Viaggio in Italia – Lazzaroni

VIAGGIO IN ITALIA

 LAZZARONI

« I dintorni di Napoli sono i più meravigliosi del mondo. La distruzione e il caos dei vulcani inclinano l’anima a imitare la mano criminale della natura… “Noi, – dissi alle mie amiche, – somigliano a questi vulcani e le persone virtuose alla monotona e desolata pianura piemontese”».

MARCHESE DI SADE,DONATIEN ALPHONSE FRANÇOIS, Viaggio in Italia. Dissertazioni critiche, storiche e filosofiche sulle città di Firenze,Roma,Napoli e Loreto…, a cura di Maurice Lever, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.

“ Le cronache degli ultimi mesi estivi ci hanno consegnato l’immagine di una città in qualche modo assediata da bande criminali che si sono, con tutta evidenza, diviso il territorio, occupando ciascuna una posizione per così dire nevralgica sia al movimento pedonale e/o automobilistico e sia alla possibilità di fuga e di sganciamento. Sembra quasi che ci sia come una regìa, almeno nella individuazione e nella distribuzione delle postazioni nelle quali appostarsi in attesa di portare l’attacco predatorio al malcapitato, meglio se turista di passaggio (…) Da sempre a Napoli si è tollerato tutto.

Basta leggere i racconti di viaggio degli intellettuali di tutta Europa, dal ‘700 agli inizi del ‘900, per rendersi conto che Napoli questo titolo se l’è ampiamente meritato. Dal divino marchese De Sade che gioiva del fatto che Napoli era l’unica città d’Europa dove si poteva restare nascosti pur circolando liberamente per le strade, a Flaubert che confessava, in termini molto crudi, che Napoli lo faceva sentire eccitato a ogni ora del giorno e che nessuna eccitazione rimaneva insoddisfatta, fino a Jean Noël Schifano che scopriva che la pizza era la sublimazione della trasgressione individuata come la vera città di Napoli. Questa città ha tollerato e tollera tutto.”

AMATO LAMBERTI, Lazzaroni. Napoli sono anche loro, Grauseditore, Napoli, 2006.

Segnalazione:

Ø  ‘A nuttata che non passa. L’incubo della munnezza di Gian Antonio Stella  Corriere della Sera

Un passato che non passa mai. Una melma nel quale hanno intinto il pennino decine di viaggiatori, scrittori, polemisti. Ammassando via via, in buona o in mala fede, cataste di stereotipi ardue da rimuovere quanto le cataste di immondizia.

Come i sospiri sul letto di morte del Cavour: «Nous sommes tous Italiens; mais il ya encore les Napolitains…». O lo scetticismo di Roberto D’Azeglio, senatore del regno e fratello del più famoso Massimo: «C’ est un cadavre qu’on nous colle», è un cadavere che ci incollano addosso. O la sconfortata diagnosi della commissione parlamentare sulla miseria condotta da Stefano Jacini che, a proposito di tante abitazioni del Napoletano, scriveva di «nauseabonda sozzura».

 Montesquieu, che nel 1729 già irrideva alla giustizia partenopea («Non c’è un Palazzo di Giustizia in cui il chiasso dei litiganti e loro accoliti superi quello dei Tribunali di Napoli. Lì si vede la Lite calzata e vestita. I soli scrivani formano un piccolo esercito, schierato in battaglia») raccontava di un popolo «ridotto all’estrema miseria» e di «50 o 60 mila uomini, chiamati Lazzi» così poveri da vivere di ortaggi e da lasciarsi «facilmente sobillare». «Gli uomini più miserabili della terra», li chiamava. Spiegando: «Si può ben dire che la plebe napoletana è molto più plebe delle altre».
su:  http://www.corriere.it/

 Un passato che non passa mai ? Certo,sembra passato un minuto o un secolo da quando  don Raffaele  Viviani (Castellammare di Stabia, 9 gennaio 1888 – Napoli, 22 marzo 1950)  scriveva questi impietosi  e veritieri versi: 

… “ Vi quant’ è bella Napule/ pare nu   franfellicco* : /  ognuno vene e allicca** , /  arrònza *** e se ne và ! … “

*Franfellicco: ciondolo)

** Alliccare: leccare

*** Arronzare: v. tr. e intr. del dialetto salernitano (anche nel napoletano), derivato dallo spagnolo "roncear" e più probabilmente dal catalano "arronçar". Il significato originale spagnolo è "preparare male, rifinire male".

 ALTRI LIBRI SU NAPOLI ( REPORTER DEL NULLA ?)

 GIORGIO BOCCA, Napoli siamo noi. Il dramma di una città nell’indifferenza dell’Italia, Feltrinelli, Milano, 2006. –  Napoli ha, elevate a potenza, malattie molto simili a quelle del resto d’Italia. Il suo problema più grave non è la camorra: è l’immoralità e la vigliaccheria della politica, che fa affari, che cerca il consenso costi quel che costi, che fa finta di non vedere ( dalla quarta di copertina).

MATTEO SCANNI e RUBEN OLIVA, ‘O sistema. Un’indagine senza censure sulla camorra, Rizzoli, Milano, 2006. – Dagli scippi alla prostituzione, dal traffico di eroina alla vendita di merci contraffatte, dalle tangenti sugli appalti al racket dei negozi, a Napoli tutto si muove secondo la legge di ‘o Sistema, il meccanismo perverso della criminalità organizzata ( dalla quarta di copertina).

FRANCO PIPERNO (a cura di), Vento del Sud.Insorgenze meridionali ed esodo dalla modernità, Editore DeriveApprodi, Roma,2007 – Negli ultimi anni, dal Sud Italia riaffiora un fenomeno antico: le città rurali diventano soggetti politici capaci di decidere  [ ? ] al di fuori e contro l’autorità costituita. Esse attingono la loro potenza da comportamenti di massa pubblicamente illegali, volti a riappropriarsi dei territori sottraendoli al controllo dello Stato [ ? ] . Si tratta di una profonda sovversione delle categorie della politica moderna. La rivalsa dei luoghi, lungi dal proporsi come guerra civile, si svolge piuttosto nella forma dell’insurrezione di massa che paralizza l’apparato del dominio statale, semplicemente ponendolo in contatto con il corpo dei cittadini attivi. Sono le stesse forme della sovversione che abbiamo visto all’opera nei paesi dell’ex blocco dell’Est. Ma ricordano anche le insurrezioni meridionali dell’Ottocento, quelle «insorgenze di massa banditesche» contro i francesi prima e i piemontesi poi. Scanzano, Cosenza, Acerra, Serre… nell’immaginario dei giovani meridionali sono nomi che rievocano esperienze comuni di difesa e risarcimento dei luoghi dalle offese e le ferite che la modernizzazione ha inflitto loro [ teorizzazioni di un perdente radicale in linea con il solito, antico vittimismo sfrenesiante e attivo chiagne e fotte] .

 SAVERIO NAZZARIO, Io, per fortuna c’ho la camorra, Fazi Editore, Roma, 2007. – Ci si vive male, certo, fra negozi incendiati, morti ammazzati, estorsioni e quant’altro. Con la polizia che fa quel che può e lo Stato, ma guarda un po’, sonnacchioso e assente. Ma Nazzaro vuole darci una testimonianza “dal di dentro”: usa fonti cui attribuisce però nomi dichiaratamente di fantasia (basta fidarsi, giusto?), tira cocaina con un capozona del quartiere Traiano («La coca sale su per le narici del naso», dal che deduciamo, fra l’altro, che esistono narici anche in altre parti del corpo), intervista le vittime e deplora i carnefici.

Ma soprattutto, come Saviano, rappresenta se stesso, i propri pensieri, i propri sentimenti, le proprie indignazioni, e anche, ma di sfuggita, il proprio sprezzo del pericolo. Una sorta di lirismo eroico, insomma, che si accampa sulle terre desolate dei paesi in provincia di Caserta (Mondragone, Castelvolturno, Sessa Aurunca…) a rivendicare il pathos di chi ci vive e stoicamente registra che lì «anche il sole ha freddo».

Nessuno, davvero, avrebbe immaginato che dal tema-camorra potesse nascere una nuova e postmoderna “prosa d’arte”, tutta trasalimenti e sospiri, melanconia e sussurrata rabbia; e soprattutto che di lì potesse trarre alimento una diversa forma di monumentalizzazione narcisistica della figura dello scrittore, anche quando sia ridotto a reporter del nulla. (Dalla  critica al libro di Stefano Giovanardi su Repubblica).

L.R. CARRINO, Acqua storta, casa editrice Meridiano Zero, 2008. È una Napoli torrida quella che fa da sfondo a Acqua Storta di Luigi Carrino (Meridiano zero, pp. 125, euro 10), a riprova di come la stagione calda possa diventare una cornice noir, soffocante e claustrofobica. Qui ci troviamo nella città che proprio in questi giorni è alla ribalta della cronaca con le discariche di rifiuti che ingrassano il traffici della camorra. Il protagonista è il figlio di un boss travolto da un amore omosessuale. E questo è uno dei peccati più grandi per la "famiglia" che ha l’alto senso dell’onore. Quella di Carrino è una prosa cruda e impietosa, che ha il merito di mettere a nudo l’ambiguità della cultura malavitosa, devota ai santi ma profondamente irreligiosa nei confronti della vita. Un libro sorprendente e vertiginoso nella sua parabola secca e irreversibile come un detour. (  Dalla recensione di Nino Dolfo su Bresciaoggi ).

Presunto ritratto di Masaniello (1620-1647) Napoli, Museo di San Martino

aggiunta

 >La città di monnezza e bellezza sopravviverà a chi la giudica di Raffaele Capria –  A leggere la pagina del Corriere dove Gian Antonio Stella ripesca e riporta frasi e opinioni su Napoli di Montesquieu, Dickens, Twain, Hazlitt, sembra quasi che i viaggiatori che vennero a Napoli vennero per scoprire la Monnezza e non la Bellezza…

Su: http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_12/napoli_monnezza_bellezza_la_capria_86b21254-c0da-11dc-91df-0003ba99c667.shtml

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“Samanta amava le nuvole bianche, libere, nel cielo terso di aprile. Samanta amava soprattutto l’estate radiosa… Samanta amava sdraiarsi languida sullo scoglio nero di lava a mo’ di sirena, rimanenza di un mito lontano…”.  Su YouTube monologo su un mondo in estinzione dell’attore napoletano Ciro Cascina,  autore fra l’altro della celebre ed esilarante pièce teatrale la Madonna di Pompei.

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