INTERVISTA CON VLADIMIR BUKOVSKIJ

L’INFERNO DEL GULAG NON SI DIMENTICA

“i responsabili degli orrori di Auschwitz e Kolyma non erano marziani, e molti di loro erano convinti di agire per il bene dell¹intero genere umano”.

di Gianni De Martino

Milano. E’ cominciato sabato il viaggio in Italia dello scrittore e politologo russo Vladimir Bukovskij, il mitico dissidente “scambiato” nel 1977 con Luis Corvalan da Breznev, autore con Semen Gluzman della celebre Guida psichiatrica per dissidenti ( uscita da noi nel 1979, per l’Erba Voglio di Elvio Fachinelli) e di Il vento va, poi ritorna ( Feltrinelli, 1978), libri emblematici della dissidenza russa negli anni settanta e dello smisurato arbitrio del lager.

Sommariamente processato – dopo il quarto arresto – Bukovskij nella primavera del ’71 era stato condannato a sette anni di prigione e di lavori forzati, con l’accusa di aver pubblicato all’estero un libro che dava notizie sui dissidenti intitolato Una nuova malattia mentale in Urss: l’opposizione. Per la prima volta nella storia dell’Urss si formava un movimento di dissenso unificato, capace di far giungere la propria voce in Occidente. Nella circostanza del processo, insorgendo contro l’opprimente piattezza delle “verità” ufficiali, Bukovskij disse ai suoi giudici:” La nostra società è malata di paura, sopravvivenza dell’era staliniana. Ma il processo di guarigione spirituale è già cominciato e non può essere interrotto.”

Espulso dall’Unione Sovietica come “pazzo criminale e agente della sovversione”, nel 1991 ha fatto il suo primo viaggio in Russia su invito ufficiale di Boris Eltsin. Attualmente vive in Inghilterra, da dove – ancora sardonico e irriducibilmente contro – dice di osservare con “ironia intollerabile” l’Europa fra America e Russia. Lo incontriamo a Milano per l’uscita del recente libro Il convoglio d’oro ( edito da Spirali/Vel), un romanzo ironico sulla Russia di oggi, scritto a dieci mani, con altri quattro intellettuali russi: Igor Gerascenko, Michael Ledin, Irina Ratusinskaja e Viktor Suvorov.

– Professor Bukovskij, in questi giorni c’è un altro convoglio d’oro: i due vagoni speciali su cui viaggia, lungo il percorso della Transiberiana, Aleksandr Solgenitsin. Il suo ritorno sulle rive della Moscova è stato paragonato da qualcuno al primo atto dell’ “Ispettore” o “Revisore” di Gogol. Perché tanto nervosismo all’apparire di quell’uomo dalla barba al vento? Chi ha paura di Aleksandr Isaevic ? 
” I truffatori, tutte le autorità, cioè tutti coloro che hanno rapinato la liberazione e si sono proclamati democratici dicendo di non avere niente a che fare con il passato, di essere puliti. I comunisti travestiti da democratici hanno la coscienza sporca e i gruppi di potere della Russia di oggi non sopportano gente pulita, preferiscono i Zhirinovski e i Rutskoi, che sono stati allevati dal vecchio sistema.”

– E di Bukovskij, chi ha paura ?
” Solo adesso Solgenitsyn è arrivato a questa conclusione. Il mio è un caso differente, perché sono stato in Russia nel ’91, c’era ancora il regime comunista e non era ancora iniziato il confronto che c’è oggi. Si figuri che avevo il visto solo per cinque giorni e fu un vero miracolo averlo potuto avere. Ero ancora nella lista nera del KGB.”
– Con l’Arcipelago Gulag, Solgenytsyn ha aperto gli occhi a molti intellettuali russi, e tuttavia sulla “Nezavisimaya Gazeta” dei giorni scorsi, una delle riviste più colte e sofisticate della capitale, si legge un curioso attacco al premio Nobel Solgenitsyn, definito ” monumento spirituale”, “appendiabiti pieno di vecchi cappotti”, per cui si conclude che è meglio metterlo in naftalina…
“Sì, ho risposto con un mio intervento sulle “Isvestie” ed è nato un dibattito perché ho detto che si tratta di un articolo, peraltro non firmato, che segue le vecchie orme della propaganda russa. La società oggi ha una cattiva coscienza, soffre di sensi di colpa e non sopporta chi in passato è stato contro. La sensazione che ho avuto io quando sono andato in Russia è che le nuove élites siano sì molto cortesi ma preferirebbero non averci tra i piedi. Perché noi li conosciamo, sappiamo com’erano fino a pochi anni fa. E oggi trovano delle scusanti, non hanno l’onestà di riconoscere i propri errori. Continuano a mentire fino alla fine e io non ho fiducia nella classe intellettuale, è la parte più opportunista della società. Quale sarà invece la risposta delle persone semplici, non so.”
– Ma allora chi sono, oggi, i nuovi russi?
“I bambini, le nuove generazioni. Le vecchie generazioni sono irrimediabilmente compromesse e non fanno altro che scaricare le loro responsabilità ora sugli ebrei, ora sulla CIA, senza mai riconoscere i loro stessi errori. Quella di Solgenitsyn è una missione spirituale, lui – a differenza di me – è un uomo religioso e ha il compito di svegliare le coscienze e farle pentire. Non so se ci riuscirà, mi chiedo se potrà avere successo.”
Una sua opinione sull’Italia, sulla imprevista vittoria del nuovo partito di Berlusconi delle ultime elezioni.
E’ quanto di più interessante sia successo in Europa negli ultimi cinque anni. I comunisti, tramite la magistratura che in Italia ha un orientamento politicizzato, di sinistra, hanno messo fuori gioco il centro ed erano sicuri di vincere le elezioni, ma per fortuna non ci sono riusciti com’è invece accaduto – tra l’indifferenza dell’America e dell’Europa – in Ungheria, in Polonia, in Ucraina, in Lituania e anche in Russia dove le posso assicurare che il 90% dell’élite oggi al potere è ancora comunista e i giudici che mi hanno condannato al Gulag sono ancora in libertà. Non le sembra curioso che la Cnn lanci accuse contro il presunto neofascismo al potere in Italia e che taccia assolutamente sui pericoli insiti nel recente successo dei comunisti in Ungheria? Temo che il comunismo non sia ancora stato sconfitto e che noi non abbiamo finito il nostro lavoro. ”

– Sì, ma nell’Occidente democratico i comunisti italiani, pur fra tante pecche e miserie, non sono mai stati così subdoli e feroci come i comunisti che lei ha conosciuto in Unione Sovietica pagando la sua dissidenza con il Gulag …

” Non mi dica che non sono più comunisti… I comunisti italiani sono compromessi fino al collo con il regime sovietico. Nel 1992 ho visto i documenti dei soldi mandati ai comunisti italiani, un’enorme quantità di soldi dati ai dirigenti del PCI anche nel 1984, per esempio. La documentazione è stata inviata a Luciano Lama, che ne è quindi a conoscenza ma non la tira fuori perché questo fornirebbe un’arma troppo forte alle destre. Una parte dei finanziamenti proveniva da una sezione speciale del KGB, che provvedeva anche a formare dieci o quindici attivisti all’anno. I vostri comunisti italiani sapevano perfettamente di schierarsi dalla parte dei nostri comunisti che erano dei perfetti nazisti, per i quali però non c’è ancora stato un processo come quello di Norimberga. Abbiamo avuto persone in galera, gente ammazzata per questo. Allora l’Italia era parte della Nato e i missili sovietici erano puntati contro l’Italia. Gli italiani che arrivavano a collaborare con il KGB è come se avessero collaborato con il nemico, dal quale ricevevano soldi e una formazione speciale per confezionare bombe, preparare attentati, alimentare il terrorismo, falsificare i documenti, modificare i tratti del volto, eccetera. Io voglio che vadano in prigione, o che perlomeno compaiano davanti a un giudice che possa decidere. Quindi, anche se hanno cambiato il nome, i comunisti italiani sono ancora comunisti. Lo sono perché non hanno il coraggio di parlare. Per essere credibili devono diventare puliti, devono dimostrare di avere veramente rotto con i vecchi metodi stalinisti, invece di cercare di coprire i soldi che hanno ricevuto e fingere di essere gli unici ad avere le mani pulite.

– Lei chiede un processo al comunismo e trova sospetto il fatto che le inchieste di “mani pulite” non coinvolgano più di tanto il Pci, o quello che ne resta. Insomma, vorrebbe che i comunisti italiani dicessero la verità. Ma ” la verità che sublima e libera”, come dice Dante, non è proprio il linguaggio della nostra politica …

” Sì, devono dire la verità e assumersi le loro responsabilità . Non possiamo avere fiducia nei comunisti italiani finché non si libereranno dalla menzogna.”

Milano, Hotel Milan, 6/6/1994

 

 

Articolo di Gianni De Martino apparso con il titolo “L’inferno del gulag non si dimentica” nel Quotidiano di Lecce, 18 giugno 1994.

Nota. “ L’intervista al professor Vladimir Bukovskij – ricorda Gianni De Martino – fu inizialmente richiesta da Il Mattino di Napoli e poi rifiutata dal capo-redattore delle pagine culturali. Durante il terremoto provocato dalle inchieste giudiziarie, gli arresti, le fughe e i suicidi di “mani pulite”, la Democrazia cristiana era allo sbando, il partito socialista era stato fatto fuori con particolare accanimento e il centro-destra di Berlusconi aveva appena vinto le elezioni.
Insomma, il clima politico di quella primavera del 1994 era particolarmente agitato e non sapevo che il mio redattore-capo, Francesco Durante, si era presentato proprio in quei giorni nelle liste comuniste. ‘Gianni – gridava – ma come hai potuto dare spazio, senza contrastarlo, a quel pazzo provocatore di Bukovskij !’. Nell’accusa di aver dato spazio a un “pazzo provocatore” mi pareva di sentir reicheggiare gli stessi termini della propaganda russa.
Francesco Durante, studioso di letteratura italoamericana, è un uomo sensibile e intelligente. Per il momento, quel modo di parlare m’innervosì terribilmente. Non mi sentivo libero. passai allora l’articolo, l’intervista a Bukovskji, a Massimo Melillo e agli amici socialisti del Quotidiano di Lecce e fui praticamente costretto a diradare e poi mettere fine alla collaborazione quasi decennale che avevo con la testata napoletana.
Non avevo pazienza. Non so avere pazienza. Forse non so neppure essere umile. In ogni caso, ero free-lance e mi potevo permettere la libertà di non dover dipendere da capi e capetti di destra o di sinistra, e anche di pagarne il prezzo.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *