Addio a Hilberg

ADDIO A HILBERG, STORICO DELLA DISTRUZIONE DEGLI EBREI IN EUROPA

I media hanno diffuso in ritardo la morte (avvenuta il 4 agosto, all’età di 81 anni) dello storico americano Raul Hilberg, lo studioso dello sterminio europeo degli ebrei che per primo, nel 1948, iniziò a parlarne dando alle stampe La distruzione degli ebrei d’Europa (pubblicato in Italia da Einaudi , a cura di Frediano Sessi).

In quel tempo, si trattava di un argomento tabù anche nella comunità ebraica e Hilberg vi dedicò la vita proprio per protestare contro quel silenzio e per ricostruire il meccanismo, il “come” del genocidio degli ebrei in Europa, descritto come un processo di messa a morte razionalizzato.

"La distruzione degli ebrei d’Europa non è stata l’opera di una piccola banda di criminali incalliti. Vi era implicata tutta una società… Dopo la fine del processo di Norimberga, e la designazione di qualche colpevole, nessuno più voleva parlarne. Ma io avevo il desiderio di sapere quello che era accaduto”, raccontava.

Altre sue opere sull’argomento sono state: Esecutori, vittime, testimoni (1992), La politica della memoria (1996), Olocausto: le fonti della Storia (2001)[Vedi rassegna libraria voci dalla Shoah su :http://www.gliscritti.it/approf/shoa/sh_doc/vocap01.htm].

Raul Hilberg ha ricevuto gli onori del governo tedesco per l’insieme delle sue opere; e dal 2005 era membro dell’Accademia americana delle arti e delle scienze.

La solitudine, la determinazione e il coraggio dell’uomo e dello storico hanno avuto ragione sul silenzio e la cattiva coscienza sull’innominabile delle democrazie d’Europa in uno dei periodi più oscuri di una storia che non ha ancora chiuso bottega.

A proposito della strutturazione dell’Europa e della continuità degli odi che il nome di Juif ( ebreo) ancora suscita in Europa, specialmente fra gli antisemiti illuminati & progressisti, tre anni fa è uscito in Francia un libro sconvolgente di Jean-Claude Milner: Les penchants criminels de l’Europe démocratique , éditions Verdier.

L’autore, noto linguista e filosofo, ex maoista, frequentatore dei testi lacaniani, argomenta che la distruzione degli ebrei in Europa è anche la distruzione del giudaismo portatore di un legame con il sapere e la sua trasmissione. Questo segno, questa impronta ( marque) della pura differenza, della legge, pone dei limiti in riferimento al padre che l’Europa illimitata ignora con passione. Ignoranza che la rende sorda all’imprimatur di questa impronta che distingue e riunisce, tra differenza e filiazione, i quattro termini della famiglia umana: uomo/donna/genitori/figlio.

L’ Europa postmoderna in cui tutto è “relativo” e tutto si trasforma detesta i limiti posti al sesso, al sogno, al caos vitale che gli ebrei non hanno mai cessato di ritracciare e di trasmettere di generazione in generazione, tramite lo studio e il rapporto con la Legge. Ecco perché, secondo Milner, « l’antiebraismo sarà la religione naturale dell’umanità a venire ».

« Da Durban a Parigi », dove il desiderio della “scomparsa d’Israele” ( continuazione della volontà di distruzione e di sterminio, in quanto Israele ha preso il posto del nome giudeo-ebreo) si esprime nelle forme della pace sognata dai burocrati per l’Europa, nelle forme del djihad per i musulmani.

SOLO I BOIA HANNO UNA VEDUTA D’INSIEME”

« Hilberg – scrive Giulio Meotti – era un clinico della distruzione, l’unico in grado di penetrare il micidiale processo di esproprio, ghettizzazione, deportazione, morte e occultamento degli ebrei. Una sequenza che visse sulla pelle. Nel 1993 tornò a Vienna e nel suo appartamento abitavano ancora i cittadini della buona borghesia viennese che lo avevano sfrattato. Lesse tonnellate di documenti sulla revoca delle case e il blocco dei fondi. Diceva che “solo i boia hanno una veduta d’insieme”, così prediligeva i documenti tedeschi. Scoprì che gli ebrei diretti a Treblinka si pagarono il viaggio verso la morte. Svolgeva un lavoro da formica, nell’ombra. Il suo editore, Eric Vigne, oggi dice che “la sua vita è la sua opera”.

Era contrario a fare del negazionismo un crimine da aula di tribunale: “Non sono d’accordo con quelle legislazioni che rendono illegale ogni pronunciamento secondo cui non ci fu alcun Olocausto”. Detestava la spettacolarizzazione dell’Olocausto, la memoria trasformata in museo, resa oblio. L’unico pellegrinaggio possibile sarebbe contemplare, di tanto in tanto e con malinconia, un cielo di temporale […]

Raul Hilberg aveva una sola passione, la musica: “Poiché mi occupo della peggiore distruzione, ho bisogno di un contatto nella mia vita con l’arte più grande”. Sapeva di parlare anche a nome di chi non si era salvato. Come ha spiegato Lanzmann, i sopravvissuti non dicevano mai “io”, ma sempre “noi”, formavano una catena invisibile. Hilberg ci piace ricordarlo così, come il portavoce dei morti.» (Dall’articolo di Giulio Meotti, da Il Foglio del 10 agosto 2007).

Anselm KIEFER, Twilight of the West [Abendland] 1989

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