Strategia del ragno

ARACNOFILIA
 STRATEGIA DEL RAGNO
Arachne
Al ritorno a casa da un lungo viaggio, mentre mi spingo  in un angolo a scrivere, sollevo gli occhi dallo schermo del pc e scorgo sul soffitto una piccola ragnatela.
Quando vedo una tela di ragno, non oso mai toglierla. Penso sempre vedendola al lavoro di Aracne, questa sventurata fanciulla di Lidia che osò superare Atena nell’arte della tessitura e, per aver sfidato il Potere con la sua fragile arte, fu trasformata in ragno.
Cosa aveva fatto, sfidato gli dèi ? Di più, aveva dato prova di libertà creativa. Mentre infatti Atena con la sua tela aveva rappresentato in maniera convenzionale le grandi imprese divine,  Aracne invece aveva raffigurato gli amori di alcuni dei, svelando le loro colpe e i loro inganni. Quando il lavoro fu completato, la stessa Atena dovette ammettere che la tela di Aracne aveva una bellezza che mai si era vista, ma  non tollerando l’evidente sconfitta della Doxa imperante e il fatto che l’arte venisse meno al suo compito di difesa sociale e delle istituzioni, con rabbia afferrò la tela della rivale e la stracciò in mille pezzi.…
Lacerante esperienza.  Dopo un momento di afasia,  pensando ad Aracne e al suo desiderio dissidente, ti vedi alzarti dalla sedia e andare verso la libreria per cercarvi il libro di Ovidio : 
« …. non tulit infelix laqueoque animosa ligavit guttura: pendentem Pallas miserata levavit atque ita "vive quidem, pende tamen, inproba"  dixit, " lexque eadem poenae, ne sis secura futuri, dicta tuo generi serisque nepotibus esto! "  Post ea discedens sucis Hecateidos herbae sparsit: et extemplo tristi medicamine tactae defluxere comae, cum quis et naris et aures, fitque caput minimum; toto quoque corpore parva est: in latere exiles digiti pro cruribus haerent . » 
 [La poveretta non lo tollerò, e corse impavida a infilare il collo in un cappio. Vedendola pendere, Pallade ne ebbe compassione e la sorresse, dicendo così:” Vivi pure, ma penzola, malvagia, e perché tu non stia tranquilla per il futuro, la stessa pena sia comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti!” Detto questo, prima di andarsene la spruzzò di succhi di erbe infernali, e subito al contatti del terribile filtro i capelli scivolarono via, e con esso il naso a gli orecchi; e la testa diventa piccolissima, e tutto il corpo d’altronde s’impicciolisce. Ai fianchi rimangono attaccate esili dita che fanno da zampe. Tutto il resto è pancia. ma da questa Aracne riemette del filo e torna a rifare – ragno – le tele come una volta ». ( Metamorfosi, VI ) ].
Ricordi una illustrazione di Gustav Doré che da bambino ti faceva paura: quella di Aracne citata da Dante nel Purgatorio… E cerchi l’immagine su Google ( “Google è il ragno della rete”).
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Aracne è raffigurata ai piedi di Dante e di Virgilio, e – come il testo di cui parlava Roland Barthes –  sembra dire al suo lettore : « Sono tua, possiedimi ».
Poi ricordi che Aracne è citata pure  da Virgilio nelle Georgiche,  da Boccaccio nel De claris mulieribus, da Giambattista Marino nella poesia “Donna che cuce”, e non so da chi altro… Kafka ? No, era Gregorio Samsa… quella strana bestia non era un ragno ma una specie di millepiedi o scarafaggio ( "un insetto mostruoso").
 Ormai prigioniero dello strano desiderio di scrivere, inizia una vera e propria strategia del ragno, come se fossi “posseduto” dalla figura di Aracne – l’industriosa madre della tappezzeria, della tessitura, del testo…  
Del testo ? Il riferimento al Piacere del testo è quasi automatico : «  ‘Testo’  vuol dire ‘Tessuto’; ma laddove fin qui si è sempre preso questo tessuto per un prodotto, un velo già fatto dietro al quale, più o meno nascosto, sta il senso (la verità), adesso accentuiamo, nel tessuto, l’idea generativa per cui il testo si fa, si lavora attraverso un intreccio perpetuo; sperduto in questo tessuto – questa tessitura – il soggetto vi si disfa, simile a un ragno che si dissolva da sé nelle secrezioni costruttive della sua tela. Se amiamo i neologismi, potremmo definire la teoria del testo come una "ifologia – hyphos, è il tessuto e la tela del ragno » (Barthes,  Il piacere del testo ).
Se la teoria del testo sarebbe « ifologia », allora potremmo definire la letteratura come una forma di aracnofilia… Una battuta, perché no ? Evidentemente – dici a te stesso, per tranquillità –  il desiderio che fa scrivere e generare un testo è altro da quello che fa parlare ;  e indietreggi davanti alla confessione di considerarti un… tarantato.
 Insomma, l’atto dello scrivere è caso e causa di un certo sdoppiamento di sé. E pare che le parole abbiano, come ragni, preso possesso del corpo che lo scrive… Ecco, non sapendo cosa dire ti metti a scrivere…di ragni, di mosche , di virus.  E tuttavia la tentazione delle parole, il piacere di farne il testo, preesiste.
Barthes direbbe che a prendere possesso del corpo è la lingua. Una lingua che preesiste, che viene prima del soggetto scrivente. La lingua sarebbe il vero autore del testo, della fragile ragnatela di parole. Di contro al diktat e alla seriosità della lingua, che è fascista e si prende per il verbo o la natura in persona, Barthes intravede la possibilità di ribellarsi giocando con la lingua. Naturalmente il truffatore della lingua arriverà a godere di uno sfiguramento, « uno sfiguramento della lingua », e l’opinione pubblica, se non «  pubica », griderà allo scandalo, « perché non sta bene sfigurare la Natura ». Sfigurare L’anatura ? Proseguendo nella sua opera di demolizione, R.B. affermava che il testo dice al suo lettore: «Sono tuo, possiedimi».  Così, s’instaura una specie di rapporto amoroso, un certo tipo di rapporto affettivo, quasi maniacale, con il testo-corpo. 
Si tratta, nello stesso tempo,  di una sorta di rivolta dell’individuo contro le strutture sociali che regolano il foucaultiano ordine del discorso, contro le istituzioni letterarie che regolano la distinzione tra buona e cattiva formazione del testo e, infine, rivolta contro la langue intesa come obbligo a scegliere “un linguaggio” come contrassegno identitario
E’ il sogno di “una storia patetica della letteratura”, di contro alla gestione tecnica, prudente, informata del patto critico, ammantato di dubbi etici, teoria dei generi letterari e sociologia della letteratura. Insomma, a garantire la verità di una lettura non resterebbe altro che il piacere
Qualcosa, del testo, penzola. Dissimulate, esili dita che fanno da zampe e un resto di pancia attendono… In attesa di quale mosca ? Del lettore-modello, evidentemente. Insomma, il famoso « transfert ».
Perché scrivo? Perché ho letto, certo, ma anche per fare qualche prigioniero nello scritto ( come Don Chisciotte della Mancia che, vittima dei libri, romanzi di cavalleria, si convince di essere « chiamato » a diventare un cavaliere errante ; e si mette quindi in viaggio per difendere i deboli e riparare i torti – trascinando con sé un contadino del posto a fargli da scudiero).
Eccoci  dietro quella puttana di  letteratura, se non in piena letteratura, tra l’ordito e la trama di un testo. In attesa di Aldonza Lorenzo, cioè Dulcinea del Toboso, e di segni, in attesa dei segni… come un semiologo che gioca a prendere il lettore per i fondelli o un ragno avviluppato e nascosto dietro la sua ragnatela. “Avete bisogno di parole?”.  La tela di Aracne vi aspetta. E vi mette in gioco nella vita così come nella scrittura.
 « Sarebbe bello inventare una nuova scienza linguistica; questa non studierebbe più l’origine delle parole, o etimologia, né la loro diffusione, o lessicologia, ma il progresso della loro solidificazione, il loro ispessimento lungo il discorso storico; questa scienza sarebbe senza dubbio sovversiva, manifestando molto più che l’origine storica della verità: la sua natura retorica, di linguaggio » (Barthes,  Il piacere del testo ).
Ecco un’occasione per mostrare dove si può andare sul cammino della scrittura e i suoi trucchetti : non solo verso altre scritture, ma anche verso il lettore-modello che non esiste ( o non risponde ),  e finalmente verso quel  « vuoto » che sarebbe alla fine della catena dei significanti. Insomma il « gorgo vuoto » del godimento scrittorio. A queste condizioni, « il testo non è mai dialogo :esso istituisce in seno al rapporto umano, corrente, una sorta di piccola isola, manifesta la natura asociale del piacere” (R. Barthes).
Il gioco con la lingua-madre ( il ragno sarebbe il simbolo della madre ) e il piacere del testo comportano una specie di asocialità, come se oltre il testo, questa piccola isola o imbuto del privato, non ci fosse una storia, un contesto, un  pubblico, non ci fosse più niente. Nella sfida al dèmone dei grandi sistemi teorici ( o semplicemente del « sistema », come si diceva ai tempi di Barthes),  la soluzione ludico/narcisistica antagonista non è priva di insidie, d’ingannevoli fascinazioni e di pericoli. Non solo Minerva potrebbe in qualsiasi momento strappare la tela, ma forte e terribile potrebbe essere la tentazione, se non il richiamo del nulla e della morte.
A volte le parole riempiono i buchi, come fa la morte. Altre volte tessono tra presenza e assenza un intreccio perpetuo, come Aracne penzolante con esili dita e quasi persa, dissimulata , se non proprio « dissolta » nel suo tessuto. Non a caso, zio William Burroughs, quando si sentiva  “invaso” dal “virus del linguaggio" si chiedeva  chi avesse preso il posto della « carne che scompare ». Le parole, che altro ?
 Forse per questo gli Alchimisti suggerivano di strappare i libri, tutti i neri libri di Alchimia, prima che ci venisse strappato il cuore ( frangite o rumpite libros ne corda vestra rumpantur).  
Non ditemi che l’Arte è una via d’uscita. Solo all’uscita dalla rete vuota, ci si accorge, talvolta, di avere ancora naso, orecchio e mano. E nella mano che prima scriveva, un bel pugno di mosche…Magari saranno anche mosche bellissime, non di città, ma mosche marine, saline, iridiscenti arcobaleni. In ogni caso, sempre mosche sono. Non ditemi che la bellezza salverà il mondo.  « La letteratura non salva, mai », diceva l’amico letterato P.V.T. E Rimbaud, avendola trovata amara, un giorno, all’alba, prese la bellezza sulle ginocchia, e giustamente le diede tante sculacciate.
Può anche capitare di avere la sensazione, se non la concreta percezione, che il famoso labirinto sia un guscio di chiocciola schiacciato tra le dita.  
Il vero autore ( che forse non esiste ) sarebbe al di fuori del linguaggio e di quell’ oscuro guscio di chiocciola o luminosa ragnatela che, per tranquillità, chiamiamo testo.Tuttavia, non perso o disfatto nella tessitura, un soggetto che non è lo scrivente conserva la sua parte.
 Evidentemente  al desidero ( che « non è una cosa semplice» ) , non basta la libertà linguistica ( anche se è importante). Non basta neanche una certa felicità espressiva  nel « truffare la lingua » e concepire la letteratura esattamente come « questa truffa salutare che permette di concepire la lingua al di fuori del potere, nello splendore di una rivoluzione permanente del linguaggio » ( Barthes).  Rivoluzione permanente, splendida nell’immaginazione dei trotskisti, come quella sognata dal marxismo del secolo scorso.
Oggi – all’alba dei crac e delle disillusioni cocenti,  nell’epoca della gestione ottimale dei bisogni – si desidera dell’Altro, o forse non si desidera affatto ;  e ci si accorge che mancano le parole per dirlo. Forse per questo, o anche per questo, oggi uscire dal silenzio, così come ritornarvi, non è facile.
E in casa, durante il viaggio, in ’assenza del padrone di casa  si formano ragnatele : fragili ragnatele  che, per il rispetto che si deve all’indocile Aracne, non oso togliere.
 
 Immagine
Die Lydierin Arachne ist eine Meisterin der Webkunst.
(John William Waterhouse, 1916)
 
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2 risposte a Strategia del ragno

  1. ruspaccio scrive:

    IMMIGRATI, PROPOSTA LEGA CHE COMPORTA NO AD ASSISTENZA SANITARIA E’ PERICOLOSA PER LA SALUTE. OLTRE CHE FIGLIA DELLA STUPIDITA’ E DEL RAZZISMO. MALATTIE ED EPIDEMIE SONO DEMOCRATICHE.

    Le politiche discriminatorie, segregazioniste e di vero e proprio apartheid della Lega le pagheranno tutti i cittadini, italiani ed extracomunitari. Vale per l’aberrazione delle classi differenziate, che – se introdotte – impediranno una vera integrazione tra bambini italiani ed extracomunitari, vale a maggior ragione per la folle idea di sottrarre a cure sanitarie i cittadini immigrati, clandestini e irregolari in testa, come la Lega propone con un emendamento presentato al Senato per modificare il Testo unico sull’immigrazione.

    La ratio di tale provvedimento è di chiara, facile e immediata comprensione per tutti, eccetto che per i leghisti: impedire il diffondersi di epidemie e malattie non controllate. Solo dei deficienti possono davvero credere – e pensare di introdurre per via di legge – che una parte della popolazione presente sul territorio nazionale non debba essere curata. Anche perché, se fosse così, si metterebbe in pericolo un’altra parte della popolazione, quella dallo schietto sangue italico.

    Epidemie e malattie, però, proprio come il propagarsi della stupidità umana, non conoscono frontiere e barriere, sono invece “democratiche”. La stupidità e il razzismo della Lega vogliono, in questo modo, mettere a repentaglio la salute di tutti, italiani e non. Gli immigrati, con una norma del genere che ne causerebbe l’immediato espatrio, non vorranno più farsi curare per paura di essere rimpatriati, gli italiani vedranno messa a repentaglio la loro salute, le strutture mediche e sanitarie pubbliche non potranno più monitorare la situazione sanitaria delle nostre città.

    Insomma, un disastro. Un disastro che solo la mente stupidamente razzista e ottusa degli esponenti della Lega Nord poteva escogitare.

  2. giannidemartino scrive:

    CLASSI SEPARATE PER I BIMBI STRANIERI? NO DAVVERO.

    SI TRATTA DI MISURE DI BUON SENSO.

    di Antonio Palmieri

    ” Ieri abbiamo votato in aula la mozione relativa all’accesso degli studenti stranieri alla scuola dell’obbligo. E’ stato un dibattito convulso, teso, impegnativo.

    Purtroppo negli interventi della sinistra si è scelta la strada più facile: accusarci di essere razzisti, di voler segregare i bambini immigrati, di non volere l’integrazione degli stranieri in Italia.

    E oggi molti giornali accreditano questa tesi, con titoli tipo quello del Corriere della sera: ‘Sì alle classi separate per stranieri’.

    Partiamo dalla realtà. La situazione nelle scuole italiane è questa. Nel corso di tutto l’anno scolastico vengono inseriti nelle classi bambini stranieri che non sanno una parola di italiano. Poichè essi provengono da Paesi molto diversi tra loro, ciò crea una vera babele di linguaggi. La classe si blocca perchè è evidente che non solo l’insegnamento ma anche l’ordine in classe e la condivisione dei basilari principi di educazione sono resi impossibili dal fatto che buona parte della classe non è in grado di capire la lingua.

    Il risultato è che nè i bambini stranieri, nè quelli italiani nè i bimbi stranieri che già conoscono la lingua imparano qualcosa.

    Poichè non è pensabile avere per ogni singola classe insegnanti capaci di fare mediazione culturale parlando anche le lingue madri dei bimbi stranieri (per ogni classe dovremmo avere un insegnante che sa il cinese, uno che sa l’arabo, uno l’indiano, uno il pakistano, ecc.) la nostra mozione – che è dell’intera maggioranza, non solo della Lega – propone di cambiare rotta, in questo modo:

    a) proponendo un test che valuti se il grado di conoscenza della lingua italiana è sufficiente a rendere il bambino straniero in grado di apprendere.

    b) allestendo classi di inserimento, dove insegnare l’italiano ai bimbi stranieri che non lo sanno ancora assieme agli insegnamenti utili all’educazione alla legalità e alla cittadinanza.

    c) non consentendo ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, per un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole.

    d) prevedendo una distribuzione degli studenti stranieri proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri.

    Si tratta di misure di buon senso. E’ lasciare le cose come stanno che produce ignoranza, separatezza e ‘disintegrazione’ invece di integrazione vera”.

    Fonte:http://www.antoniopalmieri.it/?p=1053



    Non so se quella della Camera sia la soluzione a un problema di differenze reali(non inventate dalla Lega) tra bambini italiani che già conoscono l’italiano e figli d’immigrati che non lo parlano, ma è un fatto che senza la conoscenza della lingua italiana non si possono veicolare le lezioni, e che le “classi- ponte” potrebbero essere una prima soluzione. Del resto, le “classi-ponte” esistono anche in Francia, in Germania, in Spagna.

    Dar fiato alle fanfare, come fa la sinistra italiana, per predicare un egualitarismo astratto e accusare a gran voce il governo di ” politiche discriminatorie, segregazioniste e di vero e proprio apartheid della Lega”, non è molto produttivo. E suona anche piuttosto ipocrita, dal momento che – come ha osservato anche lo scrittore Sandro Veronesi – pare sia proprio il jet-set

    sinistramente “progressista & buonista” a mandare i propri figlioli alla scuola americana di Roma o dai Salesiani – magari per avere “migliori opportunità socio-educative”, come si dice in “pedagogese”.

    Quanto ai problemi causati alla sanità dagli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno, occorre affrontarli facendo salvi i più elementari doveri di umana solidarietà, senza per questo essere ipocriti. Invece di continuare a predicare – senza metterci del proprio – l’egualitarismo astratto, forse sarebbe meglio coinvolgere la Comunità Europea per regolamentare una situazione che crea allo Stato e alle regioni, cioè ai contribuenti, problemi e costi non indifferenti. Dando inoltre il “messaggio” che essere immigrati irregolari in Italia paghi e dia diritto a tutto, in nome di un ipocrita “volemose bene” generalizzato e della conseguente “disintegrazione” di ogni regola di civile convivenza.

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