Le parole del papa : "La crisi della fede nella scienza"

Le parole del papa

La crisi della fede nella scienza

La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande.

 

 

 tratto da Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità nell’Europa dei rivolgimenti, Paoline, Roma 1992, p. 76-79, di Joseph RATZINGER

  "Nell’ultimo decennio, la resistenza della creazione a farsi manipolare dall’uomo si è manifestata come elemento di novità nella situazione culturale complessiva. La domanda circa i limiti della scienza e i criteri cui essa deve attenersi si è fatta inevitabile. Particolarmente significativo di tale cambiamento del clima intellettuale mi sembra il diverso modo con cui si giudica il caso Galileo.

Questo fatto, ancora poco considerato nel XVII secolo, venne -già nel secolo successivo- elevato a mito dell’illuminismo. Galileo appare come vittima di quell’oscurantismo medievale che permane nella Chiesa. Bene e male sono separati con un taglio netto. Da una parte troviamo l’Inquisizione: il potere che incarna la superstizione, l’avversario della libertà e della conoscenza. Dall’altra la scienza della natura, rappresentata da Galileo; ecco la forza del progresso e della liberazione dell’uomo dalle catene dell’ignoranza che lo mantengono impotente di fronte alla natura. La stella della Modernità brilla nella notte buia dell’oscuro Medioevo (1).

Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili. Tra questi, rivestirebbe un ruolo di primo piano l’affermazione dell’esistenza di uno spazio assoluto; opzione che tuttavia è stata poi cancellata dalla teoria della relatività. Egli scrive testualmente:

   «Dal momento che, con l’abolizione del presupposto di uno spazio vuoto e immobile, non si      produce più alcun movimento verso di esso, ma soltanto un movimento relativo dei corpi tra loro, e poiché la misurazione di tale moto dipende dalla scelta del corpo assunto come punto di riferimento, così ?qualora la complessità dei calcoli risultanti non rendesse impraticabile l’ipotesi? adesso come allora si potrebbe supporre la terra fissa e il sole mobile» (2).

Curiosamente fu proprio Ernst Bloch, con il suo marxismo romantico, uno dei primi ad opporsi apertamente a tale mito, offrendo una nuova interpretazione dell’accaduto.

Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo. Fin qui, Bloch espone solo una concezione moderna della scienza naturale. Sorprendente è invece la valutazione che egli ne trae:

   «Una volta data per certa la relatività del movimento, un antico sistema di riferimento umano e cristiano non ha alcun diritto di interferire nei calcoli astronomici e nella loro semplificazione eliocentrica; tuttavia, esso ha il diritto di restar fedele al proprio metodo di preservare la terra in relazione alla dignità umana e di ordinare il mondo intorno a quanto accadrà e a quanto è accaduto nel mondo» (3).

Se qui entrambe le sfere di conoscenza vengono ancora chiaramente differenziate fra loro sotto il profilo metodologico, riconoscendone sia i limiti che i rispettivi diritti, molto più drastico appare invece un giudizio sintetico del filosofo agnostico-scettico P. Feyerabend. Egli scrive:

   «La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione» (4).

Dal punto di vista delle conseguenze concrete della svolta galileiana, infine, C. F. Von Weizsacker fa ancora un passo avanti, quando vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica.

Con mia grande sorpresa, in una recente intervista sul caso Galileo non mi è stata posta una domanda del tipo: «Perché la Chiesa ha preteso di ostacolare lo sviluppo delle scienze naturali?», ma esattamente quella opposta, cioè: «Perché la Chiesa non ha preso una posizione più chiara contro i disastri che dovevano necessariamente accadere, una volta che Galileo aprì il vaso di Pandora?».

Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. […] Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".

 (1) Cfr. W. Brandmüller, Galilei und die Kirche oder das Recht auf Irrtum, Regensburg 1982.
(2) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920; Cfr F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 110.
(3) E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Frankfurt/Main 1959, p. 920s.; F. Hartl, Der Begriff des Schopferischen. Deutungsversuche der Dialektik durch E. Bloch und F. v. Baader, Frankfurt/Main 1979, p. 111.
(4) P. Feyerabend, Wider den Methodenzwang, FrankfurtM/Main 1976, 1983, p. 206.Tratto da http://www.ratzinger.it/index.ph

Su wikipedia, invece, si legge: < Il 15 marzo 1990, [papa Benedetto XVI ] ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, riprese un’affermazione di Paul Feyerabend: «All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto» [21], aggiungendo però : «Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande.Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica. »; mostrando quindi di criticare le idee di Feyerabend su Galileo, sul cui processo Giovanni Paolo II aveva chiesto ufficialmente scusa per l’errore della Chiesa> da http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Benedetto_XVI

< [21] citazione di P. Feyerabend, tratta da Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità nell’Europa dei rivolgimenti, Edizioni Paoline, Roma 1992, pag. 76-79 >

Il testo di wikipedia riassume in maniera semplificata ed errata “un discorso nella città di Parma”, facendo credere che papa Benedetto XVI, “ancora cardinale”, condividesse e facesse propria  l&rsquo;opinione di Feyerabend. Il medesimo testo wikipediano compare nella lettera inviata da 67 cervelli  contro l’intervento del professor Ratzinger all’Universit&agrave; la Sapienza: “Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Feyerabend: ‘All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto’. Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all’avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano”. Tra i firmatari della lettera inviata al rettore della Sapienza compaiono i fisici Andrea Frova, autore con Mariapiera Marenzana di un libro su Galileo e la Chiesa, Luciano Maiani, da poco nominato presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Carlo Bernardini, Giorgio Parisi, Carlo Cosmelli.

Davvero offensivo e umiliante è che questi docenti dell’Universit&agrave; di Roma, pur guadagnando abbastanza per fare ricerche più serie e comprare qualche libro, basino in gruppo la loro “scienza&rdquo; sull’enciclopedia on line wikipedia. Nel rifiuto della complessità si annida, ancora una volta, l’asineria e la tirannia che sembrano aver trasformato l’Universit&agrave; la Sapienza in un degradato centro sociale e discarica ideologica.  Stando così le cose, è molto più dignitoso e produttivo stare dalla parte della Chiesa anziché di coloro che infantilmente l’attaccano. In fondo, e neanche tanto in fondo, negare alla Chiesa ogni sapere sul bene è una forma di odio che non porta a niente di buono.

La scienza, insiste il Pontefice, "contribuisce molto al bene dell’umanità ma non è in grado di redimerla. L’uomo viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio". E ancora, tornando sui temi dell’enciclica Spe salvi  ( v.  Lettera Enciclica sulla speranza cristiana) nel discorso all’Angelus del 2 dicembre 2007: “Che non vi succeda quel che avvenne al tempo di Noè, quando gli uomini mangiavano e bevevano spensieratamente, e furono colti impreparati dal diluvio". Sono parole serie che vanno prese sul serio.

Diffuso dal Vaticano il testo del discorso che Benedetto XVI avrebbe pronunciato alla Sapienza

>Corriere della Sera. Papa, il discorso mai pronunciato: «Non impongo la fede con autorità&raquo; – (…) Nei tempi moderni si sono dischiuse nuove dimensioni del sapere, che nell’universit&agrave; sono valorizzate soprattutto in due grandi ambiti: innanzitutto nelle scienze naturali, che si sono sviluppate sulla base della connessione di sperimentazione e di presupposta razionalità della materia; in secondo luogo, nelle scienze storiche e umanistiche, in cui l’uomo, scrutando lo specchio della sua storia e chiarendo le dimensioni della sua natura, cerca di comprendere meglio se stesso. In questo sviluppo si è aperta all’umanit&agrave; non solo una misura immensa di sapere e di potere; sono cresciuti anche la conoscenza e il riconoscimento dei diritti e della dignità dell’uomo, e di questo possiamo solo essere grati.

Ma il cammino dell’uomo non può mai dirsi completato e il pericolo della caduta nella disumanità non è mai semplicemente scongiurato: come lo vediamo nel panorama della storia attuale! Il pericolo del mondo occidentale – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilit&agrave;, costretta a riconoscerla come criterio ultimo. Detto dal punto di vista della struttura dell’universit&agrave;: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande.

Se però la ragione – sollecita della sua presunta purezza – diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e – preoccupata della sua laicità – si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma.

Con ciò ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell’universit&agrave;? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà (…) . Leggi il testo integrale su:

>http://www.clonline.org/articoli/ita/quartino.pdf

 

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3 risposte a Le parole del papa : "La crisi della fede nella scienza"

  1. anonimo scrive:

    …mah, ammesso e non concesso che Cini, Odifreddi e compagnia abbiano bisogno di fare copia e incolla da wikipedia per dire la loro (…dai, francamente mi sembra un attacco tipico da disinformatzja, come se dicessi a lei Gianni che ha bisogno del sito unofficial dei fans di Ratzinger per trovare dati e argomenti, e non è vero) ho cercato un poco l’originale del discorso del Papa messo sotto accusa ed ho trovato qualcosa sul sito vatican.va

    Con tutto il rispetto, non mi pare però che la citazione di Feyerabend sia stata sufficientemente argomentata dal pontefice; in sostanza resta ambigua anche nella sua contestualizzazione. Certamente è un povero parere personale, ma mi sono tenuto alla larga da ogni furore laicista….

    Saluti

    Fabio D’Amico

  2. giannidemartino scrive:

    Questo è il testo della famigerata lettera dei fisici del dipartimento di Roma.

    ——

    LETTERA AL RETTORE DELL’UNIVERSITA’ LA SAPIENZA

    Roma, 23 novembre 2007

    Al Magnifico Rettore

    Prof. Renato Guarini

    Università “La Sapienza”

    Roma

    e p.c. Al Presidente dell’AST, Prof. Guido Martinelli

    Al Preside della Facoltà di Scienze MFN Prof. Elvidio Lupia Palmieri

    Al Direttore del Dipartimento di Fisica Prof. Giancarlo Ruocco

    Magnifico Rettore,

    con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l’intervento di papa Benedetto XVI all’Inaugurazione dell’Anno Accademico alla Sapienza.

    Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Feyerabend: «All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all’avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.

    In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l’incongruo evento possa ancora essere annullato.

    Le porgiamo doverosi saluti,

    Firmata da 69 docenti del Dipartimento di Fisica

    Gabriella Augusti Tocco, Luciano M. Barone, Carlo Bernardini, Maria Grazia Betti, Enrico Bonatti, Maurizio Bonori, Federico Bordi, Bruno Borgia, Vanda Bouche’, Marco Cacciani, Francesco Calogero, Paolo Calvani, Paolo Camiz, Mario Capizzi, Antonio Capone, Sergio Caprara, Marzio Cassandro, Claudio Castellani, Flippo Cesi, Guido Ciapetti, Giovanni Ciccotti, Guido Corbo’, Carlo Cosmelli, Antonio Degasperis. Francesco De Luca, Francesco De Martini, Giovanni Destro-Bisol, Carlo Di Castro, Carlo Doglioni, Massimo Falcioni, Bernardo Favini, Valeria Ferrari, Fernando Ferroni, Andrea Frova, Marco Grilli, Maria Grazia Ianniello, Egidio Longo, Stefano Lupi, Maurizio Lusignoli, Luciano Maiani, Carlo Mariani, Enzo Marinari, Paola Maselli, Enrico Massaro, Paolo Mataloni, Mario Mattioli, Giovanni Organtini, Paola Paggi, Giorgio Parisi, Gianni Penso, Silvano Petra. >

  3. toporififi scrive:

    Buongiorno, ho letto con attenzione la sua esposizione della controversia, finalmente documentata per quello che realmente è stato detto.

    Personalmente credo che il problema nasca però da altre circostanze da quelle epistemologiche.

    Il processo a Galileo non si può dire giusto o sbagliato in base alla correttezza di una visione scientifica o di un’altra differente e contrapposta, come il sistema eliocentrico o geocentrico, ma va considerato sbagliato in quanto processo, processo che prevede una pena per la posizione intellettuale personale di chi la esprime.

    Gli abili “Loro culpa” di Giovanni Paolo II, potrebbero trovare nell’attuale papa, finalmente, una chiarificazione in questo senso, ha strumenti intellettuali ben più raffinati del precedente, ma vedo che si risolvono in fondo, di nuovo, in un processo, anche se in formula assolutoria per insufficienza di prove.

    La comunità scientifica che si è opposta alla visita, ha stigmatizzato, forse in modo grossolano, questo aspetto, ha cioè contestato al papa la sua autorità di giudizio nel merito scientifico, e in questo non era sbagliato il dissenso.

    Hanno praticamente detto che il processo a Galileo non si fa più nè avrebbe mai dovuto esser stato fatto.

    La contrapposizione tra il cristianesimo occidentale e il metodo sperimentale scientifico nasce dall’incomprensione di fondo della dottrina cristiana stessa, sia per quanto riguarda i suoi fondamenti dogmatici e teologici che per la prassi originaria che non prevede la repressione del pensiero differente.

    Il discorso da fare invece mi sembra che debba essere; con quale posizione etica si confrontano la ricerca e lo sviluppo tecnologico nel loro interferire e modificare la vita dell’uomo sulla base delle teorie scientifiche che vengono costantemente modificandosi?

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