PENSARE IL TERRORISMO

SENZA CONFINI

hamasSecondo un eminente psichiatra egiziano ( Il dr. ‘Adel Sadeq, presidente dell’Associazione degli psichiatri arabi e capo del Dipartimento di psichiatria alla ‘Ein Shams University del Cairo) “…La struttura psicologica [dell’autore di un attacco suicida] è quella di un individuo che ama la vita. .

Essi ( gli occidentali) sono incapaci di capire [l’attacco suicida] perché la loro struttura culturale non ha concetti come il sacrificio di se stessi e l’onore. Questi concetti non esistono in molte culture, e quindi essi offrono stupide interpretazioni, dimostrando ignoranza…Invece noi questo lo conosciamo bene, perché la nostra è una cultura di sacrificio, lealtà e onore…Bush era in errore dicendo che la ragazza stava uccidendo il futuro quando ha scelto di uccidersi. Al contrario: lei è morta per far vivere gli altri (…) Quando il martire muore di martirio, ottiene la vetta della felicità…

Come psichiatra professionista, io dico che la vetta della felicità arriva con la fine del conto alla rovescia: dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno. E, poi, tu premi il bottone per farti esplodere. Quando il martire arriva a ‘uno’, e poi ‘boom’, esplode, e si sente volare, perché lui sa con certezza di non essere morto…E’ un passaggio ad un altro mondo, più bello, perché egli sa molto bene che in pochi secondi vedrà la luce del Creatore.

Lui sarà nel punto più vicino possibile ad Allah…” ( Un eminente psichiatra egiziano esalta i terroristi suicidi).

Temo che lo psichiatra egiziano prenda lucciole per lanterne. “Un tempo – scrive d’altra parte Mohammed Arkoun in L’Islam morale et politique – nel linguaggio coranico, si parlava di sakina, la calma interiore, lo sguardo sereno, tollerante, comprensivo portato dagli uomini sulle loro condotte poste dapprima alla luce del Giudizio di Dio”. Evidentemente questo guardo metafisicamente potente viene dimenticato e accantonato dallo psichiatra egiziano che esalta la fabbricazione degli uomini-bomba, forse perché la sakina è politicamente inefficace.
Posta sotto il segno del risentimento, della vendetta e della volontà di potenza dell’islàm politico la luce di Dio, la sakina, è scomparsa dalla sensibilità musulmana. Così com’è scomparsa la nobile e generosa fierezza dell’arabo, sostituita oggi da un virilismo medio, medio-arabo, ipocrita, misogino e mediamente risentito e paranoico-sacrificale.

Anche numerose e nostalgiche canzoni, diffuse da Cd, radio e televisioni arabe inneggianno all’eroismo del martire-killer. Questa canzone diffusa dalla televisione dell’Autorita’ Palestinese inneggia per esempio alla sete della terra per il sangue dei bambini. Dice: “Come e’ dolce il profumo degli shahid [martiri-killer], come e’ dolce la fragranza della terra, la sua sete si placa con il fiotto di sangue che sgorga dai giovani corpi…”.

Va osservato che la morte che s’incontra nel flusso della vita si situa nel punto – intenso e feroce – in cui la vita va al di là. Nella morte si sperimenta uno stato modificato di coscienza o trance radicato nell’organismo. Al limite, tutti i sensi si riassorbono ( come nello yoga) verso l’interno, e l’apparato psichico sembra emanare, come fanno le stelle prima di spegnersi, il massimo della sua luce naturale. Questa disponibilità all’estasi può essere considerata una risorsa arcaica dei corpi viventi, e di fatto viene, come ci insegnano antropologi ed etnologi, manipolata e utilizzata da numerosi gruppi arcaici nei riti di possessione o anche per suscitare il tipico furore utile per compiere razzie e fabbricare guerrieri. La risorsa costituita dalla naturale e arcaica disponibilità dell’organismo all’estasi viene manipolata dal gruppo e assume svariate forme culturali.

La forma più recente e spettacolare di trance è la fabbricazione, all’interno di gruppi e di comunità islamiste, di uomini-bomba: la mutazione involutiva più atroce, per la nostra sensibilità e per la coscienza, dell’uomo cosiddetto civilizzato. La morte naturale che s’incontra nel flusso della vita diventa bricolage luciferino, un “montaggio” dovuto al forte condizionamento di soggettività predisposte da parte del gruppo orientato verso il gorgo vuoto del godimento. Lo sballo mistico attinge alle forze dell’odio e dell’amore che spingono i corpi gli uni contro gli altri ed esplode a corto circuito dove le acque della vita e della morte si confondono e splende la luce aurorale dei punti limite dell’organismo: ovvero sia la luce dell’orgasmo che quella della morte. In entrambi i casi la vita incontra un punto limite intenso e feroce, e passa al di là dell’io e del mio.

( Illustrazione dal Giornalino dei Piccoli “Moujtaba” , edito in Kuweit dagli iraniani, con la mamma di un martire-killer palestinese che offre dolcetti agli amici dello stragista per celebrarne il “matrimonio” in Paradiso)

Nelle leggende che esaltano il martirio-assassinio come perfezionamento del “supremo sforzo sulla via Allah”, le iridiscenze della putrefazione dell’umano assumono il caratteristico alone che circonfonde i ritratti dei giovani e giovanissimi killer. I ritratti dei morti troneggiano, come piccoli patriarchi, sui muri delle case delle famiglie “onorate” di aver dato un martire-killer alla causa del gruppo dei fratelli, e da quelle immagini dei poveri bastardi defunti promana un tipico sex-appeal spettrale.

Da un punto di vista psicoanalitico lo scoppio-suicidio nel Paradiso delle 72 vergini promesso ai martiri- killer ( shaid ) si configura come un mezzo per reincontrare il Padre allucinato. Secondo lo psicoanalista Iakov Levi: “ nell’Islam non esiste un vissuto filogenetico di permissività sessuale e di tolleranza, come invece in occidente, e quindi l’esposizione martellante e continua alla permissività sessuale occidentale e a un contenuto che era stato ferocemente rimosso ha provocato lo scoppio” ( Paranoia e borderline disorder ). Lo scoppio viene preceduto dalla riattivazione del senso di colpa arcaico per le proprie pulsioni voyeristiche e genitali eterosessuali. Si tratterebbe di una condizione borderline millenaria che incontrando l’insostenibile vista dei genitali femminili occidentali si risolve in paranoia galoppante. “ Il suicidio – osserva Iakov Levi – è quindi essenziale per rincontrare il Padre, e nell’unico posto contemplabile, visto che non si tratta di Padre fantasticato, ma allucinato: nella placenta.

Solo lì ci sono peni maschili e femminili, a coppie, a gemelli.

Quelli femminili poi, non essendo reali, possono essere numerosissimi. Il Paradiso dei Martiri contiene 72 Vergini = peni femminili non evirati. Anche queste sono intercambiabili con bambini. La pedofilia è diffusissima nel mondo islamico, poichè se lo scopo non è la penetrazione eterosessuale ma incontri- scontri con peni, l’orifizio diventa superfluo e la natura del pene irrilevante. Cosa se ne fanno, infatti, di 72 Vergini nella placenta, se non perché queste sono peni e non donne ? Vergini, perchè neanche lì non sarà loro concesso di osservare il genitale femminile, il loro pene verginale farà anche lì da strumento apotropaico contro il voyeurismo e la penetrazione genitale. Lì si incontreranno con Allah e infiniti peni danzanti, di tutti i colori e le misure” ( Islam e clitoridectomia ).

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(shahada)*

TERRORE : http://www.cat2002.org/intro.html

TERRORE: http://www.cat2002.org/credit/imagine_n.html

TERRORE: Corpetto esplosivo

* Terrorismo, come si fabbrica un martirekiller

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A Genova, un cartello sovrapposto alla targa in memoria di un innocente martirizzato ad Auschwitz – l’allora rabbino della comunità genovese Riccardo Pacifici . Il cartello inneggia a Yassin, famigerato fabbricante ed esportatore di martiri-killer – qualche mese fa fermato, appena in tempo, prima di continuare a fare ancora molto male ai palestinesi e a tutti gli altri. Lo si definisce “caduto per la libertà”, ovvero per la libertà di nuocere ad oltranza: un’idea di libertà che si dissipa nell’illimitato, tipica rivendicazione dei borderline e dei soggetti variamente sinistrati.

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glossa

“L’infinito ? Sì, va’ citrullo! ” ( Antonio Porta , rivolgendosi all’area delle cosiddette macchine desideranti del movimento giovanile cosiddetto antagonista degli anni ’70 ). Una garbata ironia, quella del poeta, ma anche un richiamo allarmato alla tendenza che allora si delineava anche in Italia a sprofondare in basso, sempre più in basso… Solo che alla “macchine desideranti” di quegli anni si sono sostituite, ticchettando come bombe ad orologeria, le tipiche “macchine ossessive” dei nostri ultimi anni – in un secolo che credevamo stufo del Paradiso e che si sarebbe accontentato di un po’ di conoscenza…

Ma la conoscenza richiede coraggio; e non tutti , oggi , sopportano un mondo aperto, inventivo e produttivo. Aggrappate a identità fisse e contratte, numerose persone passano accanto alle differenze e alle differenze nelle differenze, nella credenza che tutto sia uguale a tutto. Fra vittime e carnefici c’è invece differenza, non semplice diversità. E la differenza resta incolmabile, inspiegabile – impensabile, come del resto lo è il perdono…che non salva dal nuovo, minaccioso ritorno dell’identico, ma forse guarisce chi resta dalla disperazione.

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