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Odori, AnimaMundi Edizioni, 2023

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Si nascondono con deodoranti e profumi, ma ritornano sempre.
Gli odori ci prendono sempre per il NASO

AM - DE MARTINO - odori - copertina-03 definitiva

Dalla Prefazione
di Francesca Faruolo

Se siete tra quelli che, come me, si sono scoperti sensibili alla cangiante vitalità degli odori e al loro fascino babelico, allora non potrete che assaporare con pieno godimento le densissime pagine scritte da Gianni De Martino. Nel suo libro, troverete molecole per le vostre narici e una infinità di traiettorie aromatiche, tante quante costituiscono il dominio sconfinato dell’olfattivo. Perché, in Odori, l’autore si dedica con grande passione a mappare, tra i primi, la vasta morfologia di un territorio culturale ancora poco battuto, ravvisando connessioni tra galassie lontane che lo portano a scivolare con destrezza dalla scienza, all’antropologia, dalla sociologia alla sessualità. Una ricerca, la sua, che mette al centro del discorso non solo l’annusabile, ma anche e soprattutto il corporeo.

La rivalutazione dell’olfatto inizia negli anni Ottanta del Novecento come inevitabile riflesso di quella liberazione dei corpi che è stata il cavallo di battaglia dei movimenti giovanili degli anni Sessanta, vissuti peraltro in prima persona dal nostro autore. Poco a poco, uno sguardo più attento alla corporeità emerge da quel filone di studi storici che in quegli stessi anni inizia a soffermarsi sui dati minuti della vita quotidiana delle persone e sulla loro esistenza fisica, sensoriale e carnale.

Penso in particolare alle ricerche di Piero Camporesi a cui si deve la riscoperta dell’opera di Pellegrino Artusi e di tutta una tradizione culinaria fino ad allora trascurata. E, soprattutto, ai suoi vividi affreschi sulla vita popolare dell’epoca pre-industriale ricostruiti attraverso le manifestazioni umorali, secrezionali, sanguigne e quindi olfattive del vissuto collettivo. Non è un caso che sia proprio Camporesi, nel 1983, ad accompagnare con la sua ampia prefazione la prima edizione italiana dell’opera di Alain Corbin, Storia Sociale degli Odori (Le miasme et la junquille). Il celebre saggio dello studioso francese rappresenta il primo deciso tentativo di fare storia partendo dalla relazione che una certa civiltà ha intrattenuto con gli odori. Corbin ci offre ricostruzioni di grande impatto mettendoci sotto il naso gli scabrosi dettagli sensoriali relativi alle condizioni sociali e sanitarie che caratterizzavano le città francesi prima che l’hygiène divenisse una questione di Stato. Tutte suggestioni destinate a confluire nel romanzo Profumo (1985), in particolare, nella descrizione dei miasmi tipici del paesaggio olfattivo della Parigi del Settecento che tanto ha impressionato i lettori di Suskind. Grazie al successo di questo best-seller, si risveglia anche in Italia un’attenzione generale verso certe tematiche. Curiosamente, nello stesso anno in cui da noi viene stampata la prima edizione del romanzo di Suskind, Longanesi pubblica Profumo di Jitterburg in cui Tom Robbins sceglie l’olfatto come bussola per una delle sue strampalatissime avventure.

Malgrado queste gemme rare, nei tardi anni Novanta, quando Gianni De Martino scriveva il suo libro, quella degli odori era un tipo di percezione su cui non ci si soffermava troppo a lungo, né troppo volentieri. Oltre ai testi già citati, va ricordata l’opera dello storico del mondo greco antico Marcel Detienne. Inevitabile poi, per il topo di biblioteca alla ricerca di ghiottonerie odorose, incappare nella Storia naturale dei sensi (1992) in cui Diane Ackerman, poetessa, saggista e autrice di libri per ragazzi, coniava la definizione dell’olfatto come «il senso muto, l’unico senza parole». Questa dura sentenza è piaciuta tanto ai lettori da essere ripetuta ancora oggi senza tregua e senza verificare se sia ancora fondata alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e alla luce del fatto che, in testi come Odori, le parole sono state trovate eccome.

La costruzione di un discorso e di un immaginario intorno all’olfattuale è stata, all’epoca della prima stesura di questo libro, un’impresa senz’altro originale e attraversata da emozionanti vene di ardimento. E, perché no, anche di sfida. L’olfattivo è il grande rimosso della nostra società e il solo nominare questo senso provoca ancora oggi reazioni contrastanti: fastidio, sufficienza, ilarità, sospetto. Sensazioni che ho riscontrato personalmente nelle persone quando, nel 2010, ho dato vita a una rassegna intitolata Smell – Festival dell’Olfatto che per dieci anni ininterrotti si è svolta nei musei e nella città di Bologna. Nella fase di documentazione e approfondimento che ha preceduto e accompagnato la realizzazione di questa impresa, il libro Odori di De Martino è stato un caposaldo a cui aggrapparmi e provare che la mia idea non era del tutto peregrina. Grazie a questo precedente, non solo si poteva considerare l’olfattuale un degnissimo campo d’azione su cui intessere discorsi, sperimentazioni, percorsi di formazione e occasioni di socialità, ma anche una strada per portare alla luce il carattere corporeo del sapere, e la nozione di conoscenza come processo incarnato.

Il fatto che una parola come odore (o smell in inglese) sia percepita in chiave per lo più negativa, è già una chiara evidenza della nostra tendenza – culturalmente indotta – a prendere le distanze da questa materia, fortemente intrisa di istanze corporee. Non era raro, fino a poco tempo fa, sentire persone che si compiacevano di non percepire gli odori quasi beneficiassero di un privilegio riservato a pochi eletti (per lo più intellettuali). Considerazioni sulle ragioni storiche e culturali, nonché sulle implicazioni psichiche, cognitive e persino politiche della dissociazione tra mentale e corporeo, sono tutte nel libro che avete tra le mani. Moltissimi sono i temi trattati in modo poliedrico da Gianni De Martino, perciò nella mia prefazione era superfluo aggiungere ulteriori argomenti. Mi premeva piuttosto inquadrare quest’opera in un certo panorama culturale riconoscendone il ruolo pionieristico e il prezioso contributo offerto alla liberazione dell’olfatto da un antico e persistente pregiudizio.

Questo libro apripista, per il fatto di essere stato concepito in anticipo sui tempi, dissezionando con acume ogni aspetto della questione – anche a rischio di destabilizzare un po’ il lettore – risulta oggi attualissimo. Con un titolo che si spalanca sulla sensuale e stupefatta rotondità della lettera O, ci ispira a usare in modo più consapevole l’olfatto e a dissodare un terreno sensoriale su cui far germinare nuovi sentori di conoscenza.

Grazie a Francesca Faruolo

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