Piccoli ipertrofici

PICCOLI IPERTROFICI
HOMMELETTE FOR HAMLET
 

… Et j’ veux aller là-bas

Fair’ dodo z’avec elle…
Mon coeur bat, bat, bat, bat…
Dis, Maman, tu m’appelles ?
 
Jules Laforgue,
 
… Non esiste più la placenta, perlomeno così pare, eppure l’avvolgente lamella ( il mitico organo della libido, derivato dalla prima perdita o mancanza radicale, secondo Lacan*) talvolta ritorna per permettere al soggetto allucinato o addormentato di realizzare il suo desiderio di ritrovare il seno della madre e il mare, perlomeno in sogno…
 
Poi – confondendosi con il bisogno più elementare – sfugge di nuovo per infiltrarsi in tutti gli orifizi del corpo e nelle aperture ( beances) dello psichismo. E articolandosi al linguaggio come una specie di bianco di uovo rotto, viscoso, scivoloso, imprendibile, può apparire  nel soggetto parlante come pulsione invocante :
 
[…] J’ suis jaune et triste, hélas!
Elle est ros’, gaie et belle!
J’entends mon cœur qui bat,
C’est maman qui m’appelle! […]
 
 
E’ l’appello del piccolo ipertrofico di Laforgue – in un inquietante monologo ripreso da Tommaso Ottonieri ( qui in video ) nel suo libro Dalle memorie di un piccolo ipetrofico, con Prefazione di Edoardo Sanguineti ( Feltrinelli, 1980 ; No Reply, collana Maledizioni, 2008), oltre che da un « non nato » e quindi « mai morto » Carmelo Bene, in Hommelette for Hamlet  1987) – "operetta inqualificabile", in pratica una postrema frittata ( ommelette)  tra Shakespeare e Laforgue.


« …Sento battermi il cuoricino/ è mamma che mi chiama ! ».
 
 
  * Jacques Lacan, L’inconscient, Desclée de Brouwer, 1966, pp. 159-170.
 
 
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