Il mio gatto

 TEATRO DEL CUORE
.
IN MORTE DEL GATTO
.
Noi siamo il gatto che è in noi.
Siamo i gatti che non possono
camminare da soli, e per noi c’è
un posto soltanto
          William S. Burroughs
renoir-auguste-1.1217835759.JPG
.
…un inizio o una rottura? La domanda segue un momento di afasia e quasi di torpore… Oggi hai perso il tuo gatto Sardina. Se n’è andato contorcendosi con un sussulto cadendo su un fianco e guardandoti fisso negli occhi… forse ti credeva capace di salvarlo. “E’ m-morto”, ha detto il veterinario. Quando gliel’hai portato era già rigido come un baccalà… Seppellire in fretta.
 
Ti dispiace, anzi sei proprio incazzato…E lui dov’è adesso? L’aria è piena dei suoi ricordi e nella morte c’è qualcosa di sbagliato … Certo, accettare i limiti è intelligenza. Ma la perdita è infinita…
.
La notte dormiva a casa, il giorno usciva per andare a caccia. Il felino defunto era un killer crudele. Ma, “per te”, è e resta il gatto più tenero e bello del mondo.
.
( Occorre molto coraggio per essere teneri. Sigh! )
.
Mi sgranchisco le dita sulla tastiera, dov’è caduto il sudore, e vedo la mano destra graffiare nell’aria e “ bruciare di pura fiamma felina, il pelo ritto e scintille sfavillanti di blu “- proprio qui dove sto seduto io adesso…tempo fa… Da quanto tempo hai incominciato a correre, graffiare e bussare a tante porte dove non sei ? Non mi piace il buio. Ci sono. E la sua ciotola è vuota…

( Be’, ti puoi risparmiare il dovere di riempirla:  è finito quello  sguardo di rimprovero…finito anche  il lavoro, la spesa e il dramma della ciotola vuota ! ).

.
Lo chiamano il lavoro del lutto : dal buio alla luce. Il lutto può essere sia anticipato sia post rem. Quello post rem pare che in genere duri solo tre o quattro giorni, dopo un po’ non ci si pensa più. Perlomeno non più intensamente come adesso, ma fugacemente, furtivamente, di tanto in tanto…
.
E’ fiabesco, ma è così, suppongo, che fingendo una continuità necessaria, la scrittura svolge il forse inevitabile lavoro della memoria, del lutto e della cultura. ( Un lavoro che per fortuna è anche gioco – gioco di maschere e di vertigini… tra malore e valore).
.
 
 Nero su bianco, la luce  viene al pensiero, alla lingua, alla scrittura e – riempiendo i buchi e chiudendo i vuoti, proprio come fa la morte –  dice:
 
Creaturine morte in freddi vicoli urbani
In torridi terrains vagues assolati
Tra cocci di terraglie, ortiche, muri crollati
Possiate sgranocchiare amrita
Nel paradiso dei gatti.
 Ciao, cara Sardina! Chi vive ?
 
Colonna sonora
– La Llorona (la Piagnona), dal corto "Hasta los huesos" [ Ecco le ossa ]  
 
 
– Un’altra versione della "Donna che piange" interpretata in modo stupendo da Chavela Vargas – oggi novantenne.
 
 
          Immagine
Pierre Auguste Renoir, Le garçon au chat [Ragazzo con il gatto, 1868 ]  Olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay. Nella pittura e nella poesia, il gatto è ( come nel quadro di Renoir ) la metonimia della tenerezza, della carezza e della nudità svelata e rivelata dalla luce. In pittura, il gatto appare come uno strumento che, catturando lo sguardo con un diversivo, permette di mostrare la nudità senza svelarsi.  Cfr. > http://himmelweg.blog.lemonde.fr/2008/08/04/la-metonymie-du-chat/
Questa voce è stata pubblicata in Varie e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *