Il lavello del pittore

MACCHIE D’ACQUA
 
"Quello non sarà universale che non ama egualmente tutte le cose che si contengono nella pittura; come se uno non gli piace i paesi, esso stima quelli esser cosa di breve e semplice investigazione, come disse il nostro Botticella, che tale studio era vano, perché col solo gettare di una spugna piena di diversi colori in un muro, essa lascia in esso muro una macchia, dove si vede un bel paese. Egli è ben vero che in tale macchia si vedono varie invenzioni di ciò che l’uomo vuole cercare in quella, cioè teste d’uomini, diversi animali, battaglie, scogli, mari, nuvoli e boschi ed altre simili cose; e fa come il suono delle campane, nelle quali si può intendere quelle dire quel che a te pare. Ma ancora ch’esse macchie ti dieno invenzione, esse non t’insegnano finire nessun particolare. E questo tal pittore fece tristissimi paesi. "  (LEONARDO DA VINCI – da " Il Trattato della Pittura")
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 Lucian Freud – Two Japanese Wrestlers by a Sink, 1983-87 – Olio su tela
 
Lo straordinario quadro di Lucian Freud intitolato “Due lottatori giapponesi e lavello” rappresenta il lavello dello studio del pittore.  Il titolo è piuttosto enigmatico, se non ironico: allude infatti anche a “due lottatori giapponesi” che non si vedono e non si sa cosa abbiano a che fare con il lavello del pittore… Come tutte le nature morte, il quadro  evoca presenze scomparse ( non a caso questo genere pittorico – sviluppatosi inizialmente in epoca ellenistica con mosaici di pavimento rappresentati resti di cibo , e affermatosi poi nel ‘600 e nel ‘700 nella raffigurazione di figure inanimate come frutta, o selvaggina morta – è ricollegabile al culto dei morti: il cibo caduto da tavola era destinato ai famigliari defunti).
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Le macchie che restano sul bianco delle mattonelle, fanno pensare al pittore e alle persone che hanno utilizzato il lavello nel corso del tempo. Mi colpisce anche l’acqua che scorre dai due rubinetti: lo sguardo va verso il bocchettone di scarico… e sembra quasi di sentire l’eco del risucchio… ( “un’eco spaventosa”, direbbe Walter Benjamin – quando evoca “la traccia del risucchio” a proposito di certe vecchie fotografie ingiallite, con quel tipico insondabile alone dove sembrano svanire tante care immagini…).  
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Quello che forse non si può dire perché è infinitamente perduto, lontanissimo, e nello stesso tempo, è troppo vicino al cuore, un pittore talvolta può mostrarlo.  Con Two Japanese Wrestlers by a Sink, il pittore mostra, maliconicamente e con ironia, che tutti, non solo i pittori decisivi, alla fine lasciamo una macchia e l’acqua che scorre…
 
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