ADDIO A GEORGES LAPASSADE
"Se l’uomo vuole essere soggetto, attore cosciente della sua storia deve analizzare le istituzioni dalle quali dipende, per analizzare le istituzioni che lo attraversano e trovare nell’azione di gruppo una via d’uscita all’atomizzazione burocratica della quale è vittima" (G.Lapassade).
.
Nato il 10 maggio 1924 ad Arbus, un piccolo villaggio nei Pirenei, nel sud della Francia, è morto oggi a Parigi Georges Lapassade. Professore emerito di Etnografia e Scienze dell’Educazione presso l’Università di Parigi VIII, era considerato con René Lourau uno dei padri dell’analisi istituzionale. Autore di numerose opere sugli stati modificati di coscienza, nella sua lunga carriera si è occupato delle culture nordafricane e afroamericane, con particolare interesse per i temi della ‘transe’. Il suo lavoro era caratterizzato dall’implicazione personale nei gruppi, le organizzazioni e le istituzioni che egli “misurava” come l’agrimensore di Kafka nel ‘Castello’, per farne emergere la verità e i segreti, e dall’ idea che l’educazione si radichi nel corpo, nella sensibilità, nell’immaginario, oltre che nell’intelletto, per affrontare la comprensione scientifica di una complessità in movimento..
E’ un procedere che si richiama all’analisi istituzionale (il movimento della psicosociologia francese nato all’Università di Parigi-Vincennes), allo studio degli etnometodi di Harold Garfinkel e alla lotta politica per una burocrazia aperta e un reale più largo.Questo procedere ha origine nel suo primo libro L’Entrée dans la vie, saggio sull’incompiutezza dell’uomo apparso nel 1963, tradotto in Italia nel 1971 da Sergio de La Pierre per Guaraldi con il titolo Il mito dell’adulto. In questo senso va compreso l’interesse di Lapassade per fenomeni di passaggio e apparentemente marginali come la transe, la “dissociazione adolescente”, la cosiddetta devianza e le sottoculture giovanili. Il mese scorso le edizioni Urra-Apogeo hanno ripubblicano un suo fondamentale testo Dallo sciamano al raver uscito in prima edizione presso Feltrinelli nel 1980. Come ricorda un suo studente, il musicista Salvatore Panu: “ Amava, cantava e voleva sentire cantare ‘le temps des cerises’, il canto della Comune di Parigi”, una delle più belle pagine della canzone francese. Un abbraccio a tutti quelli che lo conoscevano personalmente.
E’ un procedere che si richiama all’analisi istituzionale (il movimento della psicosociologia francese nato all’Università di Parigi-Vincennes), allo studio degli etnometodi di Harold Garfinkel e alla lotta politica per una burocrazia aperta e un reale più largo.Questo procedere ha origine nel suo primo libro L’Entrée dans la vie, saggio sull’incompiutezza dell’uomo apparso nel 1963, tradotto in Italia nel 1971 da Sergio de La Pierre per Guaraldi con il titolo Il mito dell’adulto. In questo senso va compreso l’interesse di Lapassade per fenomeni di passaggio e apparentemente marginali come la transe, la “dissociazione adolescente”, la cosiddetta devianza e le sottoculture giovanili. Il mese scorso le edizioni Urra-Apogeo hanno ripubblicano un suo fondamentale testo Dallo sciamano al raver uscito in prima edizione presso Feltrinelli nel 1980. Come ricorda un suo studente, il musicista Salvatore Panu: “ Amava, cantava e voleva sentire cantare ‘le temps des cerises’, il canto della Comune di Parigi”, una delle più belle pagine della canzone francese. Un abbraccio a tutti quelli che lo conoscevano personalmente.
.
— Le temps des cerises
Bobbejaan & Geike (hooverphonic)
Quand nous chanterons le temps des cerises
Et gai rossignol et merle moqueur
Seront tous en fête …
Les belles auront la folie en tête
Et les amoureux du soleil au cœur
Quand nous chanterons le temps des cerises
Sifflera bien mieux le merle moqueur
Mais il est bien court le temps des cerises
Où l’on s’en va deux cueillir en rêvant
Des pendants d’oreille …
Cerises d’amour aux robes pareilles
Tombant sur la feuille en gouttes de sang
Mais il est bien court le temps des cerises
Pendants de corail qu’on cueille en rêvant
Quand vous en serez au temps des cerises
Si vous avez peur des chagrins d’amour
Evitez les belles …
Moi qui ne crains pas les peines cruelles
Je ne vivrai point sans souffrir un jour
Quand vous en serez au temps des cerises
Vous aurez aussi vos peines d’amour
J’aimerai toujours le temps des cerises
C’est de ce temps-là que je garde au cœur
Une plaie ouverte …
Et Dame Fortune, en m’étant offerte
Ne pourra jamais fermer ma douleur
J’aimerai toujours le temps des cerises
Et le souvenir que je garde au cœur
Georges Lapassade se n’é andato, buon viaggio caro amico. In questi anni ho visto spesso e frequentato Lapassade, anche perché li ho passati prevalentemente a Paris 8, la “sua” università. Georges abitava nella sua villetta di fronte a Paris 8, aveva ancora il suo ufficio nell’edificio dell’università, di cui era professore benemerito. Era un tesoro, ancora prima dell’essere un tipo di genio piuttosto riservato, nonostante la notorietà dei suoi scritti, casa sua era un porto sicuro per studenti senza documenti che riuscivano a riciclarsi studiando a Paris 8, trovando diplomi e ruoli. E insieme agli studenti anche un grosso pastore tedesco che abbaiava costantemente, simpatico, invadente, rompiballe. Aveva 84 anni compiuti da poco e un sacco di amici ed estimatori che non lo dimenticheranno, compreso me che diedi un esame di psicologia, nel 1981, usando il suo famoso “Saggio sulla Transe” edito da Feltrinelli. Ma divago… fortunatamente ho fatto in tempo a dargli un bacio e a salutarlo. Era ricoverato, qualche settimana fa, nell’ospedale non lontano da Paris 8, ed ero corso a vedere come stava. Anche perché Georges sapeva benissimo che se ne stava andando. Ma mi resi conto, stando lì con lui, che non era la morte il vero problema, bensì il fatto di non essere più indipendente, dover essere accudito…In altre parole gli giravano le palle, non era tipo da stare fermo, tantomeno stare con le mani in mano. Ero felice di vedere questa bella persona che aveva vissuto così tanto e lasciato tante tracce intelligenti, risvegliato a conoscenze sopite tante persone (che lo amavano), ero infelice nel vederlo lì come un legume ospedalizzato, sempre alle prese con la sua dialisi – che durava da anni – senza poter fare nulla, o quasi. Infatti gli chiesi se aveva qualche desiderio particolare e lui mi disse: “sì, vorrei una granatina alla menta …”. Ok. L’ospedale, peraltro impeccabile, periferia parigina, sembrava uscito da un racconto di Dino Buzzati, attorno il nulla ed anche meno. Il giorno dopo trovo un supermercato e scovo anche uno sciroppo di menta senza zucchero, e vado a trovarlo. Faccio in tempo a preparargli un bicchiere di “grenadine” bloccando l’infermiere simpatico che se lo stava portando a fare un’interminabile sessione di quattro ore di dialisi. Direi proprio che se l’é goduta la grenadine alla menta, mentre io, buffo ripensarci adesso, mi sentivo fiero della mia piccola impresa a base di sciroppo dietetico.
Mi mancherà, ci mancherà, ma forse il lascito delle sue azioni e delle sue opere sarà uno stimolo a pensare liberamente. Quantomeno per tutte quelle persone che, in questo periodo di delirio collettivo distruttivo e globalizzato, continuano, ostinatamente, a voler ragionare in modo indipendente e creativo, ma di quella creatività data da stati di coscienza che esulano dalle distruttive leggi della cultura-supermercato.
Buon viaggio Georges, un abbraccio…
ADDIO A GEORGES LAPASSADE
Georges Lapassade ci ha lasciato la mattina del 30 luglio 2008 con i suoi 84 anni, tanti dei quali vissuti tra ricerche, viaggi, libri, musica, transe, ricerca/azione, buon vino e tanti, tanti amici. Era l’infaticabile figura in jeans e berretto che ho avuto l’onore e il piacere di incontrare per la prima volta nel febbraio del 2001, invitandolo al convegno “Tarantismo e Neotarantismo”. Prima di quella occasione per me Georges era “solo” un grande genio che aveva scritto cose bellissime su di un tema a me caro: la transe che con piacere e vivo interesse trattavo nelle mie trasmissioni radiofoniche. Nella frequentazione degli anni successivi ho imparato a conoscere l’uomo e la sua generosità verso il sociale. Sempre in viaggio, nomade… la sua casa era di tutti, e le case di tutti erano la sua casa. Le sue energie si manifestavano inesauribili in ogni convegno, indagine sul campo, incontro, dibattito, rivelando la genialità delle sue intuizioni, l’originalità delle sue esposizioni, le acute osservazioni e attenzioni seppur gravate ultimamente da una lieve ipoacusia (bellissimo il ricordo della sua frequente immagine con la mano all’orecchio per meglio ascoltare).
Nei primi anni ’80 ebbe l’intuizione che la pizzica sarebbe stata una musica da portare all’attenzione dei giovani, una musica che per millenni ha funzionato come componente fondamentale del rituale di transe del Tarantismo (e amiamo scrivere “transe” come lui preferiva, intendendo così il “passaggio” ad uno stato di coscienza modificato). Quindi con Piero Fumarola si avventurarono a bussare alle porte dei contadini (alle 11 della sera…) per chiedere, parlare, ascoltare, cercare… Ma in quegli anni il Salento non era ben disposto a sentir parlare di tarantismo, voleva dimenticare un capitolo della propria storia ritenuto vergognoso in quanto bagaglio contenente “arretratezza”, una valigia di cartone legata con lo spago… carica di sofferenza, di depressione, povertà. E con esso scompariva anche la pizzica: si ricordano solo pochissime realtà musicali, tra le quali il Canzoniere Grecanico Salentino e gli Aramirè. Georges testardamente cercava di proporre la pizzica ai Sud Sound System, a Dj War, ma il Salento non era ancora pronto a osservare, agire, usare, creare qualcos’altro con la ricchezza insita nella propria musica e nella propria cultura. Poi cercò l’hip-hop a Roma nell’ 89, e anche la grande metropoli non era pronta. Fu una delle sue grandi intuizioni, una delle sue geniali provocazioni che lo indussero a portare nei corridoi della Sapienza alcuni radioloni e pochi danzatori di hip-hop scovati fra i figli di diplomatici stranieri residenti nella capitale. E anche lì Georges fu pioniere… Quando gli proposi di partecipare al convegno “Tarantismo e Neotarantismo” ne fu entusiasta. Penso che, inconsapevolmente, avevo riacceso il suo antico desiderio di vedere la pizzica fra i giovani, nelle discoteche, in tutti i luoghi che non fossero quelli in cui si consumava la sofferenza, vale a dire nelle case o nella cappella di S. Paolo a Galatina, come avveniva fino agli anni ’60. Fu un convegno che ci entusiasmò tantissimo e il suo apporto fu puntuale e tanto atteso da centinaia di presenti accorsi anche e soprattutto per lui. Poi subito dopo ci tenne che insieme si partecipasse al seminario organizzato da Piero a Lecce; ancora insieme a Bologna e due giorni dopo a Milano. Ero abbastanza sfinita per il periodo denso di lavoro e pensai di non accompagnarlo nel convegno milanese. “Ma dai Tarantula…”, mi disse con la sua erre rotonda e insistente…”io che dovrei dire che ho quasi 80 anni e sono in continuo viaggio da oltre un mese??!!”.
Non riuscì a raggiungerci al secondo convegno romano del 2003, ma fu entusiasta della pubblicazione che seguì l’evento in quanto lui amava molto gli scritti fatti collettivamente, con apporti di più persone; e poi si parlava ancora di Neotarantismo, lo stesso argomento di cui volle occuparsi nel seminario del 2005.
Il nostro ultimo incontro risale al dicembre del 2006, a casa di Piero, occasione in cui gli annunciai il mio progetto JESCE FORE effettuando delle riprese da inserire nel DVD. Attesi l’intero pomeriggio in quanto passò quasi tutta la giornata a letto, reduce dalla pesante dialisi a cui era obbligato da nove anni. “Sono stonco, mi sento tanto stonco…” erano i suoi intercalare…ma gli tornava la luce negli occhi quando si parlava di “pizzicà” e di ricerca… Mi chiedeva sempre come fosse l’andamento della pizzica in Italia, e gli risposi che si viveva oramai una situazione in cui, come in ogni cosa, il mercato ci aveva messo lo zampino fino a farla diventare un prodotto da svendere, manipolare, commerciare, realizzando centinaia di cattive produzioni e clonazioni. Il che rendeva insopportabile il fatto che ogni tamburello volesse imitare il magico ritmo della pizzica, mal celando ormai solo una moda…per questo motivo avevo pensato di reimpiegare la pizzica e i suoi potenziali “terapeutici” in un laboratorio in carcere. Davanti al caminetto, col suo berretto di lana, intervallava domande e risposte a biscotti, e con la semplicità del genio mi disse: “mi è sembrato paradossale in un primo momento… quando mi hai informato… perché il carcere mi dà l’idea di una tristezza, di una depressione, di qualcosa che è chiuso, che è nero… e la “pizzicà” è il contrario, è la gioia, il sole…è un’azione di socializzazione, è questo è importante!”
Oggi il DVD Jesce Fore, girato nel carcere di Rebibbia con i detenuti che suonano la pizzica, ha vinto un premio come miglior documentario all’Epizephiry film festival… come non poter dedicare il premio a te Georges, che dall’alto della tua saggezza, della tua vitalità e genialità mi hai dato la forza di continuare e di approfondire alcune intuizioni? Idee che dal 2000 hanno segnato e cambiato la mia vita… A te, che con il tuo entusiasmo mi hai talmente contagiato e dato il coraggio di insistere facendomi sentire sicura di andare avanti anche perché c’eri tu che credevi in me, nelle mie teorie, nei miei lavori. Oggi mi sento orfana, non posso negare che mi manca la tua calorosa approvazione…così come non posso dimenticare che hai corroborato la mia testardaggine, che mi hai insegnato ad andare avanti, a creare, a stare sempre più nel sociale e lottare. Sarà felice Dioniso di averti incontrato dopo tanti millenni…bevete e suonate insieme anche per noi!
Ciao Georges…
http://www.tarantularubra.it/varie/addio_lapassade.htm
http://www.tarantularubra.it/galleriafotografica/georges_lapassade.htm
http://lamed
[..] da il Suono del Salento Secondo la credenza popolare il tarantismo era una malattia provocata dal morso della tarantola (Lycosa mtarentula), che si manifestava soprattutto nei mesi estivi (periodo della mietitura) e che provocava uno stato di males [..]