Il naso dei filosofi

  Antropologia

IL NASO DEI FILOSOFI

«Smell» (1839) Honoré Daumier (1808-1879)

I profumi sono odori culturali con i quali, dopo aver eliminato gli odori biologici , ci si copre per ingannare il naso e suggerire fascino, seduzione e altri misteriosi allettamenti. Nei tanti nomi di profumi a tutti noti – Mystère, Magie noire, Sortilège ed altri dello stesso genere – c’è la traccia dei poteri invisibili che la scimmia profumata attribuisce loro e dell’ambiguo rapporto che intratteniamo con la percezione olfattiva. L’odore è una forma di comunicazione che si potrebbe definire involontaria. Ogni individuo ha un odore biologico unico, come le impronte digitali, e non lo può certo negare (anche se lo può attenuare, esaltare, correggere, insomma mascherare).


 

Il ruolo culturale dell’olfatto – senso non mediato dal pensiero e dal linguaggio, ma da emozioni immediate di avversione o di attrazione – costituiva già nell’Antichità greca una impalpabile rete di simboli e di miti . Decisivo è il mito greco della seduzione aromatica della pantera profumata, riportato dapprima da Teofrasto, Plutarco ed Eliano, ed infine approdato alla simbologia cristiana come immagine della cattura mistica, quella che la parola del Cristo compie invisibilmente sulle anime. Si tratta di un passaggio decisivo, alle origini della civiltà occidentale, in cui i primi miti della seduzione erotica degli odori introducono una sfasatura tra la funzione positiva e solare degli aromi immarcescibili come l’incenso da restituire agli dèi attraverso il fumo fragrante , e una funzione negativa degli stessi profumi usati a fini erotici e seduttivi.

 

L’ambiguità dello statuto culturale dei profumi si riflette nella svalutazione dell’odorato e dell’odore, in cui giocheranno un ruolo decisivo il pensiero cristiano e i filosofi della dialettica e della Ragione. Kant ed Hegel, ad esempio, privilegando, come Aristotele, la vista, che è il senso della distanza e della teoria, parleranno dell’olfatto come di un “senso animale”, antisociale ed escluso dall’estetica. Opera fondamentale per conoscere le modificazioni sociali e antropologiche legate agli odori è la Storia sociale degli odori, di Alain Corbin, pubblicata nel 1982. “La lettura di questa dotta, un po’ elegante, storia degli odori – notava Giorgio Manganelli – ci suggerisce quel che pare ovvio, ma può venir trascurato: cioè, che l’igiene è un prodotto del tutto artificiale e tecnologico, ed esige una organizzazione centralizzata, scientifica, aggiornata. È una tecnica […], una ideologia artificiale, ignara della puzza collettiva, e intesa a punire i tanfi individuali; ha in sé qualcosa di maniacale, come la ginnastica e la dietetica”. La ricerca di Corbin parte dal XVIII secolo e ricostruisce la battaglia contro gli odori portata avanti su più fronti, che ha condotto a ciò che l’autore chiama il “silenzio olfattivo” del Novecento.

Il naso ( che essendo protuberante rimanda ad un’altra protuberanza ) non sarà più come quello dritto e fiero della pittura del Rinascimento italiano, ma resta, di volta in volta, o complessivamente, un senso istintuale, voluttuoso, erotico, impertinente, libertino, frivolo, incapace di uscire fuori dal solipsismo originario della soggettività. In un continuo va e vieni tra proporzione e svalutazione dei dati olfattivi, le ragioni sia filosofiche che sociali di denigrare il naso sono numerose. E bisogna aggiungervi la fugacità del suo oggetto, che rende difficile la verbalizzazione delle emozioni che esso suscita.

Un filosofo con un naso sarà invece Nietzsche, che sferrerà, per primo, le critiche più virulenti contro i detrattori dell’odorato, ricordandone la funzione di conoscenza intuitiva. Solo agli inizi dell’Ottocento, nel clima di un generale movimento delle idee iniziato già con l’Illuminismo, l’odorato trova eloquenti difensori nei pensatori libertini, nei sensisti e negli utopisti come il filosofo francese Charles Fourier, che sogna di fare degli aromi “ una vera scienza delle corrispondenze universali più sottili”.

Finiti i secoli graveolenti delle puzze organiche e degli odori animaleschi e grevi, le sensazioni olfattive vengono rivalutate proprio agli albori della modernità, e cioè parallelamente al rifiuto borghese del nauseabondo e a quel raffinamento narcisista dei costumi che porteranno l’odorato all’avanguardia del gusto. Nello stesso tempo inizierà quel discorso, inaugurato da Freud, che constatata la scarsa capacità di discriminare gli odori manifestata dagli esseri umani ( definiti “microcosmatici” dai naturalisti) , ne fa l’indice di una perdita di significato per loro, quasi come se fosse un segno della loro avvenuta civilizzazione. In Occidente e Oriente nello specchio di Dioniso e di Apollo lo psicoanalista Iakov Levi ha sostenuto come “tutta la civiltà occidentale si sia sviluppata sotto il segno dell’occhio di Apollo, il dio della rappresentazione figurata e dell’arte… Sotto la predominanza dell’olfatto la civilizzazione non avrebbe potuto svilupparsi nè essere sostenuta”.

Non c’è dubbio che l’uomo privilegi la vista, fin dai primordi, e che l’iconoclastia dei popoli regrediti al deserto e alla predominanza dell’olfatto rappresenti una perdita per la civiltà. Tuttavia l’uso dell’olfatto – ancorché un po’ schiacciato dal prevalere delle immagini e dei suoni, del virtuale e della riduzione dei contatti diretti – non è tanto atrofizzato quanto messo in ombra dallo status culturale attribuito agli odori “naturali”, che restano biologicamente significativi e forse costituiscono il cammino più corto per l’intimità sessuale ( in Odori, un libretto del 1997, osservavo che ci si rende conto di essere davvero innamorati di una persona quando se ne sopportano anche gli odori più indiscreti).

Da qui l’enorme interesse e i molti interrogativi suscitati dalle più recenti ricerche scientifiche sui feromoni ( i messaggeri chimici che svolgono un ruolo nella sessualità degli animali) e su quel misterioso organo detto vomeronasale che comprende alcune funzioni nella percezione degli stimoli olfattivi. “Esiste, biologicamente parlando, un odore-messaggio di femmina? “, chiede lo psichiatra Domenico De Maio, autore di uno studio sui “Turbamenti olfattivi” ( Laruffa editore). “ Parrebbe di sì e la chiave di lettura sembrerebbe affidata ai feromoni. Si tratta di sostanze volatili, veri e propri messaggi chimici rilasciati da un soggetto nel suo ambiente e dotati di effetti fisiologici e/o comportamentali sugli altri membri della stessa specie. Il loro raggio d’azione è sovente notevole: di undici chilometri per alcune farfalle notturne e di tre per la cagna in calore”. Localizzato in prossimità delle narici, l’organo vomeronasale è stato sempre considerato negli esseri umani rudimentale e accessorio. “ E’ per questo – nota a sua volta Annick Le Guérer, studiosa di antropologia e di filosofia – che i chirurghi, che non esitavano a eliminare quest’organo durante le rinoplastiche, cominciano oggi a interrogarsi sulle eventuali conseguenze di questa pratica. Potrebbe, in particolare, essere all’origine di fenomeni depressivi?” ( cfr. I poteri degli odori, Bollati-Boringhieri).

Posto alla cerniera dei sensi della distanza ( la vista e l’udito) e di quelli del contatto ( il gusto e il tatto) , l’olfatto è il senso della confusione. Esso resta radicato in maniera complessa e ancora non del tutto chiara nel fondo “arcaico” della corporeità e di una fisicità che non cessa d’imbrazzare i numerosi studi multidisciplinari sull’argomento. Occorrerebbe chiedersi, per esempio, perché lo shaid, il martire-killer, nella maggior parte dei casi si profuma prima di esplodere direttamente , crede lui, in paradiso e nella gnocca, altrettanto profumata, delle urì. D’altra parte, sebbene oggi l’olfatto non abbia un’importanza preminente nella civiltà del deodorante, senza i molteplici ricettori delle nostre umide fosse nasali saremmo alquanto sguarniti per apprezzare il cibo, sentire l’odore dei nostri amanti e per chiudere il gas. Anche il campo della nostra immaginazione ne sarebbe abbastanza ridotto. Ma né l’ambiente, né l’esperienza, né la cultura ci hanno insegnato a prenderci cura della varietà degli odori, come se questi non fossero necessari alla nostra vita interiore quanto le immagini e i suoni.

 

Ti ricordi quel profumo ? “. Sulla scia evanescente di un profumo, mentre i ricordi risuonano immediatamente, chiedendoci dove siamo stati tutto questo tempo – gli amanti – come i mistici, gli alchimisti e i maghi – sognano, ancora una volta, il potere di odori indistruttibili. Che sia quello dell’immaginazione il vero potere degli odori ?

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2 risposte a Il naso dei filosofi

  1. astime scrive:

    Bravo. Bellissimo post.

    saluti

  2. CavFedericoI89 scrive:

    Ciao! Annusa la libertà del mio blog. Ti prego di sottoscrivere l’appello per la difesa della libertà! Ti aspetto:

    http://lagrandeforzadelleidee.ilcannocchiale.it/

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