Robespierre: "contro la pena di morte"

 UMORISMO INVOLONTARIO

ROBESPIERRE : "DISCORSO CONTRO LA PENA DI MORTE"

Ascoltate la voce della giustizia e della ragione; essa grida che mai il giudizio dell’uomo è tanto certo da far sì che la società possa dare la morte a un uomo condannato da altri uomini soggetti a sbagliare. Provate a immaginarvi il più perfetto ordinamento giudiziario; provate a trovare i giudici più onesti e più illuminati, resterà sempre un margine di errore o di prevenzione. Perché togliervi la possibilità di ripararli? Perché condannarvi all’impossibilità di soccorrere l’innocenza oppressa? Che importanza hanno questi rimpianti sterili, questi rimedi illusori che concedete a un’ombra vana, a cenere insensibile: non sono altro che la triste testimonianza della temerarietà incivile delle vostre leggi penali. Togliete all’uomo la possibilità di espiare il suo peccato col pentimento o col compiere azioni virtuose, precludergli senza pietà il ritorno alla virtù, alla stima di se stesso, affrettarsi a farlo, per così dire, scendere nella tomba ancora marchiato del suo crimine, rappresenta ai miei occhi la più orrenda raffinatezza della crudeltà.

Il primo dovere di un Legislatore è di forgiare e conservare i costumi pubblici, fonte di ogni libertà, di ogni benessere sociale; egli commette l’errore più grossolano e funesto, per arrivare a uno scopo particolare, si allontana da quello generale ed essenziale. Bisogna dunque che la legge rappresenti sempre per i popoli il modello più puro della giustizia e della ragione. Se le leggi, invece di caratterizzarsi per un’efficace, calma, moderata severità, offrono il destro alla collera e alla vendetta, se fanno scorrere sangue che dovrebbero invece risparmiare e che comunque non hanno il diritto di spargere, se offrono allo sguardo del popolo scene crudeli e cadaveri straziati dalle torture, allora esse confondono nella mente dei cittadini il concetto del giusto e dell’ingiusto e fanno nascere in seno alla società feroci pregiudizi che a loro volta ne producono altri. L’uomo non è più per l’uomo una cosa così sacra; si ha un concetto meno alto della dignità umana quando la pubblica autorità si fa gioco della vita. L’idea dell’assassinio ispira molto meno orrore quando è la stessa legge a darne spettacolo ed esempio; l’orrore del crimine diminuisce poiché essa lo punisce con un altro crimine.

State molto attenti a non confondere l’efficacia delle pene con l’eccesso di severità: l’una è assolutamente l’opposto dell’altra. Tutto è fecondo nelle leggi equilibrate, tutto cospira contro leggi crudeli.

30 maggio 1791

Maximilien Robespierre


L’ambiguità, se non la stupidità di certe posizioni “ideali” contro la pena capitale si ripresenta in questi giorni davanti a una sentenza del tribunale iracheno che ha confermato la condanna a morte di Saddam Hussein per crimini di guerra e crimini contro l’umanità con riferimento all’omicidio di 148 mussulmani sciiti avvenuto nella città di Dujail nel 1982. Non si sa se le autorità irachene siano intenzionate a portare a termine la sentenza o ad aspettare la proclamazione del secondo verdetto del processo relativo all’omicidio di 180 mila curdi avvenuto nel corso della campagna militare di Anfal negli anni ’80. In ogni caso, anche dalle parti dei politici che della morte delle vittime del dittatore se n’è sempre fregato bellamente, si levano grida contro la pena di morte. Netta, per esempio, la posizione di Romano Prodi: “ ”L’Italia e’ contraria alla pena di morte, e anche in un caso cosi’ drammatico riteniamo che questa non debba avvenire”.

Si va così dal canto di deplorazione della politica italiana ( con il pensoso Walter Veltroni che dice che “ il tribunale penale internazionale sarebbe stato la giusta sede per affrontare chi si è reso responsabile di crimini contro l´umanità") alla contrarietà dell’organizzazione integralista egiziana dei Fratelli Musulmani, del baath ( che minaccia ferro e fuoco a Baghdad se Saddam verrà impiccato), di Hamas e dei palestinesi fra i quali Saddam Hussein è molto popolare perché dal 2000 e fino alla sua caduta nel 2003 inviò denaro alle famiglie dei terroristi suicidi palestinesi.

Netta quanto prevedibile è anche la critica del lugubre regime siriano, secondo il cui governo «qualsiasi processo condotto sotto occupazione è illegittimo». Delusa anche l’organizzazione internazionale Amnesty international, che ha definito il processo all’ex raìs iracheno "una vicenda losca, viziata gravi lacune".Non manca neanche l’opportunismo e il cinismo di quei politici europei , specialmente di Russia e Francia, che non accettano la sentenza perché temono che “ la condanna a morte di Saddam Hussein non porterà giovamento ad una regione dilaniata dall’odio e dalla vendetta anzi, molto probabilmente, solo più rabbia e caos”.

Continuo a pensare che si tratti invece di una condanna esemplare ( sebbene vorrei che non fosse eseguita, ma commutata in ergastolo) e di un  processo  necessario: un processo dovuto alla memoria delle vittime innocenti di quell’arma di distruzione di massa per il suo popolo e per i vicini che fu il dittatore Saddam Hussein, un crudele tiranno al quale solo gli Americani hanno osato ribellarsi. Commentare idealisticamente o con frivolezza la sentenza, oppure dire che il processo sia una "incoerenza", una parodia di giustizia, una farsa voluta dai "vincitori", è un falso che offende in prima luogo il governo irakeno e i giudici e i testimoni che, rischiando la vita, hanno permesso che il processo avesse luogo e i crimini evocati, documentati, provati e sanzionati. D’altra parte, si tratta certamente di un processo "imperfetto", ma quale processo giudiziario, al mondo, non è imperfetto ?

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17 risposte a Robespierre: "contro la pena di morte"

  1. flaviablog scrive:

    Sorvolando su Robespierre, vittima di se stesso e di ciò che aveva seminato ( la rivoluzione dilania anche e soprattutto se stessa), per il resto: ti sembra che un processo ad un uomo a cui sono addossate tante colpe, in un Paese in cui si muore anche per poco, abbia una coerenza? La sentenza è già scritta nel momento in cui il personaggio si cattura, il resto è prosopopea. E che vuoi che dicano gli Europei? O per cattolicesimo, o per cristianesimo in senso lato, o per quel laicismo che si eleva a padino di Caino….dicono che la pena di morte è sbagliata. Tutti probabilmente pensando che avrebbe creato meno danni ad aprire il fuoco, fuggire e morire incidentalmente, risparmiando demagogiche figuracce equamente distribuite.

  2. anonimo scrive:

    … alla fine Gianni De Martino dice “Continuo a pensare che si tratti invece di una condanna esemplare ( sebbene vorrei che non fosse eseguita, ma commutata in ergastolo)” quindi dice più o meno quello che Prodi, Veltroni, Amnesty, da lui citati, dicono. Ma allora? Giannni, lei vuol parlare male comunque del centro-sinistra sinistra-centro? E’ questo lo scopo? Mi perdoni, ma vedendo anche il pezzo su Diliberto e Bilionaire (ovvero come si direbbe, una cazzata buttata lì dal Diliberto per l’insistenza e l’ingordigia di gossip da parte dell’intervistatrice) dove il deputato vien fatto passare come un vero sanguinario…

    Saluti

    Fabio D’Amico

  3. anonimo scrive:

    Paul Tibbets in un colpo solo ne ha inceneriti decine di migliaia (ed ogni anno ancora oggi dopo 60 anni continuano a morire ) ed ha pure ricevuto una medaglia d’oro al valor militare. Sì d’accordo, ha 90 anni (non so neanche se sia morto, l’anno scorso era ancora vivo e non pentito orgoglioso di se stesso e del suo operato) ma ciò che è grave è l’assenza di un giudizio di condanna. Poi per me può godersi la sua libertà in attesa di rendere conto a Dio dei suoi crimini.

  4. giannidemartino scrive:

    Alcuni anni fa, quando aveva il comando di un’unità strategica in Florida, Tibbets ricevette la visita di Mitsuo Fuchida, l’ufficiale giapponese che aveva guidato l’attacco contro Pearl Harbor. “Vogliamo parlare?” Gli chiede Fuchida. E Tibbets: “Lei ha fatto un ottimo lavoro. Ci ha colti di sorpresa”. Fuchida replicò: “Anche lei ha fatto un ottimo lavoro”. Mettere fine alla Seconda guerra mondiale evitando i mali peggiori di un uso dell’atomica da parte dei Giapponesi, fu un infelice * ed orribile lavoro, purtroppo necessario, e la storia ne conserva ancora il fetore… Ma cosa c’entra la Seconda guerra mondiale e Paul Tibbets, che era un soldato e resta un patriota, con il “lavoro” di distruzione di massa del suo popolo per il quale è stato giustamente condannato Saddam Hussein ? Poiché entrambi hanno ucciso, e in massa, solo per questo sarebbero ugualmente dei criminali ? La questione si ripropone, oggi, alle democrazie del mondo libero, alle quali resta davvero poco tempo per sventare la minaccia nucleare proveniente dall’Iran dei mullah e di Ahmedinejad che probabilmente finirà come Saddam Hussein.

    * NOTA. Certo, una delle barriere più forti contro l’aggressione è il precetto “ama il prossimo tuo come te stesso”. Ma, come già notava Freud in “Disagio della civiltà”, scritto nel 1929, alle soglie dell’avvento sfolgorante, quindi non visto, del nazismo, attenersi letteralmente e in maniera demagogica e idealistica al precetto, mette solo in svantaggio rispetto a chi non se ne cura. ” Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva – osservava Freud – , se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”

  5. anonimo scrive:

    No errore : Fuchida rispose “Anche lei ha fatto un cattivo lavoro”

    (http://www.presentepassato.it/Dossier/900barbaro/hiroshima3_tibbets.htm)

    Ma del vero effetto negativo che ebbe quella bomba , mio caro amico lei me ne è testimone diretto. Il vero “cattivo lavoro” a cui accennò Fuchida fu proprio quello di sovvertire il giudizio su uno dei più grossi crimini della storia come quello dell’uso dell’arma nucleare.

    Tibbets per me è un esempio di uomo che ha perso la propria umanità , che non ha coscienza (letteralmente). Un automa mero esecutore di ordini superiori. Reso tale da una ideologia che come tutte le ideologie riduce la complessità della realtà e diminuisce la dignità della persona. Francamente mi fanno meno paura uomini come Saddam Hussein che , anche se feroci e criminali, conservano spesso una capacità di autonomia mentale e di responsabilità maggiore dei vari Tibbets.

    Meglio un uomo come questo che un automa come Tibbets.

    NOTA : Sono sempre stato convinto che fondamentalmente chi sostiene la “terribile necessità” di atti come il lancio delle atomiche , oltre a non volere prendere atto delle vere ragioni per cui fu effettuato, fondamentalmente non crede alla attuabilità del comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”. Ci ragiona, lo ammira, fa i distinguo, ma non ci crede.

  6. giannidemartino scrive:

    Pare che Fushida abbia risposto: “What the hell do you think you did to us?”. Perlomeno secondo: the August 2005 American Legion magazine, from an article called “History Over Hiroshima” by James V. Carroll, about Enola Gay pilot Col. Paul Tibbets:

    Most historians agree that dropping the uranium and plutonium bombs on Hiroshima and Nagasaki shortened World War II, thereby avoiding an inevitable Allied invasion of Japan and its predicted carnage to both sides. There are historians and ethicists who hold a dissenting opinion, but Japanese aviator Mitsuo Fuchida is not among them.

    Fuchida, Tibbets says, approached him at a military reception sometime after the war and said, “I’m Fuchida. Shall we talk about it?”

    Apparently recognizing that the American aviator did not understand what he was talking about, Fuchida told Tibbets that he had led the Japanese surprise attack on Pearl Harbor.

    “You sure did surprise us,” Tibbets recalls saying.

    “What the hell do you think you did to us?” Fuchida replied.

    The two war-hardened aviators and survivors chatted a few minutes when Fuchida confided to Tibbets, “You did the right thing to drop the bombs. Japan would have resisted an invasion using every man, woman and child, using sticks and stones if necessary.”

    “That would have been a slaughter,” Tibbets says. “I believed at the time, and I believe now, that President Truman made the right call.”

    FONTE: http://www.legion.org/?section=publications&subsection=pubs_mag_index&content=pub_mag_history

  7. anonimo scrive:

    Allora, nel mentre lei ragiona su quale degli articoli avesse ragione nel riferire una confidenza di Tibbets a proposito di una confidenza che Fuchida gli avrebbe fatto, e che le servirebbe a giustificare un crimine di portata storica, considero quanto meno paradossale per chi ha una visione così relativistica e macchiavellica della vita il definire la condanna di Saddam Hussein una ” condanna esemplare”. Esemplare in che senso ? Che fornisce un esempio di come lei concepisce la giustizia ? Che Dio ce ne scampi e liberi !

  8. giannidemartino scrive:

    Un tribunale iracheno ha emesso una condanna “esemplare” nel senso che i crimini del dittatore Saddam Hussein sono stati provati e sanzionati ( e non rimasti impuniti, come per esempio sarebbe avvenuto se nessuno avesse rovesciato Hitler, e questi avesse vinto la guerra).

    Quanto alla “visione relativistica e machiavellica della vita”, questa – caro utente anonimo – mi sembra piuttosto appartenere, insieme all’ipocrisia, ai sostenitori della “giustizia dei perdenti”. Vale a dire dell’impunità dei peggiori criminali e tiranni, purchè nemici dell’America e dell’Occidente.

    In tal senso, con l’ augurarmi che quella condanna ( che resta “esemplare” ) non venga eseguita, non dico la stessa cosa di chi sostiene , atteggiandosi ad idealista come il Rosbespierre da me citato, che l’impiccagione di Saddam Hussein non debba avvenire “ perché l’Italia è contraria alla pena di morte” – e però insinuando nello stesso tempo, ipocritamente e per motivi di bestialità politica, che il processo al rais iracheno non sarebbe legittimo, non sarebbe altro che una “farsa”.

    I terroristi di Hamas o il lugubre regime siriano lo sostengono apertamente, i nostri Prodi, D’Alema, Veltroni ed altri, lo suggeriscono ipocritamente.

    Continuo pertanto a pensare che il processo al dittatore iracheno sia invece legittimo, non sia un farsa al servizio dell'”occupante” americano, e resti un esempio (come i processi di Norimberga e di Tokyo ) di giustizia necessaria , ancorché giustizia “ dei vincitori”. L’alternativa sarebbe la “giustizia dei perdenti”, ancora più infelice, arcaica e sanguinaria di quella dei “vincitori”.

    La vittoria dell’America in Iraq come in Europa e in Asia nella seconda guerra mondiale non è tuttavia un bene assoluto, ma solo un male minore. E costituisce la premessa e non la negazione della giustizia dovuta in primo luogo alle vittime innocenti di una storia che – con le parole di Shakespeare , che potrebbero anche essere quelle dell’amato, perché no?, Niccolò Machiavelli – è come intessuta anche “del fetore dei nostri errori”.

  9. anonimo scrive:

    Però, chissà perchè , il fetore è più forte negli avversari politici ed ideologici. Nessuno per fare un esempio si sognerebbe nel cosidetto “occidente” di sentire il fetore che emana la politica israeliana nel mantenere un lager a cielo aperto come è Gaza : verrebbe subito tacciato di antisemitismo. E’ molto meglio dare più risalto sopravvalutandolo come fa lei al fetore di Hamas , come era per Saddam Hussein. Per non parlare della seconda guerra mondiale dove il protagonista assoluto diviene Hitler per nascondere sotto un velo impietoso i bombardamenti a tappeto e lo sciacallaggio politico degli anglo-americani , giudicati di volta in volta necessità inevitabili, il meno peggio, errori non voluti, prezzo da pagare eccetera. E non vado più indietro nel tempo. La nuova ideologia da difendere è “la difesa dell’america e dell’occidente” contro gli “islamofascisti e i veterocomunisti”. E’ il solito vecchio schema ideologico che serve a giustificare i mezzi (qualsiasi mezzo) per un fine che appare sempre più lontano ed utopico. Ma che in realtà serve da copertura all’instaurarsi di dittature perfette .

  10. giannidemartino scrive:

    Può darsi che “sentire il fetore” che emanerebbe la politica israeliana non sia sempre e comunque un segno di antisemitismo…

    Nel suo caso, per esempio, uno potrebbe anche pensare – non conoscendola – che Ella sia provvista di “gentili alette”, o che soffra, senza colpa, di allucinazioni olfattive.

    Affermare però che “la politica israeliana” mantenga – come dice – ” un lager a cielo aperto come è Gaza” , è certamente un ideologico luogo comune della propaganda dei palestinesi mantenuti dai loro dirigenti politici e religiosi vittime del vittimismo organizzato.

    Affermare che sia “la politica israeliana” a mantenere ” un lager a cielo aperto come è Gaza” suona anche come una calunnia non priva di vigliaccheria , visto che proviene da utente anonimo e dal naso apparentemente chiuso.

    D’altra parte, è vero che gli esseri umani cosiddetti civilizzati usano da tempi immemorabili la metafora del cattivo odore per designare il “nemico”, ovvero il “fetente” per eccellenza.

    Guarda caso, i nazisti usavano proprio la metafora del cattivo odore, in chiave razzistica e pseudoscientifica, per caratterizzare una supposta e suggerita caratteristica speciale dell’Ebreo.

    La metafora del cattivo odore si sposta, oggi, dall’Ebreo allucinato dai nazisti alla “politica israeliana” e – quasi impercettibilmente – allo Stato d’Israele.

    Ecco uno Stato per fortuna forte, ecco una piccola, coraggiosa e fragile democrazia martoriata dai missili lanciati da Gaza tra l’indifferenza pressoché generale del mondo, mentre resiste all’assedio, alla minaccia, anche atomica, e alle calunnie provenienti dalle lugubri dittature del Medioriente – oltre che da schiere di taluni sinistri trinariciuti d’occidente.

  11. anonimo scrive:

    A questo punto mio caro amico credo che lei di chiuso non abbia solo il naso. Si goda la sua piccola coraggiosa fragile e superdotata di testate nucleari (per le quali lei credo abbia una innata simpatia, visti i precedenti) “democrazia” priva di costituzione e non solo di quella. Nel frattempo si dia una regolata. Ma si ricordi che i primi ad essere vittime di una chiusura ideologica come la sua sono proprio gli israeliani, come a suo tempo lo furono i tedeschi.

  12. giannidemartino scrive:

    Infatti . Di chiuso non c’è mai o quasi mai solo il naso…

    Ecco per esempio un cieco dell’odorato dirsi “caro amico” e venire qui a postare orribili suggestioni e a ripetere che israeliani e americani sono “fetidi” come i nazisti.

    Il calunnioso accostamento del comportamento di uno Stato democratico come quello ebraico a quello dei nazisti e alla Shoah, è una stronzata inaccettabile.

    E non mi dica che si tratta di un muro…

    Certo sarebbe più bello e produttivo costruire ponti…ma c’è di mezzo la sofferenza del popolo israeliano e del popolo palestinese , e questo blog non vuole farsi ponte per il passaggio delle calunnie di un brancolante postino anonimo, non privo di vigliaccheria.

  13. anonimo scrive:

    Aldilà del fatto che certi battibecchi stile penna e fioretto risultano alquanto ridicoli (sembrano pantomime di certi talk show dove gli invitati a gettone danno sfoggio di se’ stessi) vorrei dire che:

    – De Martino ha ragione nel dire (all’inizio) che l’argomento del signore anonimo era piuttosto off topic; risulta impossibile portare avanti un ragionamento sconfinando continuamente su ogni possibile fatto storico del passato. Sarebbe stato meglio restare laddove si era iniziato.

    – Ma poi è De Martino stesso a prendere il testimone ed andare avanti ed in uno spazio storico così ampio e controverso alla fine si danno giudizi sempre netti, lapidari. Non è così facile, io penso, soprattutto per chi come noi guarda sempre da fuori.

    – Atomiche, Saddam, Palestinesi e noi sempre pronti (dalla nostra finestra) a dire chi è definitivamente e certamente il buono o il cattivo, senza mai provare a mettersi una volta a fare il piccolo esercizio di pensare di “essere” effettivamente una delle due parti.

    – De Martino definisce lo sganciatore delle bombe di Hiroshima e Nagasaki (ricordiamo? una dopo l’altra) comunque un patriota. Dal punto di vista di chi? (domando) Degli Stati Uniti e potenze alleate o dei civili giapponesi che han perso la vita, dei figli nati deformi per decenni? Immaginiamo di calarci nei loro panni? Ma figuriamoci, cattolici o marxisti, destra o sinistra che siamo, abbiamo già la risposta. Certa sicura ed infallibile. Se tutti i paesi occidentali avevano il diritto di colonizzare qualsiasi paese al mondo, i Giapponesi (ovvero i cattivi) no. Inghilterra e Francia potevano prendersi l’oriente, ma è diverso se il Giappone cerca di prendersi la Manciuria piuttosto che le Filippine.

    Le atomiche sono state sganciate per evitare che le tirassero prima i Giapponesi dice De Martino (ciò è veramente storicamente falso; non avevano nulla di tutto ciò e gli stessi nazisti erano ancora ben lontani dal poter produrre qualcosa di utile in tempi brevi), sappiamo che sono state sganciate perché 1) le avevano costruite ed ancora non si conosceva l’enorme, pauroso effetto deterrente; bisognava usarle dunque 2) la motivazione ufficiale: porre rapidamente fine alla perdita di vite umane dei soldati americani data la caparbia ed ottusa resistenza dei giapponesi nel riconoscere la già ormai avvenuta sconfitta.

    Già, ma scapito di chi? di soldati giapponesi forse? o di civili? Non importa, l’etica della guerra era già cambiata da tempo. Le scelte, dopo, di Oppenheimer e Fermi non ci hanno insegnato nulla? Nessun dubbio?

    Nessun soldato serbo è rimasto ucciso nella nostra “missione di pace” in Kosovo, ricorderete forse i tanti morti civili oltre a quelli recenti ancora provocati dall’uso dell’uranio impoverito. La guerra non si fa più tra soldati, si fa tra soldati e civili.

    – Molti, a sinistra, solidarizzano acriticamente (e irresponsabilmente) con i Palestinesi e magari con Hamas e Hezbollah ed altri bombaroli sanguinari. Io me ne guarderei bene; ma non dimentico, come invece mi pare faccia De Martino, che la democrazia di Israele se ne infischia altamente da più di 40 anni di ottemperare alle molteplici risoluzioni dell’Onu e restituire territori occupati e consentire il rientro dei profughi. Non c’è bisogno di essere faziosi, se voglio leggere qualcosa sulle ingiustizie che lo Stato di Israele compie mi basta leggere Haaretz, giornale israeliano.

    – Il tribunale del governo provvisorio iracheno ha senza dubbio il diritto (ed il dovere) di giudicare e condannare Saddam Hussein; come italiano ritengo che non sia mai giusta una condanna a morte; anche perché noi, non siamo in guerra. Giusto? Siamo lì in missione di pace! L’ho sentito ripetere fino alla nausea dal precedente ministro alla Difesa Martino.

    Il più volte menzionato utente anonimo potrebbe, forse, obiettare che il processo, in stato di occupazione militare americana, è un processo farsa. Io non credo che comunque il dittatore Saddam possa scappare dalle sue responsabilità, verso i Curdi, gli Sciiti, la guerra con gli iraniani ed il Kuwait. Non si può, non si deve perdere questa occasione. Posso certamente concordare col fatto che sotto processo internazionale per crimini contro l’umanità ci debbano andare anche molti altri, esponenti degli Stati Uniti, ad esempio, per i crimini di Kissinger contro il popolo cileno o quant’altri hanno protetto Suharto durante il massacro di mezzo milione di persone in Indonesia negli anni ’60. Faceva comodo Suharto agli americani mentre il comunismo si espandeva in Vietnam, Laos ecc.. e quindi non hanno mai immaginato di metterlo sotto processo per crimini contro l’umanità.

    – Ma non si possono utilizzare questi discorsi per inficiare i processi comunque in corso. Succederebbe lo stesso per i processi in corso all’Aja e magari anche rispetto quelli finalmente auspicabili contro Pinochet.

    – Per ultimo, ripeto di restare ancora perplesso rispetto certi giudizi sommari e qualunquisti espressi in continuazione da De Martino a proposito di … Prodi, D’Alema, Veltroni ecc..

    Ci sono certi accostamenti tra argomenti pesanti e scarne righe accusatorie, instillatrici di sa quali sospetti, verso i suddetti “….I terroristi di Hamas o il lugubre regime siriano lo sostengono apertamente, i nostri Prodi, D’Alema, Veltroni ed altri, lo suggeriscono ipocritamente…..”.

    Qui De Martino non abbonda, come di solito fa, con citazioni a suon di link e fonti varie. La butta lì così. Getta il sospetto generico. Mi domando, perché lo sto notando da un po’ di tempo, è frutto di una sua precisa scelta editoriale? Messe in questo modo, queste righe sembrano ricalcare lo stile classico della Pravda anni 50-60, uno stile tra il sarcastico e il genere seminatore di mezze calunnie. Ma sempre molto superficiale. Mi perdoni, lo ripeto ancora: lei ha una scelta ben precisa editoriale a monte in termini politici?

    Se vuol criticare D’alema, Veltroni ecc.. lo faccia più precisamente, citi le fonti dei discorsi, dica cosa non va affatto, dica cosa farebbe lei al loro posto o dica che l’unico modo di fare è quello di Bush, Cheney e Blair. L’Italia, e non solo, sono comunque costituzionalmente contro la pena capitale.

    Saluti a tutti

    Fabio D’Amico

  14. anonimo scrive:

    Riguardo a Saddam Hussein penso che gli è andata male. I suoi antichi alleati lo hanno preso e processato , perdipiù in un processo politico . Ma, riprendendo l’intervento di D’Amico di cui condivido molte cose, quanti andrebbero lo stesso processati ? A loro è andata bene. Il problema è (e se non sbaglio D’Amico lo ha individuato) che nell’atteggiamento di Di Martino (non voglio accanirmi particolarmente con lui, ma con una mentalità di cui lui è un esempio) il processo a Saddam Hussein è visto come un simbolo (le forze del “bene” contro “il” male), un atto di purificazione collettiva.

    Le persone come Di Martino dicono poi (spero che la condanna non sia eseguita) : e qui non ci capisco più niente. Da una parte lode e gloria a Tibbets che ha eseguito una condanna a morte di un numero innumerevole di innocenti e senza processo e dall’altra non vuole che sia eseguita una condanna a morte di una persona che comunque ha gravi responsabilità.

    Caro amico mio se Gaza è un lager a cielo aperto non è colpa mia. Se lei è convinto del contrario le suggerisco la prova del nove : ci vada ad abitare. Solo allora potrà sfogarsi a difendere la “coraggiosa democrazia” israeliana ed i valorosi marines emulando Robotti che difese i sovietici anche se lo avevano mazziato.

  15. giannidemartino scrive:

    ” #13 … ma non dimentico, come invece mi pare faccia De Martino, che la democrazia di Israele se ne infischia altamente da più di 40 anni di ottemperare alle molteplici risoluzioni dell’Onu e restituire territori occupati e consentire il rientro dei profughi”.

    A Fulvio D’Amico – affacciatosi al finestrone aperto non per battibeccare più sopra – vorrei ricordare alcuni fatti :

    1) Una volta restituita Gaza all’Autorità palestinese, questa Autorità sembra infischiarsene ( non si sa se altamente o com’è più probabile bassamente ) se nei territori sotto il suo controllo si continua a:

    – Reclutare terroristi come soldati, piuttosto che arrestarli;

    – armare i terroristi agevolando gruppi di palestinesi nell’importazione di contrabbando a Gaza di missili, compresi missili Kassam e a spalla SA-7 Strela;

    – incitare la popolazione con i discorsi politici, i sermoni delle moschee, i libri di testo scolastici, i media e i manifesti affissi sui muri a esprimere ammirazione per uomini, donne e bambini-bomba ( suicidi-assassini o pseudomartiri-suicidi santificati come esemplari di autentici shaid, ovvero “testimoni della Fede), rabbia antisemita e odio contro Israele;

    – fingere gli arresti dei terroristi.

    Tutto ciò con il pessimo risultato che invece di organizzarsi pacificamente e autodeterminarsi democraticamente – riconoscendo lo Stato d’Israele e incominciando a parlargli e a parlarsi per trovare le vie dell’aiuto reciproco e costruire lo Stato dei palestinesi – “coraggiosi miliziani palestinesi”, nascondendosi dietro le donne , i bambini e gli “scudi umani volontari” di Gaza, territorio densamente popolato, continuano a bersagliare di razzi la popolazione civile di Israele – e specialmente Sderot ( dove peraltro sono stato, sia pure di passaggio, come giornalista senza gettone, cercando d’informarmi per quanto possibile su quanto accadeva, invece di stare alla finestra o al finestrone.

    Aggiungo di essere rimasto colpito dal fatto di non aver mai sentito pronunciare da parte degli israeliani continuamente sotto mira di questi cazzi di missili kassam una sola parola d’odio verso gli attaccanti, cioè verso i terroristi palestinesi, – il che mi ha positivamente colpito e portato a comprendere perché Israele, persa la pazienza, abbia dovuto reagire alla crisi apertasi con il rapimento del caporale Shalit e l’aggressione armata di hezbollah dal Libano e con basi anche in Siria e Iran, con una offensiva militare che ha purtroppo prodotto 360 morti e 4000 feriti, un disastro che rischia di ripetersi ancora, con il rischio di coinvolgere anche le inutili forze d’interposizione, fra cui gli italiani … ).

    2) “Consentire il ritorno dei profughi”, come butta lì al finestrone il sig. D’Amico, con riferimento alle famose “molteplici risoluzioni dell’Onu “, significa consentire a una pretesa palestinese di “ritorno dei profughi all’interno di Israele” in contraddizione con un processo di pace basato sull’accettazione di entrambe le parti di creare “due stati per due popoli”.

    Se infatti si spende come fa il D’Amico il gettone Onu e si cede sul punto e il mito “ritorno dei profughi” ( “profughi” mantenuti apparentemente e in maniera spettacolare tali dagli stati arabi per più di 40 anni, resi cioè vittime del vittimismo organizzato ) lo stesso Stato d’Israele sancirebbe la sua distruzione. Il che è assurdo.

    Tanto più che la pretesa di immettere milioni di “profughi” in Israele si accompagna con il mito religioso islamista della Gerusalemme ( al Aqsa) musulmana dalla pre-eternità e fino al Giudizio universale, oltre che con la pretesa che Israele, prima di essere “buttata a mare”, si ritiri sino all’utimo centimetro entro le linee del 1967, quando fu attaccata da numerosi stati arabi e per fortuna o sventura vinse la guerra.

    3) La critica che esprimo verso Veltroni, Prodi, Diliberto , D’Alema ed altri nostri governanti, nella maggior parte dei casi di estrazione comunista, non è un sospetto generico e non ha bisogno di “abbondare”, come di solito farei, “con citazioni a suon di link e fonti varie”: infatti questi politici esprimono spesso e volentieri continue critiche allo Stato e al Governo d’Israele. E sono – sia pure in misura diversa e con diversi accenti – se non degli “antisemiti progressisti”, fortemente sbilanciati dalla parte dei cosiddetti “resistenti palestinesi” e della loro propaganda – il che non aiuta per niente l’avvio di un processo di pacificazione che per essere davvero tale non può basarsi che su una leale politica di riconoscimento reciproco e specialmente di compromessi reciproci. ( Quello che trovo inquietante è che nel vocabolario dei dirigenti politici e religiosi palestinesi, così come nella lingua araba e forse non a caso anche nell’ utopica ideologia comunista antimperialista fondata sul dogma terzomondista della “lotta dei poveri-fanatici contro i ricchi-imperialisti ” , non esiste la parola “compromesso”, oggi più che mai necessaria alla pace, sia pure una fragile, piccola ma preziosa pace).

    Un saluto a tutti.

    P.S. A proposito delle ” pantomime di certi talk show dove gli invitati a gettone danno sfoggio di se’ stessi”. Ho abitato a Gaza – per breve periodo, due anni fa – e non mi chiamo Di Martino ( come riferisce l’anonimo che insiste nel chiamarmi pure “mio caro amico”- continuando tuttavia a dirmi che di chiuso non avrei solo il naso, che sarei praticamente un ottuso ammiratore di “fetenti” marines e israeliani falsamente democratici simili ai nazisti e uno bisognoso di darsi una regolata, in modo da accordarsi al diapason delle sue stronzate ).

    P.P.S. Tutto ciò – ovviamente “per buttarla lì” dicendo “più o meno” di quello che dice D’Amico- ,” aldilà del fatto che certi battibecchi stile penna e fioretto risultano alquanto ridicoli”. Rida chi può.

  16. anonimo scrive:

    Le dirò amico mio che lo avevo intuito che lei a Gaza ci fosse andato, e credo anche che lei sappia l’arabo, forse l’ebraico, si sia studiato la cultura musulmana e la situazione medio orientale. E sono convinto che ci abbia anche scritto dei libri.

    Ma le dirò anche una cosa. Conosco moltissimi italiani che sono nati e vissuti in Italia , italiani al 100%, anche intellettuali e studiosi, ma che di quello che succede non capiscono una emerita minkia.

    Semplici depositi di dati che mancano del tutto di un criterio di interpretazione e soprattutto mancano di cuore e di testa.

    A proposito, se torna a Gaza, mi saluti padre Manuel Musallam che di sicuro conoscerà.

  17. giannidemartino scrive:

    Non ho conosciuto padre Manuel Musallam, ma so che è il parroco della chiesa della Santa Famiglia a Gaza, e che si prende cura della povera gente. Nel conflitto con Israele e tra le fazioni palestinesi, specialmente dopo la vittoria dei fondamentalisti di Hamas alle elezioni, a soffrire è soprattutto la povera gente.

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