Georges Lapassade in Marocco ( 3 )

GEORGES IN MAROCCO ( 3 )
Tracce di un movimento culturale ( 1969- 2008)
Il primo festival musical d’Essaouira ebbe luogo alla fine dell’estate del 1980 e Georges partecipò attivamente alla sua organizzazione e al colloquio sulla musica popolare. Nel 1982, creò con Lakhdar la rivista "Transit", nella quale vennero pubblicati gli atti del Colloquio musicale del primo festival e poi, in un secondo numero, edito all’Università di Parigi 8, i risulati dell’inchiesta del 1981. Altre inchieste etnografiche seguirono, tra le quali quella di Abdelkader Mana presso i Regraga della regione di Essaouira. Con la morte prematura di Lakhdar, nel 1989, che nel frattempo era diventato Direttore del Museo di arti popolari, il rapporto privilegiato che aveva potuto stabilire con la regione di Essaouira sarebbe finito se Frédéric Damgaard non gli avesse aperto la sua galleria.
Fu solo nel 1975, che, grazie a e ad alcuni suoi studenti, Georges potè assistere a una cerimonia ghnaua completa. Il rituale si compone infatti di due parti: la prima musicale, accessibile a tutti, la seconda, dopo l’incensazione dello spazio rituale, con vere e proprie possessioni terapeutiche. A impedire l’ingresso era il fatto che in Marocco, a differenza della Tunisia laica di Bourghiba, le moschee sono proibite ai non-musulmani. Ora, poiché il rito ghnaua, che contiene elementi africani e marabutici del sufismo popolare, ha a che fare con l’islam, c’erano non poche difficoltà per entrare in una zaouia ( santuario ) o a casa dei musulmani che praticavano il rituale per motivi terapeutici. Anche l’ostacolo etnico in etnografia e altrove fu oggetto delle indagini di Georges Lapassade. Specialmente dopo la prima guerra del Golfo, e poi con l’11 settembre, quando la tanto celebrata “convivialità” del Marocco fu messa a dura prova dall’irruzione sulla scena mondiale del terrorismo che si proclamava, a gran voce, di matrice islamica.
Nell’estate del 1975 Georges era venuto a Essaouira per un’inchiesta alla quale, oltre ad Abdarrani Maghnia, Hussein Miloudi, Abderrhamane Kirrouj e Boujemaâ Lakhdar, partecipavano anche alcuni italiani: il sindacalista milanese della CISL Marco Tamborini e due psicologhe fresche di laurea: Mariella Seminara e Rosamaria Vitale. Incontrata per la prima volta con Georges al Cafè de France, Rosamaria divenne  mia moglie nel 1976, quando tornai a Milano dopo circa dieci anni di Marocco e ci stabilimmo in via Trivulzio con i due figli avuti nel frattempo, Karim e Gianluca. Georges veniva a trovarci, i ragazzi lo chiamavano zio Georges. Aveva molte famiglie, la sua famiglia erano gli amici…
Da allora, dalla scoperta di questo piccolo porto nell’estate del 1969, fino a quando la malattia non glielo ha impedito, Georges tornava ogni anno a Essaouira e nella regione, contribuendo al riconoscimento di un patrimonio culturale ormai diventato una risorsa, anche turistica, della regione. Ormai la celebrità dei Ghnaua, sia pure folklorizzati, è tale, che tutti conoscono Essaouira. I testi di Georges Lapassade sul Marocco dal 1969 al 1998 sono stati raccolti in un libro intitolato Regards sur Essaouira ( Marrakech, Traces du présent, 2000). Vi hanno contribuito Jean-Francois Robinet e Frédéric Damgaard, e per il loro lavoro d’archivio e il loro contributo Abdelkader Mana e Abdelkabir Namir, ricercatori marocchini iniziati da Lapassade ai metodi etnografici di ricerca in scienze dell’educazione e scienze sociali. L’ultimo libro sulla cultura di Essaouira , un diario sulle tracce della confraternita dei Regraga, D’un marabout l’autre (Atlanta Transhumances, Biarritz, 2000, fotografie di Frédéric Damgaard),  gli è valsa una lettere di ringraziamento di S.M. Mohamed VI. “ Quest’opera – scrive il re del Marocco a Georges Lapassade – oltrepassa il quadro di un semplice diario etnografico per iscriversi in un’analisi profonda del fatto sociale e religioso di Essaouira”. E aggiunge: “ La vostra presenza sul terreno, e l’indubitabile amicizia che vi anima nei confronti del Marocco e in particolare di Essaouira, sono altrettanti elementi che hanno donato al vostro lavoro tutta la sua forza e quintessenza”. Caro Georges Lapassade, che volevi essere accolto e ci accoglievi come voleva il cuore. Chissà cosa avrai pensato di questa buona parola che suona più che come un semplice riconoscimento ufficiale come una specie di riparazione per tutto quello che l’istituzione ti ha fatto passare. Eccoti finalmente tornato a casa, sano e salvo. Senz’altro, “la buona parola reale” ( come osserva Namir ) avrà confortato il cuore di Georges Lapassade, che la malattia, alla fine della sua lunga carriera, impediva di ritornare in Marocco e a Essaouira che ha tanto amato, alla ricerca di una fraternità che sembrava perduta.
 
Qualche riferimento bibliografico
Benachir, Bouazza, Négritudes du Maroc et du Maghreb. Servitude, cultures à possession et transthérapie, préface de G. Lapassade,  L’Harmattan Paris 2001.
Abdelkader, Mana, Les Regraga, Eddif Maroc, Casablanca 1998.
Lapassade, Georges, , « Essaouira, ville à vendre », in Lamalif, n° 33, Casablanca 1969.
Lapassade, Georges, Gens de l’ombre, Transes et Possessions, Anthropos, Paris 1982
Lapassade, Georges, L’ethnosociologie, Paris: Méridiens-Klincksieck,1993.
Lapassade, Georges, , « Notes sur l’histoire de Mogador », in Traces du Présent, n° 2-3, Marrakech 1994
Lapassade, Georges, , « Les Gnaoua d’Essaouira, thérapeutes de la différence », in Africultures, Paris : L’Harmattan, octobre1998.
Lapassade, Georges, Sabba negro, Moizzi, Milano 1978
Lapassade, Georges, Dallo sciamano al raver. Saggio sulla transe, Urra-Apogeo, 1997/2008.
 Nella foto: Georges Lapassade e Gianni De Martino, Essaouira 1994 ( foto di Rachid Boufthi)
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2 risposte a Georges Lapassade in Marocco ( 3 )

  1. anonimo scrive:

    grazie,caro gianni, anche se non ho il piacere di conoscerti, dell’onore che mi hai fatto inserendomi nella pagina dedicata al nostro GEORGE

    mariella seminara

  2. anonimo scrive:

    a distanza di tanti anni ho ancora negli occhi la tua immagine, nelle orecchie la tua voce, nella mia mente i tuoi insegnamenti senza parole,quelli che più incidono nel flusso della vita

    mariella seminara

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