La differenza tra Arafat e Abu Mazen

 LA DIFFERENZA TRA ARAFAT E ABU MAZEN



La differenza tra Yasser Arafat e Mahhmoud Abbas ( Abu Mazen) è che quest’ultimo porta la cravatta, non è un terrorista di antico pelo e raramente – solo quando parla in arabo rivolgendosi ai suoi concittadini – elogia gli assassini-suicidi chiamandoli shaid ( “testimoni della Fede”) ringraziandoli di aver dato la vita alla causa palestinese ( la loro vita di “martiri” e, incidentalmente, ma questo sembra irrilevante, anche la vita di giovani e meno giovani civili israeliani innocenti , come nell’ultimo attentato sanguinoso perpetrato dal gruppo Jihad islamico in un centro commerciale di Netanya lo scorso 5 dicembre ).

Sebbene Abu Mazen non salti sul tavolo a dare il ritmo ad un coro che inneggia alla morte suicida, sostanzialmente, nei fatti, sono identici: si differenziano solo per il registro retorico: Arafat ululava Shahada! Shahada! Shahada! ( Martirio ! Martirio! Martirio! ) evocando con polmoni di cuoio da vecchio terrorista incallito folle di martiri palestinesi in marcia verso Gerusalemme non per viverci e far vivere ma per moririci perfidamente dentro, estaticamente; e predicava che gli Israeliani avvelenavano le sorgenti e infettavano i bambini palestinesi di Aids. Abu Mazen invece si presenta come uomo di pace e si astiene dal fare proclami del genere.

Abu Mazen si è detto sempre contrario alla violenza dei terroristi palestinesi e condanna gli attentati terroristi fin dallo scoppio della seconda Intifada o ondata terrorista, non perché sia immorale uccidere civili innocenti  ma perché non è strategicamente opportuno.

A proclamare la violenza è sia Hamas sia il ministro degli esteri dell’OLP Qaddumi ( che ha sempre apertamente dichiarato che il fine è la distruzione dello Stato di Israele, anche con metodi violenti). Per Abu Mazen, invece, la strategia che può portare alla distruzione dello Stato d’Israle si incentra soprattutto sul “diritto al rientro” dei profughi mantenuti per tre generazioni vittime del vittimismo organizzato, sulla maggior crescita demografica araba nel lungo periodo e dunque sulla graduale implosione e conquista di Israele dall’interno.

La guerra aperta è, per il momento, in attesa dell’atomica islamica, strategicamente poco produttiva, suicida, appunto. Inoltre la prassi del terrorismo tramite la produzione artigianale, diffusa tra la popolazione palestinese, di uomini, donne e bambini-bomba da infiltrare e fare esplodere fra i civili israeliani crea da parte d’Israele una difesa ferma, naturalmente armata, che potrebbe danneggiare la causa dei buoni affari che nel frattempo stanno cercando di fare i Palestinesi, o perlomeno quella frazione di Palestinesi che sembra ormai stufa della guerra “aperta” e conta, laicamente, forse, più sul lavoro del Tempo che su quello di Allah.

Il nuovo presidente dell’Autorità palestinese è un personaggio molto grigio e dà l’impressione che si possa lavorare con lui per rinnovare la guerra al terrorismo e portare a termine la “road map”, perché non batte la grancassa del “combattente” e non ulula al “martirio per Allah”. Quando occorre sa fare molto bene il pesce in barile. In pratica, con i soldi che anch’egli, come ieri Arafat, riceve dall”Unione Europea, dall’America, da Israele, dall’Iran e persino dai boy scout , provvede al finanziamento pubblico, da parte dell’ ANP, alle famiglie dei martiri-killer con maggiore discrezione e senza enfasi, burocraticamente ( Cfr. Abbas Approves PA Assistance to Families of Suicide Bombers – Jonathan D. Halevi – News First Class-Hebrew e Abu Mazen e i finanziamenti alle famiglie dei kamikaze tonibaruch.blogspot.com ).

Insomma, mentre la distruzione dello Stato d’Israele continua ad essere esaltata nei testi scolastici, in tv e nei caffè mori, e l’odio "sacro" permane e non disarma, Abu Mazen – sia per incapacità, sia per scongiurare una guerra civile interna, sia per malafede – fa molto poco o niente nel combattere il terrorismo. In pratica, il Presidente non si occupa direttamente di “operazioni martirio”, un misto di “operazioni” militar-religiose, e non le esalta che raramente, né le combatte. Egli non è né un esaltato con la kefiah a tre quarti né un combattente. Lascia fare, burocraticamente, agli altri, compresi ai “fratelli che sbagliano”. Poi si vedrà… Inshallah…

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