Le parole sono venute

 LE PAROLE SONO VENUTE


Ho sentito spesso Mallarmé parlare del potere della pagina bianca – potere generatore. Ci si siede davanti alla carta vuota. E qualcosa si scrive, si fa – ecc.”

Paul Valéry




" Avete bisogno di parole?"

William Burroughs


Ben vengano le parole, di notte, di giorno, articolando un verbo, simulando un lampo e annodando il tempo! Spesso esse vengono e ci consegnano in cura un Octopus che invece è una cometa, come se fossimo i piccoli ansiosi di qualche leggenda malata; e ridono ridono della svista lanciando le stelle, le onde e il cuore in qualche azzurro scarabocchio.

Nelle parole, allorché si avvicinano come piovendo da una immensa distanza, sembra non esserci alcuna festa perduta; e ve ne sono di più innocenti che talvolta v’impediscono di parlare, e altre più capricciose che minacciano di farvi la festa e vi chiedono l’epitaffio.

Spesso le parole sembrano tiranne.

Alcune si levano nel vento della vallata immensa che soffia nei polmoni, e sembrano volere andare chissà dove ispirando un senso di partenza all’alba, di freschezza, di marcia e di conquista; poi ritornano da molto lontano come disertori, tanto che la terra non sembra più essere la terra, e la luce che colpisce la pupilla non sembra più essere la luce ( come se l’aria fosse stata appena ripulita da ogni forma di vita – sì, perfino la mia stessa mano e il mio stesso piede… ).

Ben vengano le parole, di notte, di giorno, ma non a loro piacimento! Il sabba della scrittura. Il lavoro di una forza estrema, d’accordo. Ma se qualcuna di voi parole mi opprime, io mi ribello. Va’ da sé.

Non saranno certamente loro, le parole, a rivelarmi quello che non so. Vi sono parole che volano via, facendo sberleffi : " Ah mi butto, mi butto! Ma insomma, ho il mio orgoglio!". E altre che mugolano e che non bisogna liberare – qualsiasi cosa dicano i vecchi e nuovi maniaci della dèrive, questa idiozia – ma incatenare ancora più fortemente.

Cosa togliere? Cosa mettere? Un lavoro immenso. Vi sono parole che bisogna cancellare, cancellare tutte le brutte parole dal nostro vocabolario: quelle parole che ci fanno sentire tutti cattivi, stupidi e depressi come quando s’indossa un vecchio cappotto.

Intanto, arrivano altre parole che s’arrampicano, strisciano, giocano nel caos natale degli inchiostri e fanno "fort-da" con voce di prima infanzia; subito poi corrono con il piccolo Hans a nascondersi sotto il lettino, in uno scalpiccio di piedini.

Uscendo da questa o da quella parola, nel buio, a ogni frase compiuta, nella morte dello spazio bianco a scrivere, a scrivere per decreto fatale e smettere per non arrivare alla paura della morte?

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