La gestione della morte moderna

EUTANASIA

LA "GESTIONE" DELLA MORTE MODERNA
Nelle società arcaiche i vecchi e i malati che non riuscivano a morire in fretta venivano talvolta soppressi con un cuscino, oppure assestando un colpo di « su mazzolu » diretto alla fronte ( da cui, probabilmente, il termine accabadora, dallo spagnolo acabar, terminare, accoppare *). I parenti dei malati che tardano a morire, oggi non si accoppano più in casa come ai tempi pre-industriali dell’ Accabadora.
                       
 La morte, per quanto la si voglia immaginare « dignitosa », resta un evento devastante e schifoso, non bello da vedere. Neanche quando se ne occupa il personale specializzato in terminazioni. Non a caso l’ accabadora arrivava nella casa del cliente sempre di notte. Dopo aver fatto uscire i familiari che l’avevano chiamata, entrava nella stanza del « tardigrado » e faceva rapidamente il suo lavoro. Naturalmente per poter uccidere un essere umano occorreva preventivamente considerarlo non più « umano » e inventarsi qualche storia che lo rendesse « diverso ». Per esempio affermare che il vecchio o il disabile  non riusciva a morire a causa del « malocchio » e che l’intervento dell’accabadora lo avrebbe « liberato ».
 
I familiari del malato erano grati alla buona missionaria che li aveva liberati da quello scomodo parente che altrimenti avrebbe tardato a morire, sottraendo loro soldi e tempo da dedicare al lavoro dei campi. Il servizio,  pare praticato ancora fino agli anni Cinquanta nella società patriarcale dell’antica Sardegna, era ripagato con i prodotti della terra o, nel migliore dei casi, a seconda della disponibilità della famiglia, con zucchero, caffè, farina, olio e pasta. Naturalmente non veniva chiesto alcun parere o una qualche autorizzazione a giudici e tribunali, perché quei primitivi ritenevano che la vita e la morte fossero questioni  troppo serie per affidarle al pronunciamento di sa giustizia.
 
 Questa considerazione ci riporta ai recenti, tragici eventi di questi giorni. Il Protocollo terminale per Eluana definito in base a un decreto della Corte di Appello di Milano non prevede, ovviamente, il cuscino, il « maltheddu »** o un colpo di pistola. Però la morte moderna per sottrazione di acqua e cibo nelle strutture di Servizio Pubblico per la Persona non è meno grave e orribile, fa solo meno rumore ed è meno veloce. Comunque se il « vegetale », come dicono, non si ostina a respirare dovrebbe essere una morte piuttosto silenziosa. Non lo è.

 Se portata prossima alla morte per disidratazione, la paziente può sviluppare una rumorosità da congestione bronchiale o da rilassamento del palato, comunemente nota come "rantoli di morte". Se questo disturba il papà, la famiglia o i nuovi operatori subentrati alle suore che l’hanno finora amorevolmente accudita come una figlia, la scopolamina o la difenidramina possono ridurre le secrezioni della paziente e quindi ridurre il rumore. Non si sa se  il “vegetale” può sviluppare irritabilità del SNC, con agitazione e irrequietezza, ma se del caso tali disturbi possono, come prevede il Protocollo terminale, essere alleviati dai sedativi. 
 Il neurologo dice, piuttosto infastidito da "certe follie che vengono dette in questi giorni, la prego", che il fisico è forte e che non si sa esattamente quanto tempo ci vorrà perché sopraggiunga la "dolce" morte.
 

Grazie al Progresso della medicina, della società e dei costumi, oggi l’ « omicidio per amore » si fa con l’autorizzazione  dello Stato e senza che i loquaci volontari per scopi umanitari ( i moderni eredi dell’antico mestiere dell’ accabodara ) debbano sporcarsi le mani. La pulizia è importante, anzi annunciano a gran voce che sia un requisito prescritto dal Protocollo. Insomma, i volontari della « buona morte » assicurano che non sarà uno schifo. E il dottor Da Monte che coordina la Procedura afferma che il paziente è diverso dalla persona che immaginiamo, perché sarebbe « già morto 17 anni fa ». Morto, e però "probabilmente in grado di resistere, dal momento della sospensione,  anche più a lungo dalla media".

 
Si dice che l’agonia a cui è stata avviata Eluana stia mobilitando le coscienze. O perlomeno quello ne resta in tempi in cui non sembrano esistere altro che condizioni demagogiche per la costituzione di una coscienza. E lo Stato resta quel mostro che è, un mostro freddo . Così, grazie anche a « decisioni istituzionali delicate o necessarie » , ovvero a « una scelta obbligata dalla Costituzione », pare che la gestione socialdemocratica della soppressione « umanitaria » dei cittadini tardigradi sia molto più « pulita », « umana » e « dignitosa » che nelle società arcaiche. Insomma, la morte entra nella gestione "ottimale" dei bisogni della gente. Uno slogan progressista potrebbe essere: " Per vivere meglio e liberi, moriamo felici !".
 
I volontari che per scopi umanitari venerdì mattina hanno avviato il percorso di morte di Eluana sospendendone l’ alimentazione e l’idratazione, assicurano gentilmente che la morte per disidratazione è « dolcissima ». Ma la morte, per quanto ne dicano i moderni eredi dell’antico mestiere dell’ accabodara, resta un evento devastante e schifoso. Speravamo fosse una morte veloce. Non lo è. ( Leggi le cronache degli ultimi  tragici eventi, per esempio l’articolo:  « Eluana è in agonia senz’acqua e cibo E ora nessuno vuol vedere che  » sul  Giornale). Questa gestione "ottimale" della morte moderna è uno schifo.
 
Chissà che in tempi di new age, di multiculturalismo e di ritorno dell’etnicità non ci sia qualcuno, magari qualche adepta del Sole che ride, a rimpiangere i tempi tribali o la civiltà delle accabadoras : quella specie di nere benefattrici che accarezzandoti e tenendoti stretto al loro seno ti davano  la pietosa rifinitura terminale.  
 
« Finitrice, signora. Ha bisogno del mio lavoro ? ».
 
Accadeva nelle società arcaiche, senza che ne parlassero i giornali, la tv e i blog. L’accoppatrice arrivava e andava via in punta di piedi. La porta di casa si chiudeva nella notte, ed era come se niente fosse avvenuto.
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Eluana Englaro: proteste e preghiere davanti alla clinica
 
A ricordare che la vita appartiene a Dio e ad opporsi alla liquidazione dei vecchi, dei disabili e dei più deboli restava, ieri come oggi, solo la Chiesa cattolica. ( « Non muta, con il trascorrere dei tempi – ha ricordato Benedetto XVI in occasione della 17a Giornata Mondiale del Malato – l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza ». Parola inascoltata, naturalmente, ieri come oggi. Chissà perché oggi la vita sembra così malata. E, come chiedeva profeticamente anche l’ateo sant’Antonino Artaud, « chissà chi ha imputridito persino l’idea di vita ».  Tanto è forte probabilmente l’assordante clamore di quel caratteristico odio per la vita che porta, anche oggi, a negare alla Chiesa e a chi osa parlare di vita ogni sapere sul bene.
 
 
  Note
 
* «  Il termine accabbadora deriverebbe da  accabbare che, nei vocabolari di lingua sarda, viene tradotto con porre fine, terminare, e accabbadu si riferisce spesso a persone o animali che hanno ricevuto il colpo di grazia. All’origine potrebbe esserci lo spagnolo acabar (“dare fine” e, alla lettera, “dare sul  capo”). Una radice comune, per un rito presente non solo in Sardegna: nel 1950 il ricercatore Georges Dumézil (Quelques cas anciens de liquidation des vieillards) proponeva di esaminare particolari casi di eutanasia che, come suggerito da fonti classiche, accomunavano diversi popoli come i sardi, i cantabrici e i sarmati (tribù nomadi iraniche provenienti dall’Asia centrale che si stabilirono ai confini orientali dell’impero romano)… ». Da PeaceReporter – La ‘dolce morte’
 
 
 Immagini
(Sopra) Francisco Goya, Saturno che divora i suoi figli.
(Sotto) Manifestazione davanti alla clinica della morte "la Quiete" di Udine. Fonte: Panorama.it
P.S.
Eluana Englara è morta all’improvviso, in solitudine,  intorno alle 20.
"E’ morta all’improvviso – ha raccontato il neurologo  Carlo Alberto Defanti- ed è una cosa che non prevedevamo. Ha avuto una crisi improvvisa, sulla cui natura dirà una parola certa l’autopsia che era già programmata.
Eluana – ha riferito Defanti ( che in precedenza aveva affermato "ci sono pochi rischi fino a giovedì") -  ha smesso di vivere improvvisamente per subentrate complicazioni respiratorie: ha cominciato a respirare male, in maniera sconnessa fino all’arresto respiratorio. "E’ stato un arresto improvviso", conclude Defanti.
Insomma "l’hanno uccisa", come ha gridato qualcuno al Senato della Repubblica  beccandosi un iroso "sciacallo !" da sinistra  come porgendo l’altra guancia.
Giustizia è fatta! ( Pardon, l’hanno " accompagnata alla morte " in un quadro, piuttosto confuso e spietato,  di "legittimità giuridica" e ragion di Stato ).  Come dirà Il pg di Trieste: «Decesso nella routine».
Sembrerà una tempesta in e per un bicchier d’acqua. E’  la gestione socialdemocratica & ottimale della morte moderna, anzi post-moderna. Tra urla e silenzio, e infine, quasi vergognandosi, qualche preghiera. –  Riposi in pace).

 
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2 risposte a La gestione della morte moderna

  1. anonimo scrive:

    io non so se l’eutanasia sia una cosa sana o meno, se sia più o meno immorale, ma non mi sento neanche di dire che quello che è stato fatto ad eluana sia stato un torto… come se il fatto di averla tenuta in vita artificialmente (cioè indipendentemente dalle sue capacità) per 17 anni non fosse una forzatura altrettanto sconcertante. se accettiamo di poter interferire col corso naturale della vita, dobbiamo essere consapevoli che dovremo decidere quando iniziare e quando smettere.

  2. anonimo scrive:

    La vita non appartiene a Dio!!!!!!

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