L’ ORDA DEI FRATELLI SENZA PADRE

E ALLUCINAZIONE INTRAUTERINA


La Sirenetta con il burqa, Danimarca dicembre 2004

Mi è sembrato significativo, nel corso dei miei soggiorni in diversi paesi islamici e alla lettura dei testi della tradizione, sia l’insistenza con la quale si ripete continuamente che Dio non è il padre – con la conseguenza dell’affermazione di un monoteismo dai tratti astratti e violenti – sia la vera e propria rimozione, se non il panico, dell’alterità femminile.

L’islamismo politico radicale appare come il sintomo più visibile delle rimozioni costitutive di un mondo che entra in crisi al contatto con la modernità . Senza il lavoro di una cultura che preparasse il passaggio da un tempo quasi immobile ai continui cambiamenti, e incapace di fare criticamente i conti con la propria storia, l’Islam, nella maggior parte dei casi, proietta polemicamente la “colpa” dei propri ritardi, delle proprie disfunzioni e delle proprie deficienze su un indistinto Occidente di “ebrei”, di “crociati” e di musulmani ritenuti “troppo tiepidi”, se non apostati.

Alla “cesura” del soggetto in evoluzione anche nei paesi islamici e all’immobilismo della tradizione – che dà luogo a una vera e propria disperazione di massa che si esprime in termini di terribili depressioni e di scoppi spettacolari di esaltazione fanatica – occorre aggiungere l’incremento demografico delle moltitudini arabe e islamiche, percorse da una gioventù verdeggiante, a un tempo entusiasmante e oppressiva,

“Mektoub”, ovvero “ è scritto”, esprime un lungo regime di proibizione di pensare e una chiusura interna all’islam, una vera e propria mentalità del serraglio e della sottomissione sia al più forte sia alla lettera che quando non uccide trasforma il reale in un cumulo di affabulazioni e la persona umana a un’ombra priva di ogni capacità di esercitare liberamente e responsabilmente la libertà in una relazione significativa con se stessa, con gli altri, con l’universo mondo e con Dio.

Un dio Allah che nella maggior parte dei casi viene concepito come una specie di Saddam Hussein cosmico, o comunque come separato dall’umano dall’abisso delle qualità.

La luce del dio Allah, eccetto che per qualche sufi, non partecipa dello stesso essere dell’anima dell’uomo e della donna, per cui la storia è immobile, l’apocalisse è già avvenuta, il sole del dio Allah brilla sempre allo zenith.

O perlomeno così dovrebbe essere, secondo i musulmani, “la migliore delle nazioni”. Dal momento che il sole si muove, che molte sono le storie possibili, o anche impreviste, e l’islam di fatto non trionfa la colpa non può che essere degli ebrei, dei crociati e dei musulmani non musulmani, che occorre far ripassare – con le buone o con le cattive – per l’Origine.

Il meccanismo fondamentalista legato alla nozione di “ritorno” a un islam immaginato puro, originario e vittorioso, si presta sia a un processo di elaborazione teorica dai toni nostalgici e regressivi , sia al delirio e poi all’aggressione e all’applicazione pratica del delirio.

Cominciando, come in Arabia saudita o nel lugubre regime degli ayatollah, con l’istituzione della polizia religiosa, i guardiani incaricati d’incrementare le virtù e di reprimere il vizio tramite il pio esercizio del terrore in nome della Legge del dio Allah. In sintesi: il dio-Padrone-dei-mondi è tutto, e l’uomo e il mondo sono niente.

Stando così le cose non resta che attrupparsi, come tanti girini in uno stagno, sognando la grande Umma o universale e gloriosa comunità di Allah, lamentandosi che se il reale con corrisponde all’eterna Aurora dell’Islam vittorioso è perché si è “vittime delle circostanze”. Se la colpa è degli ebrei e dei crociati, non resta che uscire dalle moschee con gli occhi iniettati di sangue, il volto ricoperto da quelle orrende kefiah simili ai cappucci del Ku Klux Klan.

Sono mondi, quelli arabi e islamici, in cui manca anzitutto la giustizia, ovvero la base stessa delle relazioni umane. Gran parte dell’insegnamento diffuso da imam semiletterati e da sceicchi semilintellettuali si riduce a una selezione – su base wahabita, khomeinista o da Fratelli Musulmani – della sterminata e variegata tradizione dei numerosi islam e dei passi più aggressivi del Corano, decontestualizzati e letteralmente appresi, secondo un’esegesi acritica e pragmatica, per niente simbolica o spirituale, che riduce l’immagine del mondo in cui vivono le giovani generazioni a un cumulo di affabulazioni, di sordo risentimento e di assurdità.

Lo sgretolamento profondo delle relazioni tra il reale e le forme simboliche dell’islam è rappresentato in maniera spettacolare specialmente dagli estremismi, che evacuando la metafora e aggrappandosi all’a-temporalità della lettera, tendono all’applicazione pratica dell’Idea dell’Uno, ovvero all’esercizio della crudeltà e all’instaurazione di regimi oppressivi e totalitari, facendo ricorso a un vocabolario religioso.

Il vocabolario del nazi-teoscientismo-islamico è l’esito catastrafico della crisi e decomposizione dell’islam e della sua ricomposizione nei termini dell’islam politico che oggi occupa la scena, presentandosi come un islam monolitico, costituito da una mescolanza di illusioni di tipo paranoico-sacrificale.

A ritornare non è il religioso o lo spirituale, ma una specie di contrazione verso l’informe decomposizione della funzione metaforica e dello stesso immaginario, dove l’Origine si mostra come un organo collettivo spalancato su un’angoscia politica senza fondo.

“Alla radice del problema – nota il fisico Haim Harari – vi è il fatto che tutta la regione musulmana è totalmente disfunzionale, e lo sarebbe anche se Israele avesse aderito alla Lega Araba e se da 100 anni esistesse uno stato indipendente palestinese. I 22 paesi della Lega Araba, dalla Mauritania agli Stati del Golfo, hanno una popolazione complessiva di 300 milioni, superiore a quella degli Stati Uniti…e con tutto il loro petrolio e le loro risorse naturali hanno un PIL minore di quello complessivo dell’ Olanda e del Belgio…Lo status sociale delle donne è peggiore di quanto fosse in occidente 150 anni fa. I diritti umani sono al di sotto di ogni standard ragionevole, malgrado il fatto grottesco che la Libia è stata eletta alla presidenza della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. In base ad una relazione preparata da un comitato di intellettuali arabi e pubblicata sotto gli auspici delle Nazioni Unite la quantità di libri tradotti in tutto il mondo arabo è inferiore a quelli tradotti in Grecia…

Tutto ciò crea un terreno di cultura senza precedenti per dittatori crudeli, reti terroristiche, fanatismo, incitamento all’ odio, assassini suicidi ed un declino complessivo. Ed è un fatto che quasi chiunque nella regione dia la colpa di tutto ciò agli Stati Uniti, ad Israele, alla civiltà occidentale, all’ ebraismo ed al cristianesimo, eccetto a sé stessi…. “.

Un gruppo o una comunità disorientata può così regredire perdendo la più comune capacità di autocritica, se non spirituale. “Il delirio collettivo – nota Fethi Benslama, a pag 53 di “La psychanalise à l’epreuve de l’Islam” – gli conferisce in qualche modo un corpo primitivo che sfugge all’interpretazione simbolica, come se avesse un bisogno imperioso di avere delle sensazioni fisiche della Cosa originaria a fior di pelle: a livello dello stesso corpo, di corpi imbricati gli uni negli altri.” Per questo gli islamisti debbono mostrare su se stessi, pubblicamente, le manifestazioni di questo fenomeno, e testimoniare di una risorgenza organica dell’origine comune nei modi della stigmatizzazzione. Si dede vedere, per esempio, la barba nell’uomo, il velo nella donna, la testa mozzata all’infedele, al miscredente o al musulmano “tiepido”, eccetera.

Naturalmente, come avvenne anche durante l’ascesi sfolgorante del nazismo in Europa, nel mondo musulmano esistono milioni di persone dignitose, oneste, perbene che sono devoti musulmani o anche poco osservanti, ma che sono cresciuti in famiglie musulmane. “ Essi – come osserva Haim Hariri – sono doppiamente vittime di un mondo esterno che ora sviluppa una islamofobia e del loro stesso ambiente che spezza i loro cuori con la propria disfunzionalità. Il problema è che questa vasta maggioranza silenziosa di musulmani non sono parte del terrorismo e dell’ odio ma non si sollevano contro di essi. Essi ne divengono complici per omissione “.

Riprendo qui uno scritto dello psicoanalista Isaak Levi, forse può essere utile per cercare di comprendere la fissazione regressiva che ha colpito l’islam e che rischia, per contagio mimetico, di impestare anche i semintellettuali e i semiletterati di civilizzazioni più evolute come quella occidentale, anch’essa tentata dalla barbarie nei suoi esponenti nichilisti, oppure semplicemente nostalgici del Paradiso in terra, del comunismo storicamente sconfitto, così come anche del nazismo.

Come altri esempi storici in Europa e altrove, il discorso islamista è la versione islamica della crisi moderna che ha prodotto moltitudini di smemorati che si vivono in "crisi d’identità", si comportano come bastardi patentati e – con la collaborazione di numerosi paraculi o collaborazionisti multietnici e politicamente corretti a sinistra – ha generato una ideologia sempliciona dotata di tutte le caratteristiche dell’ideologia totalitaria di massa. Come osservava, profeticamente, anche san William Burroughs, beat di antico pelo: " Quando il Semplicione sale su è difficile fermarlo…".

Ecco qualche estratto dello scritto che si può trovare integralmente, con ulteriori osservazioni di vari interlocutori, in : http://www.psicoanalisi.it/utilities/faqforum17.htm

Sei mesi fa ho scritto in "Hatred for Women and Islamic Terror" che tutta questa saga di terrorismo islamico, per me è un’allucinazione intrauterina.

Allora ci ero arrivato analizzando le dichiarazioni dei terroristi e dei dirigenti islamici, che passavano sempre dalle associazioni morte, suicidio, martiri, Allah, orfani, paradiso delle 72 Vergini.

Già allora ho paragonato la fantasia di incontrare Allah nel Paradiso delle vergini a Pinocchio che incontra il padre nel ventre del pescecane.

Arafat qualche mese fa ha dichiarato con lo sguardo sognante e il sorrisino ebete di vedere un milione di martiri che marciano su Gerusalemme. Non un milione di Eroi, bensì un milione di Martiri. Ovvero, la loro meta non è quella di liberare Gerusalemme (il corpo della madre), ma di morirci dentro .

Da qui anche tutto lo sfasamento del conflitto israeliano-palestinese.

Il rapporto degli ebrei con la Terra Promessa è un’interazione a livello edipico, mentre quello degli arabi avviene a livello intrauterino.

Mentre gli israeliani hanno proposto un compromesso, come un bambino che a un certo momento, dopo aver passato lo stadio delle fantasie di onnipotenza verso il corpo della madre, prende atto della realtà nella quale non è figlio unico e deve dividere la madre con i fratelli, gli arabi hanno bisogno del corpo materno come allucinazione intrauterina, e non sono in grado in ogni caso di interagire con lei a livello genitale.

Per questo tutti questi attacchi suicidi sono cominciati solo dopo che è stata proposta loro l’indipendenza, e non prima.

Fino a che gli israeliani si intestardivano su "not one inch" e si rifiutavano di riconoscere persino la stessa esistenza dei palestinesi, questi non ci pensavano nemmeno a suicidarsi.

Per me, lo scopo dei palestinesi non è affatto quello di distruggere Israele, ma solo quello di evitare la propria indipendenza. Paradossalmente stanno manipolando Israele (il borderline è abilissimo nel manipolare) a rioccupare, contro la sua stessa volontà, le zone che sono sotto la loro amministrazione per poter sentirsi le vittime e gli stuprati (livello omosessuale passivo del borderline).

E allora sacrificano i propri figli. Li caricano di bombe, li mandano davanti ai carri armati, e li fanno dormire nelle loro caserme e nei posti dove più ci si deve aspettare un attacco israeliano.

Naturalmente gli israeliani, che non capiscono che si sta trattando di acting out intrauterino, si guardano esterefatti e disorientati. Avanzano ogni volta nuove proposte, solo per ricevere nuovi attacchi suicidi.

Questo è quello che succede quando le persone e i popoli intergiscono tra di loro a livelli psicosessuali diversi.

Lachkar, ancora nel 1994 ha definito il conflitto israeliano – palestinese: "a marital relationship between a narcissist (Israele) and a bordeline (gli arabi)".

Allora la diagnosi era giusta.

Quello che in quei lontanissimi tempi (sono passati otto anni ma sembra che ne siano passati ottanta) ancora non sapevamo, è cosa succede quando il narcisista, per motivi inerenti alla propria evoluzione psicosessuale, si ritira dalle proprie posizioni narcisiste per lasciare spazio al "partner" di crescere e sviluppare la propria indipendenza.

Un disastro.

Il bordeline si sente abbandonato e viene assalito dal panico. A questo punto non gli rimane che suicidarsi, portandosi dietro il partner abbandonatore.

Questa, che è una situazione particolare che fa parte del dialogo Isacco (il figlio preferito dal padre e amato dalla madre) – Ismaele (il figlio cacciato dal padre nel deserto e tenuto lontano dal corpo materno (abbandonato quindi due volte, da ambo i genitori) si è inserito nel dialogo più vasto tra Occidente e Islam, che è un intercourse diverso, anche se ci sono alcuni punti di contatto.

Il punto di contatto principale consiste nel fatto che la società israeliana è essenzialmente una cultura occidentale (democrazia, permissività sessuale, liberalismo economico, avanzamento scientifico e tecnologico).

A questo livello, al di là del dialogo arcaico Isacco – Ismaele, Israele è percepita come una spina dell’Occidente nella loro carne monoteista e iconoclasta, malgrado ebrei e arabi condividano tra di loro, e non con l’Occidente, alcuni di questi parametri.

Riporterò a questo proposito un anneddoto, che non è tale ma storia vera.

Una decina di anni fa, il comune di Firenze ha deciso di regalare a quello di Gerusalemme una copia della statua del David di Michelangelo (dicono del valore di 700000 dollari), a condizione che venga esposta in una delle piazze delle città.

Quando ho sentito la notizia per televisione, mi è venuto da ridere.

Non si potrebbe immaginare niente di più impossibile.

Sembrava la ripetizione dell’ordine di Caligola di esporre la sua statua nel Tempio di Gerusalemme, che ha fatto scoppiare una delle rivolte contro i romani.

Il sindaco di Gerusalemme, con il suo solito humor, ha esclamato: "Sarebbe la prima volta che ebrei e arabi si troverebbero d’accordo in qualcosa. Nel lapidare me!"

Ha risposto a Firenze che ringraziamo per la generosa offerta, ma che noi non usiamo esporre statue nude nelle nostre piazze (avrebbe dovuto aggiungere "non esponiamo statue affatto, né nude né vestite"), e che possiamo mettere la statua in una delle sale del museo d’Israele (ben nascosta).

I fiorentini si sono offesi, non se ne è fatto niente, e poco dopo un mio amico, che è giornalista alla Nazione, mi ha scritto che uno dei giornali aveva riportato che gli israeliani non vogliono il David perché non è circonciso.

Mi scuso per questa disgressione, ma ci aiuta forse a capire come il dialogo ebrei-arabi, ebrei – Occidente, e arabi -Occidente sia complesso, e porti a continue incomprensioni e conflitti, che non possono essere capiti usando parametri "razionali".

Gli occidentali odiano gli ebrei, poichè questi, con la loro presenza, fanno una reattivazione del loro complesso paterno, gli arabi odiano gli ebrei perchè vedono in loro il fratello preferito dal padre e amato dalla madre, colui contro il quale possono solo sempre perdere, e attraverso la loro coazione a ripetere si mettono sempre in condizione di essere le vittime e i perdenti, e gli arabi odiano l’Occidente (questo è l’odio più feroce di tutti ), poichè rappresenta quello che più hanno ferocemente rimosso: la pulsione voyeuristica a quardare il genitale femminile.

Paradossalmente, il conflitto israeliano – palestinese si sarebbe risolto da solo a due condizioni 1) Se gli israeliani non avessero rinunciato al loro ruolo narcisista nella dinamica della coppia narcissist – borderline 2) Se il conflitto non fosse entrato a far parte integrale di quello più ampio Occidente – Islam.

E’ questo secondo quello insanabile, come d’altra parte dicono apertamente i vari Bin Laden e Houmeini, quando parlano di "Gerusalemme sulla strada per Washington".

Arafat si astiene dal dirlo, in quanto si vuole accattivare le simpatie dell’Occidente, facendo leva sull’antisemitismo radicato in questa cultura.

Come sappiamo, i borderline sono estremamente manipolativi e sono dei bugiardi patologici., sempre convinti di dire la verità.

A questo punto possiamo capire anche perchè la stessa inibizione regressiva a guardare il genitale materno, nel giudaismo si sia tradotta in nevrosi ossessiva, mentre nell’Islam si è tradotta in borderline disorder, regressione intrauterina e paranoia.

La risposta è la presenza dell’istanza paterna, che nel giudaismo è onnipresente, mentre nell’Islam è assente e quindi allucinata.

Isacco il narcisista si sente il popolo eletto. E’ il preferito del Padre, con il quale intavola un dialogo aggressivo a livello edipico, seguito da sensi di colpa e regressioni temporali al livello anale, per innescare nuovi tentativi al di là del livello genitale. Un eterno parricidio – espiazione – identificazione. Da qui il potenziamento della libido eterosessuale, attraverso canali sublimativi, mentre invece nell’Islam questa si impoverisce sempre di più dopo ogni fallimento indotto dalla coazione a ripetere.

Il risultato è che qualsiasi fallimento, perdita e lutto, nel giudaismo si traducono in ritorno al Padre, poichè questi è sempre lì che aspetta di venire assassinato ed espiato, una nuova coesione e la sicurezza della propria forza, malgrado spesso questa sicurezza, sul terreno della realtà empirica, non abbia su cui basarsi.

Sembra che gli ebrei si sentano forti anche quando sono i più deboli di tutti .

Gli arabi, invece, si sentono deboli e vittime, anche quando sono forti. Dopo aver completato la conquista di mezzo mondo, si sono trincerati in una depressione e in cicli di regressione borderline self -feeding.

Il punto che ci rimane da capire, e che ci ricollegherà all’inizio, è perchè proprio adesso, in questo ultimo decennio, il borderline disorder sia esploso in paranoia galoppante, e da qui, come da Lei sostenuto:

Uccidere-castrare il figlio- pene della madre equivale a uccidere quel se stessi-pene della madre che si é stati da feti e neonati. Come dire, un tentativo (di nuovo!) di castrarsi- separarsi da una madre totale arcaica, a prezzo della propria potenza generativa.

Bisogna ricordare che la libertà sessuale di cui gode-soffre oggi l’Occidente è una cosa di questi ultimi tre decenni. Fino agli anni settanta non era tale. L’esplosione di nudo è una cosa molto recente.

Bin Laden, che durante gli anni settanta era un giovanotto godereccio in cerca di divertimenti, è tornato dall’America improvvisamente disgustato e sopraffatto dalla promisquità occidentale. E’ lì che, dalle sue stesse parole, ha deciso di attaccare senza tregua e senza compromessi l’Occidente fino a distruggerlo.

Ovvero, messo difronte a tutti quei genitali femminili esposti, gli è esplosa la paranoia.

Per lui, come per molti arabi, l’esperienza ontogenetica dell’abbandono paterno era stata una ripetizione di quella filogenetica collettiva e l’aveva rinforzata. L’abbandono paterno era stato inconsciamente interpretato come causato dalla pulsione genitale – voyeurista. Messo di fronte alla causale dell’abbandono subìto, ha reagito con la determinazione di distruggere l’oggetto della sua libido e la causa del trauma subito: il pene femminile su cui quella si era fissata.

Bin Laden è la rappresentazione antropomorfica di tutto il mondo islamico. Solo negli ultimi decenni, sotto il peso della metamorfosi esperimentata dall’Occidente,e i media che hanno resa possibile la diffusione di immagini in tutto il mondo, questo si è trovato esposto al rimosso pene femminile, e ha innescato la reazione comune: distruggere i peni femminili, causale dell’abbandono paterno.

L’equazione pene femminile = bambino = sé stessi è facilitata ancora di più dai contenuti dell’allucinazione omosessuale paranoica, che sono quelli di incontrare il padre amato-abbandonatore- allucinato e odiato per l’abbandono subito.

Se torniamo alla percezione che tutti i peni siano del padre, maschili e femminili, e Lui è quello che decide quali "segare, quali umiliare e quali lasciare germogliare"(Ezchiele 17,4), nello scontro contro il pene femminile si ha act out anche nell’incontro con il pene paterno allucinato.

Il saldo di apertura di questo ultimo e decisivo stadio della saga islamica è infatti l’incontro – scontro – distruzione – di DUE torri, non una, il pene e il suo gemello, quello reale e quello fantasmatico, quello che c’è e quello che non c’è. Per parafrasare Nietzsche, il viandante e la sua ombra.

Il suicidio è quindi essenziale per rincontrare il Padre, e nell’unico posto contemplabile, visto che non si tratta di Padre fantasticato, ma allucinato: nella placenta. Solo lì ci sono peni maschili e femminili, a coppie, a gemelli.

Quelli femminili poi, non essendo reali, possono essere numerosissimi. Il Paradiso dei Martiri contiene 72 Vergini = peni femminili non evirati.

Anche queste sono intercambiabili con bambini. La pedofilia è diffusissima nel mondo islamico, poichè se lo scopo non è la penetrazione eterosessuale ma incontri- scontri con peni, l’orifizio diventa superfluo e la natura del pene irrilevante.

Cosa se ne fanno, infatti, di 72 Vergini nella placenta, se non perché queste sono peni e non donne ?

Vergini, perchè neanche lì non sarà loro concesso di osservare il genitale femminile, il loro pene verginale farà anche lì da strumento apotropaico contro il voyeurismo e la penetrazione genitale.

Lì si incontreranno con Allah e infiniti peni danzanti, di tutti i colori e le misure.

Iakov Levi

Fonte: http://www.psicoanalisi.it/index.html

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