DHIMMITUDINE E VITA QUOTIDIANA

L’ESTREMISMO ISLAMICO MINACCIA ANCHE LA RAI

Telefonate in arabo al giornalista di Raidue. « Pochi sapevano che è in scaletta il film di Van Gogh »

ROMA — Minacce di morte in arabo per Giovanni Masotti, vicedirettore di Raidue con delega all’informazione. E conduttore di « (Punto e a capo) » , trasmissione di approfondimento che per giovedì 12 maggio, seconda serata, ha in scaletta la proiezione del film « Submission » del regista olandese Theo Van Gogh, assassinato da un islamico proprio per quel che contiene il cortometraggio: 12 minuti in cui si racconta la condizione femminile nell’Islam. La protagonista, che ha i versetti del Corano dipinti sulla schiena, condannata come adultera, è stata picchiata dal marito e punita dalla legge con 100 colpi di frusta.

E ora nel mirino dei fondamentalisti potrebbe essere finito proprio Masotti. Destinatario di cinque consecutive telefonate minatorie ricevute sul suo cellulare nel giro di 45 minuti, due giorni fa. Sul display è comparso il logo: numero privato.

Dall’altra parte una voce di uomo che parlava arabo e con tono assai concitato. In sottofondo una musica mediorientale.

Altre tre chiamate anonime analoghe sono arrivate a Max Parisi, giornalista della trasmissione, per pronunciare più volte la parola fatwa . Ovvero la sentenza di morte dei terroristi islamici. Intanto Edouard Ballaman, il deputato della Lega Nord che ha portato in Italia « Submission » trasmesso anche alla Camera, sollecitandone la messa in onda sulla Rai con una raccolta di firme bipartisan, ha annunciato che da ieri è sotto scorta.

« Spero ancora che si tratti di uno scherzo ai miei danni » , dice Masotti. Che nel dubbio però ieri ha denunciato l’accaduto ai carabinieri del Ros. Consegnando anche un dischetto su cui ha registrato la quinta e ultima telefonata: un minuto e mezzo di prova audio, piuttosto disturbata. « Ero nel mio camerino a Sa xa Rubra con altri tre, quatto colleghi » , racconta il vicedirettore di Raidue. « Saranno state le 18 e 30. Alle prime due telefonate non ci ho nemmeno fatto caso, non capivo niente, sentivo qualcuno che gridava in arabo, ho pensato a uno sbaglio. Alla terza a uno scherzo. Alla quarta abbiamo provato a collegare il telefonino a un registratore che si era portato dietro uno dei miei, ma abbiamo fatto cilecca. Alla quinta ci siamo riusciti » .

Masotti, come facevano i presunti terroristi ad avere il suo numero di telefonino? « Mah, ormai ce l’hanno tutti, altro che segretezza, qui è un groviera bavarese » . A sapere che quelli di « Punto e a capo » meditavano di trasmettere il filmato di Van Gogh non erano nemmeno in tanti.

« Me ne ha portato la copia Ballaman soltanto mercoledì » , ricorda Masotti. « Ma sa, montiamo il programma anche in studi esterni alla Rai » . Cosa le fa pensare che l’abbiamo voluta minacciare? « Non ne sono sicuro, io l’arabo lo parlo poco, sono stato giusto in Afghanistan e Pakistan, ho capito soltanto la frase Allah è grande. Max però è convinto di aver intercettato qualche parola inquietante tipo tu sei morto, quindi, sa com’è » . Parisi infatti ha presentato identica denuncia alla Digos di Milano.

Per adesso « Submission » resta in scaletta. « Non credo che lo cancelleremo. Il film mi ha impressionato, trovo giusto trasmetterlo » . Ultimamente « Punto e a capo » è sempre in primo piano. Il caso Cannavaro, ora le minacce dei fondamentalisti. E lo share che sale all’ 11%. « Con lo scoop su Cannavaro è stata pura fortuna. In questo caso io la notizia delle minacce non volevo nemmeno farla uscire. La verità è che il programma decolla perché finalmente decido da solo. Finché me lo fanno fare ».

Dal Corsera del 7/5

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Ci risiamo. L’Eurabia si presenta anche ai cancelli di Saxa Rubra. Dopo l’acquetta nelle vene di Cannavaro, Giovanni Masotti decide di mandare in onda il 19 maggio (Punto e a capo) il cortometraggio di Theo Van Gogh Submission, censurato in tutti i cinema d’Europa (pardon, d’Eurabia) e che era costato la vita al regista olandese, assassinato per le vie della civilissima Amsterdam da un terrorista islamico. Via Krillix veniamo a sapere che son tornate le minacce, al conduttore e agli autori. Bene, questa volta non passeranno. Quando il produttore ritirò il film dalla programmazione, la città di TocqueVille reagì linkando su ogni blog il film di Van Gogh che via Internet tutti possono vedere. Oggi ci mobiliteremo a difesa di Punto e a capo.

via walkingclass

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SUBMISSION: il film di Theo Van Gogh – Sottotitolato in ITALIANO

Grazie a http://idealiberta.ilcannocchiale.it/

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L’imam promette bombe a chi vede Submission ”( da Libero) Radicali.it

Bombe per Submission

L’imam torinese Bouchta Bouriki, ha scritto al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per avvertirlo che la messa in onda del film di Theo Van Gogh potrebbe creare problemi di sicurezza nel nostro paese. "Io non sono contro la libertà… (continua…)

( via Rolli

 

 

 DHIMMI CHI SEI

L´arcaico universo mafioso dei dhimmi e della dhimmitudine, con la sottomissione, il cedimento alle minacce e il servilismo come pegni di sopravvivenza, sembra in corso di ricostituzione nell´Europa contemporanea. Le diverse scuole giuridiche musulmane hanno nel passato elaborato la giurisprudenza a cui sarebbero sottoposti i dhimmi (abbigliamento, segni di riconoscimento, restrizioni varie, come ad esempio la proibizione di criticare l’islam o di parlare a voce più alta di un islamico). Tali restrizioni sono state abolite nei paesi che hanno recepito il diritto occidentale. Mentre permangono discriminazioni nei paesi più conservatori, si cerca di introdurre la dhimmitudine anche in Europa tramite l’assassinio e le minacce come quelle rivolte al conduttore e agli autori di Punto e a capo che hanno deciso di mandare in onda il cortometraggio di Theo Van Gogh Submission.

Il regista Theo van Gogh aveva osato criticare in un suo documentario l’oppressione delle donne musulmane perpetrata nel nome di una interpretazione fondamentalista del Corano. L’obiettivo di assassinare Theo van Gogh (1957-2004) non è l’esito dell’impulso patologico di un “pazzo” isolato, come occasionalmente può accadere, bensì la decisione presa da un gruppo importante, la cellula HOFSTAD, molto strutturata, con connessioni internazionali e addestrata alla preparazione di attentati importanti in diversi paesi europei. Aveva persino penetrato i servizi di sicurezza nazionale e un simpatizzante del gruppo era impiegato come traduttore dall’arabo dall’AIVD e informava i fratelli. ( Jean-Pierre Stroobants, "Le réseau islamiste "Hofstad" était solidement ancré en Europe," Le Monde, December 9, 2004). Tuttavia un membro del gruppo non ha esitato a mettere l’intera cellula in pericolo per realizzare l’assassinio di Theo van Gogh che non aveva niente di strategico, ma era considerato simbolicamente talmente importante da prendere il rischio di vedere smantellato il gruppo.

Questo la dice lunga sulle motivazioni religiose e il desiderio di azione dei jihadisti d’Europa. Potrebbe anche essere il segno che indica che ormai per i jihadisti l’assassinio individuale di personalità in vista o particolarmente critiche del mondo della cultura, delle arti e del giornalismo è un obiettivo in sé sufficiente.

Anche il pittore di origine marocchino-olandese Rachid-Ben-Ali, incorso nelle ire degli islamisti per alcune sue opere esposte al Museum di Amstelveen (un sobborgo di Amsterdam) è letteralmente sparito dalla circolazione a causa delle ripetute minacce di morte ricevute, alla maniera di Salman Rushdie e di Theo Van Gogh, dagli integralisti , dai fondamentalisti di diverse sponde e dai gruppi jihadisti organizzati.

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Per comprendere come alcuni imam fanno impazzire i musulmani, trasformando numerosi giovani in idioti pericolosi, forse può essere utile rileggere questo articolo del Corriere (“ Le barriere di Rotterdam”, 22 dicembre 2004):

… Il «dossier islam» è esploso dopo l’assassinio di Van Gogh, lo scorso 2 novembre, perché è emerso il legame stretto tra l’assassino, il giovane Mohammed Bouyeri, cittadino olandese di origine marocchina, con la rete delle moschee integraliste. Lui aveva appreso dall’imam della moschea Al Tawhid di Amsterdam, l’egiziano El Sharshaby, che gli ebrei dominano i media e l’industria delle armi e che con i cristiani vogliono distruggere l’islam, così come aveva letto su un manifesto interno alla moschea che i cristiani, gli ebrei e i non credenti sono «legna da ardere nell’inferno».

La demonizzazione dei non musulmani è presente nelle prediche di un altro noto imam, il siriano Ahmed Salam della moschea di Tilburg: «Per quanto concerne coloro che non credono ai versi di Allah e che li indicano come bugie e quindi non credono in Allah e non si comportano in maniera confacente, sono coloro che non conosceranno felicità». Recentemente Abdel Salam ha rifiutato di salutare il ministro dell’Immigrazione Rita Verdonk perché «l’islam vieta di stringere la mano a una donna».

Un altro imam siriano, Jneid Fawaz, della moschea al-Sunna dell’Aja, che vive da 15 anni in Olanda, spiega: «Un musulmano non può stringere la mano a una donna sconosciuta. Può essere sempre motivo di licenziosità e tentazione. L’islam non consente nemmeno di guardare una donna se non è proprio necessario ». La sessuofobia è il tratto saliente degli integralisti islamici nel Paese che ha fatto della libertà sessuale un vessillo. E ciò che maggiormente spaventa sono indubbiamente gli omosessuali, definiti «peggio dei maiali» da Khalil el Moumni, imam della moschea an-Nasr di Rotterdam. Haci Karacaer, responsabile del movimento islamico turco Milli Gorus, dalle cui fila è uscito anche il premier Erdogan, è assai critico: «Gli imam devono sviluppare un nuovo linguaggio. Anche quelli che non predicano la violenza predicano in un modo simile a quello di secoli fa. Se in una moschea qui durante la preghiera del venerdì si parla male degli infedeli, degli ebrei, dei cristiani e degli omosessuali, il musulmano quando esce a distanza di pochi metri vedrà infedeli, ebrei, cristiani e omosessuali. Ciascuno di loro potrebbe essere il tuo vicino di casa, il tuo capo, il tuo collega. Questi imam ogni giorno fanno impazzire i musulmani».

Ricevendomi nella sua modesta abitazione alla periferia di Amsterdam dice: «Ci sono molti giovani, soprattutto giovani di lingua araba, che praticano un islam senza radici. L’islam di questi ragazzi è un "islam spazzatura", che viene da Internet e dalla televisione satellitare.

La causa di tutto ciò è la discriminazione, la sfiducia nella società e nel governo, ma anche la sfiducia nelle moschee. E’ un cocktail esplosivo. Questi ragazzi sono nati qui, eppure non c’è nulla che li faccia sentire olandesi. Si considerano marocchini». Yassin Hartog, un olandese convertito all’islam, è il coordinatore di «Islam e cittadinanza », un’organizzazione che funge da tramite tra le comunità musulmane e lo Stato. Spiega così la crisi di identità dei musulmani: «Il giovane marocchino in patria era fiero del padre quando tornava dall’Olanda con un’automobile. Ma, quando il giovane arriva in Olanda e scopre che il padre fa i lavori più umili rifiutati dagli autoctoni, gli crolla il mito del padre. Allora si mette a studiare e si laurea per emanciparsi, per diventare un vero olandese.Ma alla fine si ritrova comunque discriminato perché gli autoctoni lo rifiutano, magari facendogli notare che ha dei calzini non adatti alle scarpe che indossa». Alla fine per questi giovani di seconda o terza generazione la moschea appare come un rifugio e un riferimento certo sul piano identitario…” ( dal Corriere ).

Il tema dell’identità è diventato un nodo cruciale della nostra cultura e l”Europa sta per diventare, come per improvvisa amnesia, una terra di dhimmi, ovvero di non-musulmani "protetti" da altri islamici, apparentemente più moderati, contro le più crudeli e barbare esazioni dei loro  fratelli islamici . Sembriamo avviati a dover dimostrare gratitudine e magari anche pagare il pizzo alla mafiosità di  questo o quel musulmano semiletterato proclamatosi imam anche per il  nostro bene e quello dell’Italia. No, grazie. Siamo abituati alla libertà responsabile. E non esiste alcuna religione al di sopra della verità, della giustizia  e del rispetto della vita, per non dire della decenza.

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Vincere la paura: sì al film “Submission”, no al terrorismo islamico

Anzitutto voglio rendere un tributo a Theo van Gogh, il regista del film “Submission”, che ha pagato con il sacrificio della propria vita l’aver esercitato il diritto e il dovere di rappresentare in forma artistica un caso specifico di violenza subita da una donna musulmana.

Esprimo la mia solidarietà a Ayaan Hirshi Ali, la sceneggiatrice di “Submission” e deputata olandese, costretta a vivere in clandestinità perché minacciata di morte dai terroristi islamici.

Rivolgo il mio apprezzamento e la mia solidarietà a Giovanni Masotti, il conduttore della trasmissione “Punto e a capo”, che stasera alle 23.05 su Raidue, per la prima volta in una televisione pubblica, trasmetterà alcuni minuti e l’audio integrale di “Submission”, nonostante le esplicite minacce ricevute in lingua araba.

Faccio i miei complimenti all’iniziativa della Lega Nord che ha promosso la proiezione di “Submission” in diverse sale d’Italia.

In secondo luogo voglio condannare il terrorista islamico Mohammed Bouyeri che lo scorso 2 novembre assassinò van Gogh nel centro di Amsterdam.

Denuncio gli imam e i predicatori della violenza che minacciono l’Italia, gli italiani e tutti coloro che rivendicano il diritto di vedere e di far vedere “Submission”.

Condanno i terroristi islamici che uccidono nel nome di Allah e si illudono di poter imporre il loro potere sanguinario, oscurantista e misogino.

Purtroppo ancora una volta avevamo ceduto alla paura, alle minacce e ai ricatti degli integralisti, degli estremisti e dei terroristi islamici che ci hanno voluto far credere che “Submission” rappresenti un vilipendio all’islam e arrechi offesa all’insieme dei musulmani. Nulla di più falso. Penso alla sociologa marocchina Fatima Mernissi che in “Donne del profeta” denuncia la tesi islamica sulla legittimità della violenza contro le donne facendo riferimento al versetto coranico “quanto a quelle di cui temete atti di disobbedienza, ammonitele, poi lasciateli sole nei loro letti, poi battetele; ma se vi ubbidiranno, allora non cercate pretesti per maltrattarle” (Corano, IV, 34). Penso alla teologa americana Amina Wadud che in “Qur’an and woman” afferma la piena parità di diritti tra l’uomo e la donna nell’islam, arrivando a officiare pubblicamente come imam donna una preghiera collettiva con i fedeli dei due sessi. Penso più in generale alla moltitudine di donne e uomini che in Algeria, Iraq, Marocco e altrove si sono ribellati al terrorismo islamico e alla sua cultura della morte.

Io non voglio neppure discutere se sia giusto o meno vedere il film “Submission”, così come non voglio discutere di una moratoria sulla lapidazione delle donne adultere. La sacralità della vita e i diritti fondamentali della persona non sono in discussione. Possiamo sì discutere sui contenuti del film dopo averlo visto. Possiamo essere in disaccordo sul fatto che il “male” risieda nell’islam o se affondi le sue radici nella cultura e nella tradizione. Ma in alcun modo non dobbiamo cedere al terrorismo e alla sua quinta colonna. Ben venga “Submission” nella televisione italiana. E’ un fatto che fa onore all’Italia. E’ un aiuto ai tanti musulmani che si battono contro il terrorismo islamico. E’ un riscatto di libertà e di civiltà che fa ben sperare.

Voglio dire a tutti noi, occidentali, musulmani, cittadini di un mondo libero, che dobbiamo vincere la paura: sia la paura del terrorismo islamico sia la paura dell’incoscienza di un Occidente che con la sua ingenuità culturale ha consentito agli integralisti di mettere le mani sulla rete delle moschee, che con la sua cecità politica ha trasformato il proprio territorio in una roccaforte dell’estremismo islamico, che con il suo ideologismo anti-americano ha finito per elevare il terrorismo a legittima resistenza. Tutti noi dobbiamo vincere la paura per riscattare la nostra vita, la nostra dignità, i nostri valori e la nostra civiltà umana. Noi e gli altri di Magdi Allam

Fonte: http://www.corriere.it/

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 SHARI’A

 

Secondo l’ortodossia islamica, il Corano è stato “fatto scendere” (dal verbo arabo tanzil) in lingua araba sul profeta direttamente dalla Voce di Allah, e quindi è assente la concezione di una scrittura che si forma nella storia e in una relazione di Dio con creature in grado di rispondere o meno alla Parola di Dio, coinvolgendosi liberamente nell’azione di Dio.

Mentre per noi la Sacra Scrittura è cresciuta nella storia di Dio con il suo popolo, con una mediazione della risposta dell’uomo a Dio, coinvolgendo l’uomo nell’azione di Dio, il Corano che viene più che letto recitato in lingua araba è considerato invece come una parola che viene immediatamente, come tale, direttamente da Dio, senza mediazione umana. La Voce detta direttamente, a intermittenza, nel corso di circa vent’anni e successivamente, qualche decennio dopo, s’incarta in un Codice scritto recitato secondo un uso semi-magico e incantatorio della parola recitata. Esistono versetti coranici di grande bellezza, ma anche ingiunzioni terribili che, se applicate alla lettera , decontestalizzate e messe pragmaticamente in pratica, conducono alla crudeltà e ai disastri a cui stiamo assistendo.

Allah, che non è padre, si rivelerebbe ai suoi “servi” esclusivamente tramite il Dettato, il Comando e la Volontà espressi chiaramente e una volta per tutte in un linguaggio perfetto e nell’a-temporalità della lettera ricevuta e recitata in lingua araba, senza possibilità di mediazione. E’ come se l’Apocalisse fosse già avvenuta e il sole dell’islam dovesse brillare sempre allo zenith, in uno spazio privo di ombre e in un tempo immobile, fisso e contratto ( un tempo immobile, peraltro, è tipico nel delirio paranoico e nelle ossessioni ).

Stando così le cose, una critica che faccia riferimento al tempo, alla storia e a una lettura contestualizzata e non letterale applicata al libro sacro per l’Islam è un gesto dissacrante, che espone all’accusa di apostasia, punibile con la morte, da parte dei fanatici.

La sacralizzazione dell’a-temporalità della lettera, del Libro e dello stesso Codice stampato in lingua araba ( che peraltro non può essere toccato da un non-musulmano ) pone questioni impensabili e blocca i timidi tentativi di una lettura aggiornata del Sacro testo da parte dei riformatori musulmani più sensibili e riflessivi, il cui spirito viene mortificato a piè di lettera.

Va osservato che la Volontà di Allah, concepito da imam semiletterati come una specie di Saddam Hussein cosmico, esprime un bisogno che è di ordine affettivo. Egli vuole ricevere l’ adorazione in cambio di beni in questa vita e nell’aldilà. Secondo alcune letture giurisprudenziali del Corano, la natura dello scambio tra il Signore onnipotente e il servitore è tale che l’uomo non ha la possibilità di concepire e produrre cambiamenti, rimettendo in causa la rigidità di un tale rapporto. Ogni manifestazione di volontà, così come ogni amore rivolto al corpo concreto della donna da parte del servitore indebolirebbe la volontà e il piano di un Onnipotente dai tratti astratti, gelosi e violenti.

La separazione spaziale dei sessi, la reclusione delle donne a casa e velo quando esce in pubblico ha come scopo di evitare zina, un crimine-peccato contro il “diritto di Allah” consistente nell’atto sessuale illegale menzionato più volte nel Corano. I fuqaha ( esperti in scienze religiose) divergono sulla punizione di zina, che comprende anche l’adulterio. Alcuni optano per lo hadd ( pena di morte per lapidazione) altri si oppongono. La lapidazione dovrebbe applicarsi sia agli uomini che alle donne, ma la colpevolezza sessuale degli uomini si è andata attenuando. Gli hudûd, le punizioni corporali, la pena di morte e la lapidazione per adulterio che colpiscono soprattutto le donne in Iran, in Pakistan, in Afghanistan, in Nigeria, in Arabia Saudita e occasionalmente anche in Europa vengono applicati in nome della Sharia desunta principalmente dalla tradizione e dall’a-temporalità della lettera coranica. E’ una delle facce retrograde e fanatiche dell’islam, non è tutto l’Islam.

Infatti “ il problema – come osserva Paolo Tatti nella recensione del libro: "Non sottomessa: contro la segregazione nella società islamica" di Ayaan Hirsi Ali (http://www.generazioneelle.it/notizia.asp?n=1010) non è l’islam in quanto tale ma il fatto che la sua dottrina sia rimasta fossilizzata ai tempi di Maometto: in tema di diritti delle donne, per quell’epoca, la sharia era più civile rispetto al mondo cristiano che ancora si interrogava se la donna avesse o meno l’anima. Il vero dramma è che tutto è rimasto tale e quale ad allora: la ragione per Hirsi va ricercata nella mancanza di dialettica teologica interna al mondo islamico, nella chiusura secolare alle altre civiltà (che ha chiuso a sua volta la metà femminile in una gabbia dentro la gabbia) e nella repressione delle voci dissenzienti: ancora oggi opere dei pensatori considerati eretici sono proibite e stampate all’estero. E allora la sua speranza sono gli immigrati che vivono da noi e hanno potuto sperimentare le libertà civili, la società aperta che ha nell’individuo il suo elemento fondamentale. C’è un pericolo però: che mentre i paesi islamici più all’avanguardia come il Marocco si riformino pian piano dall’interno i suoi emigrati non percepiscano questi cambiamenti vivendo nei ghetti delle periferie europee con le vecchie concezioni e senza integrarsi. Colpisce molto, infatti, che molti immigrati islamici ben poco devoti nel loro paese abbiano riscoperto la religiosità in terra straniera come reazione alla nuova società che li accoglieva. E’ stata questa la sorte che ha unito due persone diverse e vicine per cause opposte all’autrice del libro: sua sorella e l’omicida di Theo Van Gogh” .

Per il Corano,inoltre, l’omosessualità è "abominio" ( al faisha) che esige l’eliminazione dei peccatori. In tutti i Paesi islamici – benchè esista in maniera diffusa e sommersa ( a differenza dei paesi occidentali dove invece emerge in forma visibile e concentrata) , l’omosessualità ( sciudud ) è un reato nei confronti del "diritto di Allah" che, in almeno una dozzina di Stati, è punito con la pena di morte con i mezzi più atroci.

– La SHARI’A , ovvero la “ ‘fonte normativa’ per regolamentare – nell’interpretazione presa alla lettera e l’applicazione fondamentalista e selettiva della tradizione, amputazioni, lapidazioni, crocifissioni e sgozzamenti anche in Europa per via dell’offesa supposta o suggerita al Diritto del dio Allah da questo o quello sceicco, imam semiletterato o emiro semintellettuale di qualsiasi gruppo o fazione di islamisti politici in crisi d’ identità. I crimini-peccati sono definiti secondo una graduatoria crescente di gravità: 1) gli sbagli (sayyi’a, khati’a – sura 7:168, 17:31, 40:45, 47:19, 48:2); 2) le immoralità (i’tada, junah, dhanb – sura 2:190 e 229, 17:17, 33:55), 3) le trasgressioni (haram – sura 5:4, 6:146), 4) le malvagità e le depravazioni (ithm, dhulam, fujur, su’, fasad, fisk, kufr – sura 2:99 e 205, 4:50 e 112 123 136, 12:79, 38:62, 82:14), 5) la negazione dell’unicità di Allah (shirk – sura 4:48).

Agli Italiani: " A Voi la scelta. O fate come noi Musulmani e smettete di bere bevande alcoliche o continuate pure a morire; a morire insieme alla Fallaci." Adel Smith riportato su "Il Foglio" ( via Robinik)

 

 

 

LA SHARI’A, tra fede e fanatismo,

SHARI’A

Scene terribili d’impiccagioni pubbliche in Iran.

3Scene terribili d’impiccagioni pubbliche in Iran.0.05.2005 Iran Focus

Queste tristi fotografie farebbero a meno di commento. Vengono a testimoniare la morte di tre giovani di meno di venticinque anni, giustiziati in agosto scorso (2004 ) in tre punti diversi di Khorramabad, capo luogo della provincia del Lorestan, nell’ovest dell’Iran.

I tre sono Safar KHASBIANI, Ali ILVANIAN ed Omid DAVATI. Queste scene sono tratte da un filmato uscito clandestinamente dal paese, grazie alle reti della resistenza, e stato mostrato recentemente in una conferenza stampa tenutasi dal Consiglio nazionale della resistenza iraniana (CNRI) a Parigi.

Imputati d’adulterio, questi giovani sono stati una prima volta condannati ad essere legati, chiusi in una borsa e precipitati dalla cima di una moschea. La corte suprema ha modificato la pena in impiccagioni pubbliche, lo stesso giorno alla stessa ora, in tre posti diversi.

Fonte: http://www.donneiran.org/

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PROSEGUONO LE IMPICCAGIONI IN IRAN

impiccato un omosessuale

Riconosciuto colpevole di aver ricattato alcuni suoi partner con dei video che mostrano le loro effusioni sessuali

corrieredellasera.it

TEHERAN – Un omosessuale iraniano è stato impiccato dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver ricattato alcuni suoi partner con dei video che mostrano le loro effusioni sessuali.

Lo ha riferito il quotidiano conservatore iraniano Qods. La sentenza è stata eseguita a Bojnurd, nella provincia orientale del Khorassan. L’uomo impiccato si chiamava Hadi Safdari, ha precisato il giornale citando la giustizia locale.

Tra i reati passibili di pena di morte in Iran figurano, oltre l’ omicidio, anche l’omosessualità, l’adulterio, la prostituzione, la blasfemia e il complotto per rovesciare un regime islamico che si è posto al di sopra dell’umanità, determinato a dotarsi di armi atomiche, finanziatore e promotore del terrorismo jihadista internazionale amante della morte.

"Quello che i mullah fanno in Iran – le impiccagioni pubbliche, la frusta, la lapidazione delle donne – é un affronto all’umanità, non soltanto agli iraniani." ( Elham Parsafar del Comitato di sostegno dei diritti dell’uomo in Iran con sede a Parigi ).

in rete

-home page di iranian

-Iran Watch

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