REAZIONI DI FUGA
IRAN, “L’ATOMICA, GRAZIE, NON C’INTERESSA”
E’ evidente che il presidente Ahmadinejad, il capo del Consiglio della rivoluzione, Hashemi Rafsanjani, e l’ayatollah Ali Khamenei sono sulla strada che porta all’atomica islamica, anche se lo negano. L’evidenza è basata su numerosi indizi, ma manca la prova provata, la cosiddetta “pistola fumante”.
Allorché verrà trovata la “pistola fumante” non sarà troppo tardi ? In una intervista a Guido Olimpio ( Corriere di martedì scorso 17 gennaio), un ufficiale israeliano invita a “ non fare l’ errore di pensare subito al risultato finale – l’ordigno – bensì a concentrarsi sulla strada che porta all’atomica. E di conseguenza la strategia di contenimento deve tener conto di questo risvolto”.
Il giornalista del Corriere osserva che chi “non è influenzato dalla politica o da interessi diretti ( come possono essere gli Israeliani) si muovono con prudenza nell’esaminare la pur reale minaccia iraniana e cerca di sottolineare che gli scienziati di Teheran hanno ancora molto lavoro da svolgere”.
Certo, gli interessi “diretti” sono quelli di un intero popolo minacciato di essere cancellato dalla carta geografica, e anche i vicini Stati arabi sono terrorizzati ( L’atomica iraniana sarebbe un rischio anche per gli arabi:parola di Walid Jumblatt – Intervista di Imma Vitelli – Europa ).
I rapporti tra Stati assomigliano ai rapporti che i singoli hanno nella vita corrente. Se, ad esempio, vediamo due vicini che litigano, nella maggior parte dei casi ci teniamo a distanza: guardiamo dall’altra parte e non c’interessa conoscere e approfondire le ragioni dell’uno e dell’altro. E’ una reazione certamente egoista, vogliamo essere lasciati in pace.
Allo stesso modo sembra comportarsi la comunità internazionale, che, disunita, pensando ognuno al proprio interesse, crede di potersi ancora permettere reazioni di fuga. Oppure di poter trarre qualche vantaggio, diretto o indiretto, da un Iran come potenza nucleare sullo scacchiere mediorientale.
Un’altra reazione, davanti a una realtà così sgradevole, pericolosa e complessa, è quella di esitare, di sperare in un cambio di regime e di dire che l’uso della forza non è mai una buona soluzione, una soluzione definitiva; e che sarebbe meglio dialogare e vivere d’amore e d’accordo. Però per dialogare, per evitare la sofferenza che finisce sempre con il colpire maggiormente la povera gente e cercare di vivere in pace, occorre essere in due.
Nel caso dell’Iran, di uno Stato che esprime la dichiarata l’intenzione di cancellare un paese indipendente e sovrano dalle carte geografiche, che sponsorizza il terrorismo e al tempo stesso persevera sfidando la comunità internazionale nell’obiettivo di sviluppare subdolamente armi di distruzione di massa, non sembra che ci sia propensione al dialogo.
L’Iran è un regime che non vuole la pace con Israele, che sottopone la comunità internazionale a un ricatto insopportabile e che ha un rapporto mistico con la morte.
Nel 2001 l’ex presidente dell’Iran, Akbar Hashemi Rafsanjani dichiarò: «Se un giorno l’Islam verrà in possesso dell’atomica, l’arroganza globale avrà fine. L’uso di una sola bomba contro Israele non lascerà niente in piedi, mentre una risposta israeliana potrà appena danneggiare il mondo islamico». Una tale spaventosa contabilità, significa che a una delle parti non interessa la sopravvivenza, né quella degli altri né della propria gente.
“Se non potete arrestare un uomo che compra una pistola, la cosa migliore da fare è renderlo vostro amico, non nemico”, scrive Simon Jenkins implorando saggiamente l’ appeasement. Ma se l’uomo che ha comprato la pistola non è saggio e vi ha già designati unilateralmente come “nemici”, “nemici di Al-lah” ?
Un tale rapporto mistico ma anche crudelmente pragmatico con la morte ( vedi la fabbricazione e l’uso dell’uomo-bomba celebrato come shaid = Testimone della Fede, destinato al paradiso ) e la credenza millenaristica nella venuta del Mahdi rendono straordinariamente complessa, enigmatica ed inquietante la caccia tecnologica scatenata da un regime alieno alle ragioni della deterrenza politica e diplomatica, che richiedono un’etica della verità, amore per la vita propria e di quella altrui, e una sincera disponibilità al compromesso.
Purtroppo la parola “compromesso” non esiste nella “sacra” lingua araba, chissà se esiste in quella persiana dell’Iran, un paese di grande civiltà oggi dominato da un regime lugubre e oscurantista, che non promette niente di buono non solo ai “diretti interessati” e a tutti i suoi vicini, ma all’intera comunità internazionale.
Il pericolo che la comunitá internazionale sta correndo si lega all’ orrore della situazione del popolo iraniano sotto il regime di Ahmadinejad: diritti umani, condizioni delle donne, privazione delle piú elementari libertá politiche e civili, ed “esportazione” delle cause del fallimento del regime islamista verso la demagogia e la credenza popolare nel “complotto” dovuto all’ “arroganza occidentale”, ai musulmani “tiepidi” ( considerati come il “nemico interno”) ed al “nemico esterno” – designato con vocabolario religioso come “piccolo” e “grande” Satana.
Accadde anche durante l’ascesa sfolgorante del nazismo in Europa, quando la gente volgeva la testa dall’altra parte, ballava, esitava, non ci voleva credere o pensava di poter convivere con il nazismo paganeggiante; oppure, mettendo nello stesso dannato calderone vittime e carnefici, diceva a entrambi: “Vi ricordo che l’Europa non è un campo di sterminio. Per favore spostate le vostre dispute in altra sede fino a quando non sarete in grado di comunicare in modo civile. No, non considero le proteste e il terrore delle vittime un modo di discutere civile e sì, non ho nessun problema a ritenervi entrambi dei pericolosi rompicoglioni. Lasciateci in pace. Grazie”.
Ma la Terra è una sola e la responsabilità, oggi, è universale. La comunità internazionale entra all’ombra di un pericolo e di una possibile sciagura generale che coinvolgerebbe l’intero Medioriente e il mondo, non solo i “diretti interessati” a non essere distrutti dall’atomica islamica in preparazione.
Occorre, ancora una volta, elaborare la minaccia secondo moduli meno arcaici e sanguinosi, senza cedere all’indifferenza o al terrore, all’ignavia o alla vertigine dell’azione immediata. Occorre essere intrepidi nell’affrontare e superare l’infelicità * che risiede nella necessità di doversi difendere quando invece si vorrebbe accogliere o costruire ponti e dighe : la necessità di doversi muovere per evitare, prima che sia troppo tardi, pericoli e danni peggiori.
* A 150 anni dalla nascita del padre della psicoanalisi ( ricorrenza alla quale “La Stampa” ha dato rilievo con un articolo di Gianni Vattimo in fuga dalla teoria dell’inconscio ), forse possono essere ancora utili e più che mai attuali le osservazioni di Freud del 1929 tratte da Il disagio della civiltà:
“ Il comandamento ‘ ama il prossimo tuo come te stesso’ è la più forte difesa contro l’aggressività umana (…). Eppure, chi nella presente civiltà s’attiene a tale precetto si mette solo in svantaggio rispetto a chi non se ne cura. Che immane ostacolo alla civiltà dev’essere la tendenza aggressiva, se la difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!
La cosiddetta etica naturale non ha qui da offrire nulla al di fuori della soddisfazione narcisistica di potersi ritenere migliori degli altri..L’etica che si appoggia alla religione fa qui intervenire le sue promesse di un aldilà migliore. Sono d’opinione che finché la virtù non è premiata sulla terra l’etica predicherà invano.
(…) Il problema fondamentale del destino della specie umana a me sembra sia questo: se, e fino a che punto, l’evoluzione civile degli uomini riuscirà a dominare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla loro pulsione aggressiva ed autodistrutrice.
In questo aspetto proprio il loro tempo presente merita forse particolare interesse. Gli uomini adesso hanno esteso talmente il proprio potere sulle forze naturali, che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all’ultimo uomo. Lo sanno, donde buona parte della loro presente inquietutine, infelicità, apprensione.
E ora c’è da aspettarsi che l’altra delle ‘ due potenze celesti’ , l’ Eros eterno, farà uno sforzo per affermarsi nella lotta contro il suo avversario altrettanto immortale. Ma chi può prevedere se avrà successo e quale sarà l’esito ? "
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Terrorismo
«Il caporione è vivo e pronto a colpire»
«Stiamo preparando nuovi attacchi negli Stati Uniti e li vedrete quanto prima»: è la nuova minaccia di Osama bin Laden, il lugubre capo-bastone di al Qaeda ( sedicente “Fronte internazionale ‘islamico’ per la guerra santa contro gli ebrei e i crociati”) contenuta in un messaggio audio trasmesso dalla tv satellitare "Al Jazeera".
Il Totò Riina saudita si è rivolto al popolo americano, così come già fece il 29 ottobre 2004 durante la campagna elettorale tra Bush e Kerry e il 15 aprile 2004 con un messaggio ai governi europei, parlando di «una lettura sbagliata dei sondaggi negli Stati Uniti sul ritiro delle forze americane dall’Iraq» ( secondo Bin Laden, Bush insisterebbe nel mantenere le forze americane nonostante la maggior parte della popolazione sia a favore dell’uscita dall’Iraq).
«L’Iraq non è il solo campo di battaglia» degli estremisti islamici, «come avete visto con gli attentati nelle capitali europee», ha precisato il padrino con voce stanca, evocando niente meno che la “sacra” legge della prepotenza e del terrore*, così come hanno fatto, e vorrebbero continuare a fare, i vari al Zawahri.
Il miliardario, erede di un impero economico che sfrutta per finanziare atti terroristici in ogni parte del pianeta, ha poi concluso parlando di morte: «Avete tentato di impedirci una vita dignitosa, ma non potrete impedirci una morte dignitosa. Uscire dalla jihad imposta dalla nostra fede è un peccato che fa paura. La morte migliore per noi, è quella sotto l’ombra delle spade».
Il messaggio audio originale di Osama Bin Laden
I picciotti non hanno voluto dire quando il nastro sia arrivato, ma Ahmed al-Sheik, redattore capo della televisione satellitare del Qatar al Jazeera, ha osservato che “sembra recente". Il nastro dura dieci minuti.
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55 Di fronte ad Allah non ci sono bestie peggiori di coloro che sono miscredenti e che non crederanno mai; 56 coloro con i quali stipulasti un patto e che continuamente lo violano e non sono timorati [di Allah].57 Se quindi li incontri in guerra, sbaragliali facendone un esempio per quelli che li seguono, affinché riflettano.58 E se veramente temi il tradimento da parte di un popolo, denunciane l’alleanza in tutta lealtà, ché veramente Allah non ama i traditori.59 E non credano di vincere, i miscredenti. Non potranno ridurCi all’impotenza.60 Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare (turhiboona) il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce. Tutto quello che spenderete per la causa di Allah vi sarà restituito e non sarete danneggiati.61 Se inclinano alla pace, inclina anche tu ad essa e riponi la tua fiducia in Allah. Egli è Colui che tutto ascolta e conosce ( Corano, Al-‘Anfâl – Il Bottino, versetti 8:61 ).
"Preparate… per terrorizzare ...".
" Il solo mezzo per vincere facilmente contro la ragione: il terrore e la forza” ( Adolf Hitler – Mein Kampf ) .