Hamas, tecniche di morte

TERRORISMO PALESTINESE
TECNICHE DI MORTE
“I nemici di Allah non sanno che il popolo palestinese ha sviluppato proprie tecniche di morte e di perseguimento della morte. Per il popolo palestinese, la morte è diventata un’ impresa nella quale eccellono le donne, così come tutto il popolo che vive su questa terra. Gli anziani eccellono in questo, così come i mujahidin (combattenti della jihad) e i bambini. Ecco perché tutti costoro hanno formato scudi umani fatti di donne, bambini, anziani e mujahidin, allo scopo di sfidare la macchina del bombardamento sionista. È come se dicessero al nemico sionista: Noi desideriamo la morte, voi desiderate la vita”. ( Fathi Hammad , parlamentare di Hamas, alla tv Al-Aqsa,  29 febbraio 2008).
Queste tecniche islamiche di morte, oggi praticate a Gaza, mirano alla distruzione della propria vita e beni e di quelli altrui, secondo una logica paranoico-sacrificale. Furono sperimentate da Khomeini mandando centinaia di migliaia di bambini, i bassiji, a morire sui campi minati iracheni, durante la guerra contro Saddam Hussein, e prevedeno anche l’impiego di uomini-bomba. Secondo la logica degli estremisti islamici è bene uccidere gli Istraeliani ed è ancor meglio sacrificare i Palestinesi se questo può portare alla disperazione e alla fine di Israele.
Gaza, 23/12/2008 – Secondo responsabili della difesa israeliana, la maggior parte dei missili Qassam sparati dai palestinesi in questi ultimi giorni è stata lanciata da settori della striscia di Gaza a densità di popolazione molto elevata, alcuni anche da ospedali o scuole, il che rende estremamente più difficile per Israele attaccare le rampe di lancio. (Fonte: Israele.net)
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Stando così le cose, la difficoltà per Israele consiste nel difendere la propria popolazione  dai ripetuti lanci di razzi in territorio israeliano smantellando le rampe di lancio da Gaza senza fare il gioco dei terroristi. Dopo aver provocato Israele costringendola a difendersi dalle aggressioni che sta subendo, i terroristi  faranno di tutto per mostrare al mondo foto-simbolo delle sofferenze di Palestinesi più e meno innocenti, vittime del vittimismo organizzato. E’ questa la strategia e il calcolo perfido, cinico e malvagio di Hamas. L’ imprenditore di morte che ormai domina a Gaza, dopo il ritiro israeliano, è finanziato da quegli stati che, specialmente come Siria e Iran, vogliono distruggere Israele e quel poco di pace di chi in quella regione e nel  mondo ancora  ama la vita e resiste all’ombra di una possibile sciagura generale.
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Mi sembrano così drammaticamente attuali, ancora una volta, le seguenti parole di Freud, scritte nel 1929, alle soglie dell’ascesa sfolgorante, e pertanto non vista, di quell’altra impresa di morte che fu il  nazismo:
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“ Il comandamento ‘ ama il prossimo tuo come te stesso’ è la più forte difesa contro l’aggressività umana (…). Eppure, chi nella presente civiltà s’attiene a tale precetto si mette solo in svantaggio rispetto a chi non se ne cura. Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza! La cosiddetta etica naturale non ha qui da offrire nulla al di fuori della soddisfazione narcisistica di potersi ritenere migliori degli altri. L’etica che si appoggia alla religione fa qui intervenire le sue promesse di un aldilà migliore. Sono d’opinione che finché la virtù non è premiata sulla terra l’etica predicherà invano.” ( S. Freud, Il disagio della civiltà, 1929 ) .
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The Intelligence and Terrorism Information Center
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Una risposta a Hamas, tecniche di morte

  1. anonimo scrive:

    Si tratta della tecnica della “guerra disuguale”, che sfrutta i media occidentali contro l’Occidente. Purtroppo si tratta di una guerra prevalentemente ideologica, in cui la tecnologia militare superiore può anche perdere, perché la vittoria e la sconfitta avvengono sul piano delle idee e della propaganda, come ha evidenziato la Guerra del Vietnam, che gli USA hanno perduto anzitutto nei loro stessi media.

    Complimenti per il tuo blog, in cui vedo un pensiero non prigioniero.

    Fabio Brotto

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