Luca Doninelli, Conversazioni con Testori, Guanda, Parma 1993, pp. 127-130).

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