Presentazione Indice
Brani scelti Recensioni
Odori
Entrate in contatto con il quinto senso
Gusto e disgusto
Nelle tenebre e nel fetore
«La sua voce risuonò sovrannaturale
e minacciosa in quell'abisso di antica empietà simile a
una monotona cantilena, sia per l'incanto del passato e dell'ignoto,
e sia per l'esempio infernale di quel gemito sordo, la cui disumana
freddezza si alzava dai pozzi e si abbassava ritmicamente in lontananza,
nelle tenebre e nel fetore:
Y'ai'ng'ngah
Yog Sothot
Hee L'geb
F'ai Throdog
Uaaah!»
H.P. Lovecraft
Se per nominare gli odori gli esseri
umani utilizzano naturalmente i nomi che si riferiscono alla loro
fonte, è perché il piacere o il disgusto che comunemente
si accompagnano alle percezioni olfattive e gustative sono forse
un mezzo escogitato dalla Natura per guidare, senza costrigerli
troppo, gli organismi superiori verso le fonti del benessere:
verso cose alle quali è bene avvicinarsi e con le quali
è meglio interagire per accrescere le proprie possibilità
di sopravvivere e di creare una discendenza. D'altra parte, potrebbe
anche non essere così: sarebbe attribuire alla Natura una
sollecitudine per la salute, la progenitura e l'avvenire della
specie che forse la cosiddetta Natura non ha affatto. Altro potrebbe
«guidare» gli esseri umani, e cioè quello che
per tranquillità chiamiamo una coscienza, ovvero questa
motilità psichica che sembra avere nel corpo e nelle energie
che permeano il corpo le sue naturali e indispensabili mediazioni.
Da un punto di vista naturale, se
non naturalistico, il tratto comune agli odori e ai gusti è
quello di essere direttamente implicati in azioni decisive basate
su informazioni rapide e sintetiche, del tipo si/no, «mi
piace/non mi piace». Mentre però l'animale morde,
divora in fretta o scappa terrorizzato, l'uomo sensibile e riflessivo
valuta senso e significato di ciò che percepisce. Prende
così il proprio tempo, si rende capace di tacere, di non
reagire meccanicamente al piacere/dispiacere e di gustare. Questo
tratto, nell'essere umano, non è esclusivamente naturale:
è un fatto culturale e talvolta va contro la natura.
Furono per primi i Greci a enunciare
con molta sensibilità che il gusto inaugura la sapienza,
e che se non lo coltivassimo ricadremmo allo stato di animali.
L'animale mangia in fretta: la sensazione non ha inaugurato, in
bestie impaurite e trepidanti, la sapienza che permette di differire
il piacere e di gustarlo. Solo l'uomo cuoce il cibo e lo gusta.
E gioisce degli odori, non caccia più ed evita la crudeltà
che è nel sangue. Se l'odorato inaugura l'estasi animale,
il gusto invece inaugura la sapienza. Un tratto comune a uomini
e animali è, tuttavia, il fatto che il disgusto è
più rapido del formarsi del gusto.
Che l'olfatto abbia una funzione
di allarme, lo si può osservare nelle espressioni facciali
che sorgono quasi istintivamente quando ci troviamo in presenza
di un odore «sgradevole». Gli odori ritenuti comunemente
i più sgradevoli sono l'acido carbossilico nel sudore e
nei cibi rancidi, tioli, fenoli, amine e il ristagno del fumo
di tabacco nei locali chiusi. Anche i bambini non amano il fumo
di tabacco, ma probabilmente più a causa dell'irritazione
al naso e agli occhi che per l'odore. Fra gli odori giudicati
più sgradevoli, oltre a quelli nauseanti prodotti dalle
fabbriche di cellulosa e da altre industrie, vi sono l'acido solfifrico,
il disofuro di dimetile, l'acido butirrico, il metilmercaptano:
una sostanza, questa, che caratterizza la puzza di piedi o anche
l'odore di cipolla. La sensibilità agli odori «sgradevoli»
cambia moltissimo a secondo del sesso, più sensibili le
donne che gli uomini e per fascia di età: i meno sensibili
sono i più giovani, quelli più preoccupati dell'odore
ritenuto sgradevole le persone fra i 25 e i 35 anni, inoltre influisce
anche il grado d'istruzione. Anche la preferenza per i profumi
varia da cultura a cultura. In Occidente sembrano preferiti i
profumi «freschi» e floreali, e oggi molti uomini
utilizzano i profumi mentre fino agli anni cinquanta un uomo profumato
poteva facilmente passare per invertito o mollaccione - dimenticando,
i censori, che in altra epoca anche uomini di qualità eccellenti
si profumavano. In Oriente i profumi sono pesanti, inebrianti
e moderatamente tossici. L'età può costituire un
altro fattore importante, e anche il sesso, sebbene in contrasto
con la pubblicità secondo cui esistono essenze unicamente
maschili e femminili, gli stessi profumi vengono abitualmente
venduti a uomini e donne - sotto etichette e involucri diversi.
In genere, circostanze ed esperienze individuali, abitudini e
attese riguardo alle marche dei prodotti influenzano tali preferenze.
Negli esseri umani, molto dipende
non solo da fattori esterni, ma soprattutto dall'esperienza e
dal significato che attribuiamo alla sensazione olfattiva tramite
associazioni con altri eventi. Alcuni odori, infatti, non necessariamente
forti e penetranti, possono essere soggettivamente associati a
esperienze spiacevoli e pertanto risultare «disgustosi».
Spesso anche gli odori un tempo grati, se percepiti in situazioni
negative s'imprimono nella memoria come i peggiori odori della
propria vita. Ad esempio l'odore di bourbon: ricordo che da adolescente
una sera d'aprile per me particolarmente triste a causa della
ragazza che se n'era andata mi ubriacai di bourbon fino a star
male, e che da allora mi vesto di nero e non posso più
sentire quell'odore di bourbon senza che mi ricordi l'odore di
vomito.
Il disgusto per certi odori o sapori
può dipendere dalle associazioni negative le più
diverse. Come nel caso di quel marito che sorprese la propria
donna a letto con un altro, in una stanza odorosa di gelsomino,
e che da allora non poteva sentire quel profumo senza avvertire
le più sgradevoli sensazioni. Ciò che per la maggior
parte delle persone è un «buon» odore divenne
così «disgustoso» a causa della particolare
associazione con tutti gli allarmi e le spiacevoli emozioni che
in genere si accompagnano al tradimento amoroso.
Il caso del dottor Herriot
Viene spesso citato anche il caso del celebre
veterinario James Herriot, che ha fornito parecchie descrizioni
della capacità degli odori di formare associazioni, come
il seguente episodio della II Guerra Mondiale. Herriot si era
appena arruolato nella Raf, lasciando la moglie Helen nello Yorkshire.
Il primo giorno in caserma e lontano da casa fu veramente spiacevole:
«Dopo quel primo giorno così tumultuoso - racconta
Herriot - mi ritirai in uno dei rifugi e mi lavai con un nuovo
pezzo di un famoso sapone da toilette che Helen mi aveva messo
nella valigia. In seguito non fui più in grado di usare
quel sapone. La sua fragranza era troppo direttamente evocativa
e il suo purissimo aroma mi riportava a quella prima notte lontano
da mia moglie e alla sensazione di vuoto provata allora. Era una
sofferenza sorda, vuota, che non svanì più».
Esiste un forte legame fra la sensazione
di un odore e l'affetto. Gli esempi più notevoli ci vengono
dal mondo degli alimenti, dove è facile osservare e anche
creare disgusti molto potenti per un sapore particolare.
Condizionamenti sensoriali
Uno studioso francese delle multiple determinazioni
del comportamento alimentare, Jacques Le Magnen, ha enunciato
fin dagli anni cinquanta un concetto chiave per gli studi attuali.
Per esempio la nozione di flaveur, che si definisce come l'insieme
delle caratteristiche di un alimento (odore, sapore, consistenza,
temperatura e persino l'aspetto visivo).
Il fenomeno della creazione di gusti
e disgusti per gli alimenti, particolarmente studiato in questi
ultimi anni nei laboratori delle industrie degli alimenti e dei
cosmetici, è noto come condizionamento alimentare avversivo.
Esso si basa sul fatto che l'odorato e il gusto collaborano nell'informare
l'organismo sulla gradevolezza del cibo. L'accettazione di un
alimento non è la conclusione di un ragionamento astratto,
ma è insita nella sensazione stessa di un segnale «viscerale»,
che non implica minimamente le capacità cognitive superiori.
A differenza dei segnali emessi dagli altri sensi, che passano
dapprima per il sistema di rilevamento del cervello, il talamo
-, i messaggi olfattivi vanno direttamente ai centri emozionali
del comportamento e sono, pertanto, meno sottomessi al controllo
razionale. La particolarità del condizionamento alimentare
avversivo è che basta una sola esperienza negativa per
conferire a un gusto, a un odore o meglio a una determinata flaveur
un effetto negativo agli stimoli olfatto-gustativi che esso emette.
Proprio come nel caso dell'odore della saponetta del dottor Herriot
o del bourbon legato a un forte dispiacere amoroso e a uno sgradevole
eccesso alcolico consumato in gioventù, un fenomeno del
genere si produce spesso nei pazienti degli ospedali: una forte
avversione si sviluppa per alimenti consumati durante trattamenti
spiacevoli, come per esempio quello chemioterapico nei pazienti
malati di cancro. Che gli alimenti consumati durante periodi di
sofferenza siano o no la vera causa del malessere, ecco delle
persone disgustate per sempre da quella flaveur la cui sola evocazione
le rende malate.
L'effetto sarà tanto più
potente se in ospedale è stato consumato un alimento inabituale
e dalla flaveur ben identificabile, come fu riscontrato negli
americani che si trovavano ricoverati negli ospedali francesi
durante la II Guerra mondiale. Ancora oggi quei veterani vengono
colti da nausea alla sola evocazione della salsa alla béarnaise:
un effetto di condizionamento alimentare avversivo che gli studiosi
americani del tempo chiamavano appunto « sindrome della
béarnaise». Poiché lo sviluppo e l'utilizzo
delle risorse sensoriali olfattive, rappresenta oggi una componente
nei processi decisionali e di marketing sul piano del commercio
di cosmetici, alimenti e altri prodotti, alle industrie non bastano
notizie episodiche sulla sensazione degli odori: occorrono dati
certi, misurabili e ripetibili in laboratorio secondo i parametri
delle tecnoscienze.
Topi da laboratorio
A tale scopo molti animali vengono sacrificati
nei laboratori al servizio delle industrie cosmetiche e alimentari
le più diverse per mettere a punto e quantificare scientificamente
i meccanismi del gusto e del disgusto.
Benché gli esseri umani non
siano topi o sorci, sono soprattutto i topi, oltre che i conigli,
a essere utilizzati in esperimenti spesso crudeli di psicofisica
dell'olfazione. In modo da poter quantificare i fenomeni sensoriali,
come se gli esseri umani fossero delle macchine e i dati ricavati
dalla fisiologia animale valessero anche per gli esseri umani.
Per studiare i processi neurologici dell'olfazione umana, si tagliano
a pezzi e si colorano nasi di topo, per disegnarne le fette al
microscopio, ingrandirle e realizzare opere d'arte in plexiglas:
l'interno di un naso di topo ingrandito 40 volte. Su un modello
ingigantito dell'interno del naso del topo, si può utilizzare
dell'acqua colorata per simulare il comportamento del flusso d'aria
in entrata nel naso reale. Si può anche, tramite illuminazione
al laser delle fette di naso, ottenere delle immagini del percorso
di particelle d'incenso.
Quanto allo studio dei gusti e dei
disgusti, può essere utilizzato qualsiasi animale. Dopo
avergli servito un alimento nuovo per lui, gli si inietta un tossico
che causerà nausee e un malessere gastrico; l'animale da
allora in poi eviterà tale alimento e anche tutto ciò
che gli assomiglia, compresi gli uomini e le donne in camice bianco
che glielo hanno propinato.
Non tutti hanno lo stesso naso
Tutti abbiamo vissuto una vita, forse molte vite,
disseminate di avvenimenti piacevoli o spiacevoli, associati a
sensazioni fra le quali anche quelle chimiche come il sapore e
l'odore. La sensazione che porta al disgusto non è però
semplicemente meccanica o innata, ma nasconde un'altra dimensione:
quella delle esperienze acquisite per motivi psicologici, psicoanalitici
o anche culturali. Un americano storcerebbe il naso davanti a
formaggi come il roquefort, adorato dai francesi. E non a tutti
gli europei piacciono i rognoni con quel loro tipico sentore ammoniacale
che anche allorché vengono serviti in grandi ristoranti
sentono il gabinetto di lusso. Ad alcuni piace la cipolla, altri
ne detestano l'odore. Lo stesso accade con l'aglio, e anche con
altri odori e sapori non necessariamente forti e penetranti.
Nella valutazione del gusto o del
disgusto molto dipende dalle diverse culture e abitudini acquisite
e, in parte, anche dalla quantità di costituenti in una
miscela, per esempio l'eugenolo è gradevole fino a che
non diventa spiacevole a concentrazioni elevate. A grande distanza,
l'odore della carogna di un cane morto può sembrare odore
di biancospino, e sostanze di origine animale molto gradevoli
a piccole dosi come lo zibetto estratto dalle ghiandole anali
della viverride possono appestare e far sanguinare il naso se
molto concentrate.
Naturalmente nella grande maggioranza
delle situazioni ecologiche non ci si trova in presenza di estratti
di tal genere (usati come basi in profumeria fine) o di sostanze
pure, ed è eccezionale dover riconoscere un'essenza molecolare
unica. In genere, in natura, l'informazione unica è fornita
da una mescolanza di diversi odori che può essere relativamente
semplice o estremamente complessa.
Igiene e pregiudizio
Nella nostra civiltà il disgusto è
associato agli odori corporei, anche di un corpo sano, semplicemente
a causa delle sue funzioni e dei suoi prodotti. L'adulto medio,
medio-europeo, che non si ribella all'oscenità delle esalazioni
velenose delle automobili e delle ciminiere, è oggi in
grande fregola di pulizia. Pulizia «intima», naturalmente,
mentre magari in piazza si levano i gas lacrimogeni della polizia
armata contro gli inermi ragazzi dei centri sociali autogestiti
e anti proibizionisti accusati di essere «sporchi».
Cos'è più «osceno»? La maggioranza dei
cittadini in fregola di pulizia (e quindi anche di polizia) difficilmente
tollera odori estranei, non sgradevoli di per sé ma semplicemente
estranei. L'odore del cuscus, per esempio, che delizia le narici
del cosiddetto extracomunitario, soprattutto se vi si mescola
l'odore grato dei peperoni farciti, può facilmente gettare
nel panico un intero condominio di Milano. Gli stessi cittadini
pronti a giurare sul «puzzo» del vicino di casa dalle
abitudini alimentari diverse, si tapperebbe il naso in vicinanza
di concimi di origine animale, mentre per chi vive o ha vissuto
felicemente in campagna l'odore di letame non è sgradevole,
ma può persino essere piacevole.
L'amante del fognaiolo
L'odore di letame può addirittura evocare
una qualche mitica o forse veramente vissuta età dell'innocenza:
«Quando - come scrive Norman Brown - Saturno solo regnava
nei cieli, in quell'età dell'oro in cui il denaro era sconosciuto».
C'è a chi piace una nuca
fresca di shampoo e dal sentore di acqua di Colonia e chi preferisce
corpi che non sentano il sapone ma l'aroma fresco del sudore sano,
magari dopo una corsa sulla spiaggia o nei campi. Recentemente
ho sentito un famoso regista (Franco Zeffirelli in Tv) dire che
egli detesta i ragazzi con «il profumino di Armani»
e che rimpiange il grato odore di giovani stallieri dalle guance
rubiconde, lo sguardo di contadini timidi e i vigorosi e casti
calzoni non firmati dagli stilisti. C'è, in questa fantasia
e in altre propensioni dello stesso genere per l'escremento, una
specie di «autorinuncia» e di sensuosa dimestichezza
con il pianeta Saturno e con il pericolo: simile a quel singolare
miscuglio d'inesistenza e di potenza vitale rivelata da certi
odori da cui era posseduto lo scrittore giapponese Mishima, bramoso
di giovani sudati e flessuosi come quel vuotatore di pozzi neri
descritto nel suo romanzo: un atletico giovanotto vestito come
un bracciante, con calzoni di cotone turchino scuro, del tipo
attillato cosiddetto «a coscia». «Era un fognaiolo
- scrive Mishima in Confessioni di una maschera - un vuotatore
di pozzi neri: l'escremento è un simbolo della terra, e
era senza dubbio l'amore maligno della Madre Terra che mi stava
lanciando la sua voce.»
Sebbene sembri chiaro che il disgusto
predomini nell'esperienza olfattiva, presumibilmente non esistono
odori intrinsecamente gradevoli o repellenti. Lo stronzo, per
esempio, se è quello di una persona sana che non ha mangiato
carne, non puzza. E comunque, finché è nel corpo,
viene accettato: è quando esce che crea scandalo, sconvolgendo
la «purezza» dell'universo. È difficile accettare
la «visibilità» dello stronzo, non solo per
l'odore fumante di zolfo che gli è proprio, ma specialmente
perché il civilizzato non riesce facilmente a estrarre
se stesso dall'universo mefitico, questo sì, dell'idea
di merda. Nessuno, tuttavia, sembra trarre piacere dall'odore
della latrina o della fossa settica, per cui questa può
essere una repulsione universale. In alcuni individui tale repulsione
può però complicarsi straordinariamente per motivi
psicologici, se non psicoanalitici, legati al tabù dell'escremento
e alle prime interdizioni venute dall'esterno in modo da formare,
nel bambino piccolo, la prima idea. E la prima idea è questa:
che vi è qualcosa di terribile e di maleodorante nella
creatura, e che esistono dei limiti al piacere, esiste l'Altro.
Escrementi e pratiche occulte
È poco edificante, ma la prima forma di
espressione del pensiero umano è la defecazione.
Georg Groddeck
L'introduzione nel discorso della
latrina, suggerisce ricerche che ci porterebbero lontano nei territori
della letteratura, dell'antropologia e della psicoanalisi. Ci
basti accennare che la ripulsa dell'escremento non è un
fatto «naturale», e che in diverse culture dello stronzo
veniva non solo riconosciuta l'esistenza in quanto tale, ma che
si cercava anche di «nobilitarlo» entro i limiti assegnati
dalla cultura. I Romani, per esempio, avevano una divinità
dell'escremento di nome Stercutus, e Sterculius era uno dei nomi
dati a Saturno, il dio che fu il primo a insegnare agli uomini
a spargere sterco sulla terra per fertilizzarla. Nelle società
occidentali, con il diffondersi dei con-cimi chimici, la merda
invece si accumula, e non viene restituita alla terra.
A Roma le latrine comuni erano sotto
la protezione della dea Cloacina, mentre in alcune culture esistono
divinità coprofaghe legate a riti iniziatici che prefigurano
l'Oltreuomo non più legato alle alterne e meccaniche vicissitudini
umane, troppo umane, dei gusti e dei disgusti. È il caso
(come si vedrà nel capitolo sullo «Yoga al fondo
dell'impurità») degli aghori, gli eredi shivaiti
di un culto che affonda le sue radici nell'India pre-ariana. Gli
antichi «portatori di crani», l'ordine dei kapalika
da cui discendono gli aghori (così come anche i seguaci
tantrici «della mano sinistra» e i Baul del Bengala),
tendevano al superamento del disgusto nei confronti di esperienze
che ripugnano alla virtù comune, per raggiungere uno stato
superiore che - al di fuori di iniziazioni specifiche - viene,
oggi, erroneamente concepito dagli occidentali come una specie
di evoliano «yoga della potenza».
Notizie almeno in parte riscontrabili
ancora oggi presso alcuni circoli pseudo-esoterici (stregoneschi,
satanisti eccetera), riportano - oltre a torbidi e sciagurati
episodi di sacrifici umani e violazioni di tombe e cimiteri -
l'uso di mescolare le escrezioni maschili e femminili, e dopo
averle filtrate attraverso un pezzo di stoffa, berle, nella convinzione
magica che tale pratica renda l'uomo capace di superare se stesso
e acquisire così alcuni poteri occulti.
Un tale superamento della virtù
comune o «rottura di livello» viene perseguito segretamente
ancora oggi e trova espressione anche nei miti. L'eroe greco,
ad esempio, pulisce la stalla come si racconta di Ercole e delle
sue fatiche. E Perseo incontra prima o poi e vince le Arpie puzzolenti.
Nel mito azteco, l'eroe incontra la dea Tlazoltecotl, «mangiatrice
di cose sudicie», una dea definita «merdivora»
in quanto la sua funzione è quella di ascoltare le confessioni
degli uomini. Dea della sifilide, degli amori anali e delle diarree,
allorché appare in un'aureola di fetore con il suo corteo
di scorpioni, solo l'eroe non trema e non prova disgusto: il disgusto
sarebbe una debolezza che, come in uno specchio, rivelerebbe solo
la sua propria debolezza, vale a dire il suo proprio fetore interno,
per cui verrebbe immediatamente, come gli esseri ordinari, attaccato
e divorato dagli scorpioni della dèa.
Benché i miti e il folklore
abbiano adottato metodi di ricerca del tutto diversi, sembrano
convergere verso le stesse conclusioni della psicoanalisi, avendo
dimostrato quanto, presso diverse popolazioni e nelle differenti
culture di ogni tempo, sia stata imperfetta la repressione delle
tendenze coprofile, e come il trattamento degli escrementi sia
simile a quello operato dai bambini. In altre parole, la separazione
tra le funzioni escretorie e quelle sessuali restano imperfettamente
separate, anche a causa della prossimità anatomica nell'essere
umano. Tra gli odori sessuali e gli odori delle escrezioni esiste,
di fatto, una compenetrazione la cui rimozione variamente consapevole
emerge in molti modi nell'individuo adulto: come vergogna, disgusto,
tendenze nevrotiche verso la pulizia, perversioni e «brutte
abitudini», o anche spostamento degli interessi inizialmente
rivolti agli escrementi su altri oggetti, per esempio il denaro,
che, come si ripete spesso, «non puzza» e va amministrato
con molta molta parsimonia. Nascondendo, per quanto è possibile,
nel corso della sua circolazione tra i flussi e i riflussi bancari
e borsistici mondiali, la sua occulta origine fecale.
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