Sognare di volare

THALASSA
 SOGNARE DI VOLARE
 
Non ci si bagna due volte nello stesso fiume perché già l’essere umano, nel profondo, ha il destino dell’acqua che scorre. ( Eraclito)

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 Quelli che Freud considerava flugträume (sogni di volare), «devono essere considerati come una ripetizione del primissimo rapporto madre-bambino, o di una ancor più precoce esistenza intrauterina durante la quale (… ) galleggiano nel liquido amniotico senza dover portare praticamente nessun peso».
 
Nessun peso ? Sarebbe bello restare per sempre a pensione da mamma,  in una stanza in cui non fare entrare mai nessuno, nemmeno il babbo. Fuori dai coglioni di tutti ! Magari in un utero caldo e accogliente: cullati e nutriti, in  simbiosi per tutta la vita …Ma questo non può accadere, perché la mamma ne morirebbe – e con lei  anche il piccolo subacqueo o fratello-feto allucinato. Nascere è una rottura.
 
… Riprendendo la favola dell’androgino sferico primordiale narrata da Aristofane nel Banchetto di Platone, Lacan analizza il bisogno in correlazione alla mancanza, e trasforma con umorismo la mancanza in hommelette. Così come non si fa la frittata (ommelette) senza rompere le uova, non si diventa soggetto uomo ( homme) senza passare per l’hommelette – vale a dire per la frattura dell’uovo-placenta  come oggetto primordiale perduto.
 
L’oggetto della prima perdita sarebbe un organo quasi magico che la pulsione ( la forza organica), intercalandosi tra il bisogno e il desiderio, cercherebbe di raggiungere negli oggetti e negli altri individui, per sopprimere ogni stato di tensione. (  Se per soddisfare il bisogno di mangiare basta essere uno, per soddisfare il bisogno di sesso e di amore occorre essere perlomeno in due. Naturalmente è proprio l’altro individuo a costituire gran parte del problema.)
 
Intervenendo nello psichismo umano per mezzo di una rappresentazione, questa forza organica ( Eros, per Platone), affiora come libido; e può essere rappresentata, secondo Lacan, dalla mitica lamella-placenta che ritorna, anche in sogno, ad avvolgere colui che l’ha perduta. Ritorna nel vecchio sogno del matrimonio, per esempio, spesso rappresentato da una bella stufa calda… Oppure ritorna come pulsione di morte nel sogno, ricorrente nei cosiddetti kamikaze, del paradiso delle urì ( “dove – come ci assicura Pietro Citati – «non esiste colpa, non esiste sesso, non esiste storia, esiste solo una beatitudine infinita. ” Boum !
 
Lo psicoanalista Sàndor Ferenczi, nel suo libro Thalassa, sostiene che l’agognato ricongiungimento al corpo materno e al liquido delle origini si potrebbe riprodurre realmente, seppur simbolicamente e parzialmente, solo nel rapporto sessuale.
 
… Attirato dall’odore marino, salino, della vagina ( “odore di aringa in salamoia” scrive Ferenczi);il desiderio di regressione thalassica ( o anche di ripresa del passato acquatico, perché no ? ) si realizzerebbe nel coito e nella transe orgasmatica, ma solo per una piccola parte del corpo maschile : il pene ( non a caso detto “pesce”; mentre si realizzerebbe  invece totalmente per quanto riguarda il suo seme : «lo spermatozoo penetra nel micropilo dell’uovo come il pene penetra nella vagina; si sarebbe tentati di denominare, quanto meno nel momento dell’accoppiamento, il corpo del maschio megasperma e quello della femmina megaovulo».Stabilendo un’equivalenza immaginaria pene-seme-bambino, secondo un modello penetrativo e generativo della sessualità maschile, Sàndor Ferenczi non ci spiega perché le donne fanno l’amore con gli uomini, attratte da quel loro tipico odore di scimpanzé. O meglio, Ferenczi sostiene, non senza qualche difficoltà, che anche la donna può soddisfare il suo desiderio di ritorno al corpo materno e all’origine acquatica, identificandosi con l’uomo prima, con il feto ( allucinato ) poi. [Si veda Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità, di Sándor Ferenczi (1924), Raffaello Cortina Editore, Milano 1993 ; citato in Odori di Gianni De Martino, Apogeo-Urra, Milano, 2006.  Nell’edizione ungherese, del 1932, il saggio di Ferenczi era stato intitolato Funzione delle catastrofi nell’evoluzione della vita sessuale ].
La nascita  è una catastrofe simile alla morte, una rottura necessaria e faticosa. E l’apparizione della luce, vale a dire dell’immaginario che struttura lo psichismo umano, è simile a una caduta dolorosa fra illuminazione e abbaglio ( dove tutto è molto chiaro, ma anche le idee più chiare, forse soprattutto quelle, brillano su sfondo oscuro. ) Se infatti la luce si trasforma in “giorno”, non tutte le tenebre si trasformano in “notte” senza un resto di abisso…
 
… Così, tra vette o baratri, nonostante “l’immensa stanchezza del corpo” ( come osserva Deleuze, a proposito di certi quadri di Lucien Freud ), il desiderio riprende le ali. E in un corpo prudente, impaurito e che invecchia,  nasce – ancora una volta – il sogno di volare ! Forse questione di uno strano desiderio di mare, di cielo… d’immaginario che più non trascina o spinge, di nervi che non pesano più. Insomma, fuori di sé e in risonanza estatica, non in un rapporto di causalità stretta, con il gorgo vuoto del godimento sessuale.
Tra culla e bara, vale a dire fra due pulsioni, affiora il desiderio – ineliminabile da ogni vita umana – di uno spazio di non-morte. Sembrerebbe godimento oltre il godimento : la danza lieve e immacolata dei pesci e dei beati – forse una ripresa possibile. 
 
In ogni caso, un  non so che  d’infinito si fa strada già in utero, affiora dall’ “ombelico dei sogni”;  e riprendendosi in forma – sempre singolare – di strana fedeltà alla vita, fiorisce talvolta sul terreno della poesia, della follia e della fede. Più fedele alla vita di quanto la vita non lo sia a se stessa, una tale fedeltà all’infinito della vita accoglie un altro desiderio,  apparentemente più alto e più veloce della morte abituale. E genera una fragile felicità. Forse la gioia resta – nonostante, o forse proprio attraverso la rottura di tante uova nel paniere.
 
D’altra parte, la veglia della ragione genera ben altri mostri. E il nostro tempo, il tempo della gestione ottimale dei cosiddetti bisogni, produce un nuovo mito : quello dell’utero artificiale. Con la produzione dell’essere umano attraverso la scienza e la tecnica, non si pensa forse di eliminare definitamente l’utero-lamella ? Fabbricare un uovo perfetto che non si romperebbe mai. Ora  l’ombelico dei sogni  è una specie di apertura, a partire dalla quale tutto quello che fiorisce nell’inconscio “si diffonde come il micelio attorno a un punto centrale”  (Lacan).
Riempendo i buchi, tutti i buchi, proprio come fa la morte, si vorrebbe esternizzare l’uovo e perfezionarlo, renderlo virtuale. Per eternizzare il transitorio occorre sopprimere l’utero, la placenta, la lamella, e ovviamente l’uomo o l’hommelette. Basta con l’inconscio! Ecco il messaggio : che niente più sfugga da quest’uovo e dalla fragile felicità che resta nell’uovo rotto, soprattutto non sfugga una lamella che verrebbe ad avvolgerci la notte e farci sognare dell’altro.
Ma la lamella è imprendibile, diffusa ovunque e in nessun luogo. Platone la collegava alla mancanza ed evocava Eros ( figlio dell’Indigenza e dell’Industriosità). Con termine che ormai sembra banale, se non banalizzato, si potrebbe anche dire “amore”. E’ quello che chiamiamo, per tranquillità, “pulsione umana”: la libido  che sopravviene fin dalla nascita e scompare alla morte.
Ma sparisce davvero ?
 
Simile a una tomba vuota, un uovo bianchissimo impalpabilmente viene ad avvolgerci, specialmente la notte. Viene a dirci addio persino in sogno, ma poi ritorna quando meno ce lo si aspetta. Per esempio nell’inquietante stranezza, l’ “Unheimlich”. O perlomeno di quello che oggi resta dei poeti.
Della creatura tagliata dal prima e dal dopo,  restano;- oltre alle forse inevitabili macchie che ogni creatura o hommelette lascia, alla fine – restano le tracce marine, saline, di ciò che è stato e la tensione verso il futuro – in un tempo lacerato tra la stanchezza e l’attesa.
Scrivere è attesa non inerte. Comporta la sorpresa e il rischio di toccare quello che è immerso nel mare e i flussi e i riflussi delle maree irregolari.
Il mare, simbolo della madre, è popolato da ninfe che parlano e fanno salire la scrittura, mentre l’umido spunta al bordo degli occhi che sorvegliano le parole, non solo le emozioni e i sentimenti…Il tempo della siccità interminabile forse potrebbe finire. E anche l’interminabile potrebbe cedere.
 Malgrado la perdita di te sia infinita, resta – nella vita, così come nella scrittura – il sogno di riabbracciarti perlomeno in sogno, e di volare. Ma è forse soprattutto nelle altezze, che occorre rinunciare anche a questo sogno di fusione. E, tendendo le mani per altro che per prendere, lasciar passare questo imperfetto abbraccio con il mare e il cielo.
 
Sulla riva, ormai asciutta, dei tuoi sogni, passa la storia di un piccolo subacqueo, forse ipertrofico. Era dove qualcuno – più spesso qualcuna –  sentiva battere un cuore e scorrere l’acqua. Chi vive ?
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Magritte


Colonna sonora
Non so volare 
  

Mondo Marcio (2004 ).  Dall’album d’esordio di Mondo Marcio, pseudonimo di Gianmarco Marcello, giovane rapper milanese, generato dal mondo hip-hop italiano.
ma ti giuro che una volta ci sono stato in alto
troppo lontano per poterci tornare, c’era
un marcio che mi sembrava un angelo bianco
al mio fianco e mi stava accanto tra le stelle e il mare
guardavo il mondo girare senza nessun rimpianto
c’era soltanto nuova terra da coltivare
un solo popolo una sola anima e nient’altro
e uomo sapevo di sognare, un marcio non sa volare…
 
«… Riesci quasi a trovarci un senso in tutto questo. Finché un giorno non arrivano loro,
 i fantasmi… » .


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Una risposta a Sognare di volare

  1. deamor scrive:

    dì la verità,,,,che vorresti tornare bambino!!

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