ARABI : QUALE UMILIAZIONE?

Violenze in Iraq, organizzate da gruppi terroristi saddamiti, sunniti e sciiti che cercano d’impedire elezioni democratiche e la ripresa del paese . Più in generale tutto il mondo arabo e islamico è una zona in preda a una sorda distruttività organizzata da coloro che godono del potere e dispensano da decenni la confusione, l’insignificanza, l’affabulazione e l’ostacolo all’intelligenza dello spazio pubblico, fabbricando generazioni di uomini, di donne, di giovani e di bambini analfabeti del loro mondo, che subiscono come un turbine di assurdità.

La modernità, ovunque compiuta, vira al disastro in un mondo arabo e islamico che non riconosce l’individualità ed ha una consapevolezza crepuscolare, lunatica, di se stesso. Privato di capacità autocritica dai suoi caporioni politici e religiosi, manca di giustizia – cioè della base stessa della relazione umana – e di libertà individuale, indispensabile all’esercizio di una coscienza. Nell’immaginario a un tempo vittimista e paranoico-sacrificale islamico la “colpa” del fallimento epocale dell’uomo-islamico è del “grande Satana” rappresentato dall’America e da tanti “piccoli Satana” rappresentati da tutti coloro che si oppongono all’ignoranza, all’oscurantismo, alla propagazione del fanatismo maligno e “osano”, se necessario, misure difensive, sempre infelici, per difendersi dall’aggressione del terrorismo islamico e internazionale.

La colpa sarebbe, ancora una volta, del Diavolo rappresentato dai ricchi-tecnologici, ovvero in pratica dai poveri diavoli di Madrid, di Casablanca, di Tel Aviv, di New York massacrati o mutilati per “purificare” il mondo in nome del Jhiad islamico e anche tramite la perfidia chiamata “bomba atomica dei poveri-fanatici”, ovvero l’impiego di suicidi-killer ritenuti “martiri” in tutto il mondo arabo-islamico e considerati “resistenti” dagli utili idioti ( tipo il nostro Moreno Pasquinelli, portavoce dei sinistri e torbidi circuiti “antimperialisti”).

Oltre al diavolo – che certamente esiste, ed è dove l’uomo inciampa e sprofonda nell’invidia, nel risentimento e nell’odio – agiscono anche forze materiali e storiche che determinano la condizione delle vittime e dei carnefici. Qui l’islàm che sponsorizza il terrorismo internazionale contro il “Grande Satana” ( gli Stati Uniti d’America) e il “Piccolo Satana” ( la piccola e coraggiosa democrazia israeliana), e promuove e appoggia il banditismo in Iraq e il martirio-assassinio anche all’interno della società palestinese non è un fatto autonomo, al di fuori del gioco di potentati economici, di Stati-canaglia e dei rapporti sociali e politici, delle lotte per il potere fra i palestinesi, gli irakeni, gli iraniani, gli europei, gli israeliani e fra il mondo arabo-islamico in pieno scisma e l’intera compagine mondiale.

Ridurre le molle della degradante condizione in cui da molti secoli vivono le masse del ricco mondo arabo-islamico all’umiliazione portata dai “crociati” e dai “sionisti”, dall “Occidente impuro e corrotto” e dal “Grande Satana Americano”, è una colossale impostura intellettuale riguardo ai veri meccanismi che conducono alla crisi e al marasma in cui versa il mondo arabo e islamico.

La vittimizzazione ad opera delle sole forze esterne non fa che distogliere l’attenzione dalle cause interne ed eternizzare la posizione passiva e risentita che caratterizza il modo di porsi dell’arabo con il suo carico d’invidia e di rancore , perpetuamente prostrato alla sconfitta della propria visione arcaica e patriarcale del mondo, irriducibilmente perdente e senza possibilità di via d’uscita se non l’illusione di un vittorioso jhiad, guerra santa fomentata e appoggiata dai burattinai del terrore.

Come scrive Fethi Benslama, autore di La psycanalyse à l’epreuve de l’Islàm : “ L’occidentalizzazione del mondo, principalmente compiuta, vira al disastro nel mondo arabo perché il sistema dei suoi governanti ha non solo impedito l’accesso dei popoli ai loro beni ma, in più, ha impedito loro l’accesso al linguaggio che rende razionale il reale di questa occidentalizzazione”( “Islam: quelle humiliation?”, Le Monde, 28 nov.2001).

La vera novità è quindi questo orrore senza linguaggio veicolato da un islàm che oscilla fra una terribile depressione e una sfolgorante esaltazione, un islàm privato della sua memoria e di profondità culturale e storica, preso in ostaggio dai fondamentalisti e dai burattinai del terrore e ridotto a un minimo di sintassi religiosa per fare passare il suicidio-vendetta come martirio e come arma politica spettacolare.

Incapace di promuovere un jhiad civico e spirituale, il jhiadismo globalizzato rifiuta la complessità e perpetua la tirannia. Il jihadismo si muove lungo un tipico asse paranoico-sacrificale, alimenta e sfrutta le vittime del vittimismo organizzato ( come per esempio i palestinesi) , fa ricorso ai rudimenti della psicologia morale ( umiliazione, risentimento, vendetta, eccetera), ai media, alla tecnologia più sofisticata e ai sogni della riconquista di una supremazia mitica dell’islàm per l’abolizione della domanda politica con sistemi spettacolari, demagogici e crudeli.

In queste condizioni – in un mondo arabo e islamico ad alto tasso d’incremento demografico, costituito da una popolazione giovane e in piena effervescenza, così come nelle città dell’Europa ormai periferia dell’islàm – non mancheranno delle soggettività predisposte all’annientamento per restituire con un ultimo atto di follia proprio ciò che i loro dirigenti hanno loro tolto per restare degni: il politico, che attualmente passa attraverso lo scisma dell’Islàm e la mobilitazione di una povera e smemorata sintassi religiosa globalizzata e priva di storicità e di concretezza.

Lo shaid, il neo-martire-killer non ricorda, infatti, che nella ricca tradizione dell’islam non c’è giustificazione del suicidio come atto di guerra, e che nessun movimento di liberazione a questo mondo vi ha mai fatto ricorso. Il terribile che accade – ricorrendo a qualche slogan di sapore islamico, alla favola di un passato glorioso da riscattare, alla promessa di restituire l’onore al mondo arabo-islamico – non ha altra memoria o storia che quella della dittatura khomeinista e di un paradiso atemporale per il quale neanche la più sacra delle scritture o il più barbuto degli imam può, oggi, assolutamente garantire l’effettivo godimento con 72 urì di 16 anni.

Ma forse al neo-shaid globalizzato non importa niente leggere e interpretare le scritture. Crede veramente che il Profeta sia asceso al settimo cielo da una moschea di Gerusalemme, prima ancora che i musulmani vi costruissero una moschea, e sogna un fantomatico e glorioso passato in cui l’islàm aveva il predominio sull’universo mondo, un predominio che gli spetterebbe per decreto divino. Vive in un ambiente colmo di quella tensione caratteristica delle piazze affollate di quasi tutti i paesi arabo-musulmani: una tensione che nasce dalle “voci” e le affabulazioni degli imam semi-letterati e dalla propaganda delle televisioni e dei media arabi, oltre che da mancanza di giustizia, quindi dalla mancanza della base stessa della relazione umana. Come nei Territori dell’Autorità palestinese, per esempio, ridotti dalla dirigenza politica e religiosa a uno stato di beduinizzazione generalizzata, nel più arcaico stile arabo e islamico:

( Indottrinamento dei bambini palestinesi alla morte per Allah-Shahada, in Autoritratto della società palestinese : http://www.pmw.org.il/new/index.html )

In mancanza di giustizia e di mete politicamente concrete ed entusiasmanti, occorre anzitutto che l’ “amore” della famiglia e del clan del “fratelli” risvegli il gusto del sangue nel più predisposto del gruppo. In mancanza di giustizia e di politica, occorre fabbricare e spingere il giovane martire-killer a correre a rottadicollo verso una svista abbagliante e l’assurdo. Con il rischio di indurlo ciecamente a saltare in aria con 16 vergini di 72 anni.

Dell’assurdo e della lettera che uccide non è possibile neanche sorridere o fare dello spirito. La macelleria islamica, purtroppo, è reale ed è pianificata, decisa, organizzata, voluta e lodata dall’attuale dirigenza palestinese, con l’appoggio, il finanziamento, la complicità e il plauso di gran parte del mondo arabo-islamico: non solo dei mullah con gli occhi iniettati di sangue nelle moschee, ma anche di intellettuali, uomini politici, giornalisti e gente comune che, ad ogni notizia di un massacro di israeliani o di “crociati”, inneggiano allo shaid urlando e ballando nelle strade della capitali del mondo arabo e islamico, anche dei paesi considerati “moderati” come la vicina Tunisia o il Marocco.

Resta la pena, la compassione, la rabbia e ancora le grida, le ambulanze, i lamenti per i tanti poveri corpi maciullati, mutilati. Proprio come accade ripetutamente sugli autobus, nei mercati, nei ristoranti di Gerusalemme e le discoteche di Tel Aviv, dal settembre 2000, con il lancio della nuova ondata terroristica organizzata da Arafat e dalla sua banda – fra i “se”, i “ma” e le tergiversazioni metafisiche dei raffinati giornalisti Europei.

Europei, vale a dire erranti disponibili, innamorati, ancora una volta, dell’uomo sbagliato e affascinati dalla perfidia, dal fanatismo e da una barbarie araba, islamica e palestinese che non ha ancora toccato il fondo dell’orrore di cui è capace (gdm).

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PRIMA VENNERO PER GLI EBREI

Prima vennero per gli ebrei

e io non dissi nulla perché

non ero ebreo.

Poi vennero per i comunisti

e io non dissi nulla perché

non ero comunista.

Poi vennero per i sindacalisti

e io non dissi nulla perché

non ero sindacalista.

Poi vennero a prendere me.

E non era rimasto più nessuno

che potesse dire qualcosa.

(Martin Niemoeller, pastore evangelico deportato a Dachau)

La lettura di questo spendido testo, mi fa pensare all’oggi:

Prima vennero gli Ayatollah in Iran, e io non dissi nulla perchè non ero iraniano (anzi, un po’ contento lo ero: così imparava, quello scià filoamericano!).

Poi vennero gli sgozzatori in Algeria, e io non dissi nulla perchè non ero algerino Poi vennero i terroristi dell’OLP che colpivano gli ebrei di mezza Europa, e io non dissi nulla perchè non ero ebreo Poi venne la seconda intifada, quella dei Kamikaze, e io non dissi nulla perchè non ero israeliano Poi venne l’11 settembre, e io non dissi nulla perchè non ero americano (e poi, in fondo, gli americani se la sono cercata.) Poi venne Nassirya, e io dissi: è ora di ritirasi dall’Iraq (d’altronde non sono neanche iracheno).

Poi venne l’11 marzo, e io non dissi nulla perchè non ero spagnolo.

Poi venne la paura di salire in metro, di andare in Piazza S.Pietro a Pasqua o alla messa di Natale, di abitare vicino ad una Sinagoga o ad una scuola ebraica, gli ostaggi italiani in Iraq. Ed ho scoperto che sono iraniano, algerino, ebreo, israeliano, americano e spagnolo.

E che fino a quando il terrorismo non sarà debellato, saremo tutti ostaggi.

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Pensiero scritto a due giorni dalla celebrazione di Yom Ha-Shoah in Israele da Davide Romano, segretario dell’Associazione Amici d’Israele Onlus. Tratto dal suo blog:

http://liberopensiero.ilcannocchiale.it/

NAZISMO VERDE : NON ABBIAMO ANCORA TOCCATO IL FONDO

Il terrorismo islamico e internazionale durerà decenni. E anche se, per brevi periodi, avremo l’impressione di essere lasciati in pace, magari dopo aver pagato il “pizzo” come la Spagna zapatera, non vi sarà la pace. Siamo circondati da troppo odio. Non sarà facile. Il ripiego immediato sui valori cristiani e il pensare di rimettersi a cantare in gregoriano non ci salverà dalle acque.

Una gioventù verdeggiante di semplicioni, di acculturati e di semi-intellettuali animati da passioni guerriere emerge con violenza ed esplode sulla faccia del mondo in nome del Jihad dichiarato all’America e all’Europa e in azione ovunque, in Asia come in Africa e in Australia.

Non in tutta la gioventù del vasto mondo arabo-musulmana si è risvegliato il gusto del sangue. Moltri giovani musulmani desiderano vivere in pace e in amicizia, ma anche i più sensibili e riflessivi fra di loro rischiano di essere travolti da una sfida fondamentalista e jahidista proveniente da un mondo in piena effervescenza che conosciamo poco, mentre loro conoscono tutto, o quasi tutto, di noi.

E’ una sfida epocale, che ricorre anche al terrorismo ubiquitario e diffuso, che durerà decenni.

La necessaria risposta al terrorismo islamico e internazionale richiederà non solo la mobilitazione e la coordinazione unitaria di forze militari e di intelligence, ma anche risposte politicamente e culturalmente inventive, creative, produttive.

Con il Medio-oriente e specialmente con il Nordafrica – prossimo all’Italia per vicinanza geografica e profondità storica – occorrerà sviluppare soprattutto il dialogo, la collaborazione e l’amicizia con le forze sane di una cultura altra, nel riconoscimento del comune desiderio umano di evitare la sofferenza e realizzare modi di vita giusti e liberi, nel rispetto delle diversità e delle differenze reciproche.

Nel frattempo non si può negare che l’islàm che oggi occupa la scena è un islàm totalitario e aggressivo, una peste fondamentalista regressiva e jahidista che si configura essenzialmente come una guerra civile islamica fra musulmani, esportata anche in Europa.

Purtroppo la maggior parte degli ideologi e delle guide musulmane incitano alla violenza, si oppongono ai musulmani liberali e a coloro che potrebbero promuovere invece un djiad civico e spirituale, e quindi portano la loro parte di responsabilità del terrorismo islamico e internazionale.

In inglese: http://www.memri.org/bin/latestnews.cgi?ID=SD69604

In francese : La plupart des idéologues et des guides musulmans prônent la violence

Il pulpito-portale della catechesi oscurantista sunnita : Alminbar, peggio del Malleus Maleficarum…

«L’integralismo musulmano non scomparirà dalla scena moderna del mondo finché l’islam in quanto ortodossia (sunnita o sciita, poco importa) non avrà conosciuto una sua rivoluzione critica» ( Latifa Lakhdar da: > L’altro islam. Quella studiosa dalla penna molto acuminata )

FONTE: WWW.CHIESA

http://213.92.16.98/ESW_articolo/0,2393,39503,00.html

Il terrorismo islamico e internazionale è un colonizzatore crudele, totalitario e intollerante. Il nazismo verde non potrà mai vincere, perché pretendere al predominio del Sacro articolato alla Legge fissa e immutabile è una forma di follia totalitaria che urta contro la vita e la ricchezze delle molte storie possibili. Il nazismo verde, nonostante l’appoggio dei potentati economici islamisti , il consenso religioso degli imam semi-letterati, l’entusiasmo giovanile di cui gode nel mondo arabo e islamico, procede con obiettivi e metodi fallaci e difettosi. La grande Umma islamica realizzata politicamente sulla terra non è che una volgare dittatura di “barbuti”. E la fabbricazione degli uomini-bomba lanciati contro musulmani “apostati”, “ebrei” e “crociati”, ovvero una lunatica prassi del terrore, non guarirà l’islàm dalla sua grave malattia né risolverà i problemi del mondo arabo e islamico in pieno marasma regressivo ed oscurantista.

Anche se non vincerà, il nazismo verde è tuttavia determinato a mostrare, ancora una volta, quanto l’uomo possa sprofondare.

Aggiornamento 21 Aprile 2004, 10,30:

Bombe islamiche a Bassora, strage di civili e di bimbi irakeni

Quattro autobombe di martiri-killer nella città meridionale dell’Iraq: almeno 70 morti e 200 feriti secondo i testimoni. Colpito uno scuolabus, civili e i poliziotti dei commissariati contro cui erano dirette le autobombe degli shaid.

E’ difficile al momento avere informazioni più precise perché la folla inferocita impedisce ai soccorsi dei militari della coalizione di raggiungere i luoghi della strage islamista, tirando pietre contro gli “infedeli” – invece di aiutarli a ristabilire l’ordine pubblico e a scovare i colpevoli e i mandanti dell’ennesimo attentato terrorista islamico e internazionale, nel loro stesso interesse e in quello dell’Iraq.

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