Burattinai del terrore /

 BURATTINAI DEL TERRORE

VI DOBBIAMO SGOZZARE”

Ecco come i burattinai del terrore – abusando del vocabolario religioso dell’islam e approfittando dell’ospitalità italiana – predicavano nel febbraio del 2000 durante un congresso islamico a Modena. Parla Mohammed al Fizazi, oggi in galera in Marocco. Allo stesso incontro aveva preso parte l’imam di Copenaghen, Ahmed Rahman Abu Laban, che ha aizzato la protesta del mondo musulmano contro le vignette danesi.

"L’Islam frusta, lapida e sgozza. Lapidare, uccidere con i sassi, pubblicamente, è uno scandalo.

Eppure si tratta di un atto compassionevole.

Anche il Jihad: sangue, brandelli di carne, sgozzare, assedio… Tutto questo è compassionevole.

Dove sta la compassione? Impedire la corruzione è compassione.

Quindi il Jihad, il contrasto dei miscredenti ( kuffar) , è funzionale alla prevenzione della corruzione.

I miscredenti ( kuffar) sono nemici.

Tra noi e i miscredenti ( kuffar) c’è l’odio".

Guarda il video andato in onda ieri sera a Studio aperto Live, in :

– http://siro.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=853830

Per uccidere a freddo un altro essere umano, occorre prima considerarlo non-umano e percepirlo come un "ingrato verso Allah" ( kuffar), un "animale" o un "satana". C’è un proverbio inglese che dice: " Da’ un brutto nome al tuo cane e poi uccidilo". Per un islamico fedele ad oltranza chi non si sottomette al "predominio di Allah" è un’entità “impura”, disprezzabile fino all’asservimento o alla morte.

La perversione di questo imam semiletterato consiste, come nell’apatica passione del sadico, nell’attribuire alla volontà astratta e violenta dell’Altro il proprio odio, e nel vivere l’atto sadico come una “purificazione” e giusta punizione inflitta in nome dell’Altro ( “Allah Akbar!”) . Allorché egli sgozza la vittima, non è lui a godere, ma l’Altro. Quindi, l’omicidio viene considerato, perversamente, un atto “religioso” e viene raccomandato come “compassionevole”, “per impedire la corruzione” rappresentata dalla semplice esistenza dell’altro suggerito e designato come “impuro” o “kuffar” – letteralmente “ ingrato verso Al-lah”.

A differenza del cristiano che allorché soffre gode comunque della grande consolazione che Dio, anche se responsabile dei dolori di cui soffre, si commuove comunque della sua sofferenza, l’islamico ad oltranza allorché soffre gode nel mettersi nei panni dell’Altro onnipotente che punisce un colpevole che deve farsi perdonare per quello che è supposto essere ( un kuffar), non per quello che fa. “Insomma – osserva Sergio Benvenuto in Perversioni. Sessualità, etica, psicoanalisi – l’atto sadico è un atto morale, e non semplice sfogo muscolare dell’ira…”. In effetti il sadico mette in scena il risentimento, l’invidia e l’odio per l’altro da sé, tramite un rito arcaico e sanguinario di punizione “divina”.

Ciò che oggi sembra scomparsa dalla sensibilità musulmana è la sakina. L’islam politico intende sottomettere e umiliare, soggiogare tramite il terrore e la forza ( come si proponevano i nazisti) e sembra aver dimenticato che, durante il nostro Medio-Evo, furono proprio le correnti musulmane più illuminate ( che per poco riuscirono a tenere a bada l’ottuso legalismo islamico ) a contribuire all’avvento dell’umanesimo. L’islam politico e globalizzato che oggi occupa la scena ha ridotto l’islàm a poveri slogan regressivi e lunatici. Ed è pronto a mostrarci, in nome di un dio oscuro che sembra portato da un vento di fogna monoteista e di deserto regressivo, quanto sia malato e quanto l’essere umano può, ancora una volta, sprofondare.

La crudeltà e l’accanimento sui corpi degli “infedeli” non è solo sotto il dominio della pulsione di morte, ma di un odio genocidario rinforzato dai tratti astratti e violenti di un’ideologia islamista diffusa e largamente condivisa da numerosi imam semiletterati e giovani semintellettuali della classe media in "crisi d’identità". Questi incontrano spesso il favore se non il collaborazionismo o di ingenui e sinistri "utili idioti" arcobaleno (  ( p.e. Caruso su Al Jazeera esalta i terroristi palestinesi)  oppure di una classe letterata europea, altrettanto sinistra, che la noia, il disincanto, l’attrattiva torbida dell’insufficienza dell’Europa  e l’odio di sé predispone al fascino della barbarie * .  Nel massacro di “infedeli” e di musulmani considerati “apostati” o pseudo-musulmani non è in gioco solo un integralismo, o un fondamentalismo, ma uno sdradicamento dalla metafora, una perdita della più comune capacità spirituale e una funzione immaginaria in decomposizione, sostituita dalla volontà di un ritorno all’Origine allucinata. Un ritorno che non è trasporto o trazione, ma un ritrarsi verso un informe in cui l’immaginario si fa vedere come carne, come un organo collettivo, un dito puntato contro tutti gli altri, una bocca aperta su un’angoscia politica senza fondo.

L’imam non ha alcuna autorità per proclamare il jihad. Il ricorso a una parola sacralizzata che rende lecito l’omicidio e non solo annulla ogni senso di colpa ma accresce l’atto di una efficacia "purificatrice" e di un valore aggiunto di "benedizione divina" e di legalità islamica  che va a credito del pio massacratore, è un’impostura.

Storicamente e sociologicamente esistono molti islam, ovunque in crisi e in piena decomposizione e ricomposizione nei termini di un islam politico-spettacolare, ed anche prolungamenti culturali che vanno al di là dell’islam inteso come religione ( din), occorre tuttavia insistere sull’evocazione del nome di Allah e del religioso durante le carneficine, così come sull’oblìo degli altri nomi, come ad esempio, il Clemente o il Misericordioso ( rahaman rahim) termini che esprimono la relazione tra Creatore e creatura, e delle creature fra di loro ; e occorre insistere anche sui buchi di memoria che caratterizzano i massacri islamisti e ne diventano la conseguenza. Al grido assassino di “Allah Akbar” , fra le urla, l’odore di polvere, di sangue, di carne bruciata e d’escrementi, quelle decapitazioni e quegli smembramenti che rendono impossibile la sepoltura integra corrispondono alle fantastiche raffigurazioni che una letteratura di propaganda islamista detta degli Oqbates ( le Punizioni) descrive in termini terrificanti.

Inscenando con le sue proprie mani il terrore infernale, il pio islamista  credeva di vedere ciò a cui egli desiderava sfuggire nell’Aldilà. Nello stesso tempo, annullando il tempo e riducendo la lettura del mondo a un cumulo di assurdità, credeva di tenersi sotto il portico dell’Origine come un emiro allucinato, a ripetere le gesta del Buon Modello così come vengono tramandate da una mito-storia sacralizzata.

Gli eccessi fanatici degli integristi religiosi “in nome dell’islam” non hanno niente a che fare con la terra, con la coscienza, lo sguardo sereno e critico su se stessi, il discernimento o un pensiero storico, morale e politico responsabile. Al limite, non hanno niente a che fare neanche con la religione o con il Corano, ma con la permanenza, la forza espansiva e il rigurgito di un immaginario politico-religioso comune a grandi masse di persone e scambiato come "vero Islàm". " Un tempo – scrive Mohammed Arkoun in L’Islam morale et politique – nel linguaggio coranico, si parlava di sakina, la calma interiore, lo sguardo sereno, tollerante, comprensivo portato dagli uomini sulle loro condotte poste dapprima alla luce del Giudizio di Dio. Sguardo metafisicamente potente, ma politicamente inefficace".

*Nelle scuole niente par condicio: solo La Repubblica di Paolo Della Sala , su L’Opinione.

ISLAMISMO, UN DELIRIO CHE UCCIDE

Image:Muhammad 12.jpg
Miniatura raffigurante Ali bin Abu Taleb ( arabo علي بن أبي طالب ), cugino e genero del profeta mentre decapita Nasr bin al-Hareth in presenza del profeta  e dei suoi compagni.  This is a miniature from Siyer-i Nebi, a Turkish religious biography of Mohammed completed in 1388 and later lavishly illustrated with 814 miniatures under the reign of Ottoman ruler Murad III, being completed in 1595. Many of the miniatures depict Mohammed, and this particular one shows Ali bin Abu Taleb beheading Nasr bin al-Hareth in the presence of Mohammed and his companions.

Fonte dell’illustrazione: http://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Muhammad_12.jpg

 Many of the miniatures depict Mohammed, and this particular one shows Ali bin Abu Taleb beheading Nasr bin al-Hareth in the presence of Mohammed and his companions. Source: http://www.zombietime.com/mohammed_image_archive/

Lettera internazionale n.86 in uscita contiene un dossier sul mondo islamico, dalle origini fino all’estremismo fondamentalista, con contributi, tra gli altri, del neuropsichiatra franco-tunisino Fethi Benslama: L’islamismo, un delirio che uccide. A proposito della crisi che oggi, al contatto con la modernità, attraversano le società musulmane, Benslama parla di psicosi e assimila il discorso islamista a un delirio, a un delirio di massa.. “ Una persona devota – osserva Benslama – può anche essere delirante. E penso proprio che una parte dell’islamismo sia delirante, per esempio il salafismo. (…). I salafisti sostengono che, per effetto della modernizzazione mondiale e la creazione di stati musulmani, le società musulmane sono regredite e sono uscite dall’islam. Secondo loro, quindi, i musulmani sarebbero andati a ritroso nel tempo fino a oltrepassare la ‘soglia’ dell’origine e a ritrovarsi in un periodo preislamico. (…).

I salafisti sostengono che bisogna far ripassare i musulmani dall’origine, ecco perché chiedono agli altri musulmani di convertirsi. E questo è più che paradossale: è delirante. Per loro i musulmani non sono più musulmani. E’ una follia! Ed è grave perché questa follia porta alla violenza. Si tratta di un delirio omicida.

Questa gente si è assegnata il compito di sorvegliare la ‘soglia’ dell’origine con lo scopo di rimettere sulla giusta via coloro che si sono smarriti, costi quel che costi. E’ un delirio paranoico.

Pensate che in Algeria ci sono stati estremisti che prima di sgozzare le vittime dicevano: ‘ Ringraziami, perché con questo gesto ti consento di non morire apostata’. In una situazione ordinaria parleremmo di psicopatici , ma quando ci troviamo davanti a un delirio di massa, ogni banale psicopatico può trasformarsi in un temibile assassino …”.

Qui il testo originale, in francese, dell’ intervista di Hamid Barrada e Renaud de Rochebrune a Fethi Benslama: L’islamisme, ou le délire qui tue.  Su Fethi Benslama, v. anche : Clinica delle notti.

Libri

Sul fondamentalismo islamico in Italia:

– Una recensione di Massimo Introvigne a Bin Laden in Italia. Viaggio nell’islam radicale di Magdi Allam

Stefano Dambruoso, con Guido Olimpio, Milano Bagdad. Diario di un magistrato in prima linea nella lotta al terrorismo islamico in Italia




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