Addio a Tony Duvert

LETTERATURA
ADDIO A TONY DUVERT
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Lo scrittore Tony Duvert è stato trovato morto mercoledì 20 agosto 2008, nella sua casa di Thoré-la-Rochette . Aveva 63 anni.
Autore fra l’altro di “Journal d’un innocent” (1976), “Quand mourut Jonathan” (1978), “L’île atlantique” (1979), “Un anneau d’argent à l’oreille” (1982), nel 1974 si era trasferito a Marrakesh, in Marocco, lo stesso anno in cui dette alle stampe “Il buon sesso illustrato“, una risposta ironica a una famosa enciclopedia della sessualità e sulfurea perorazione del diritto di bambini, adolescenti e ragazzi a “disporre del loro corpo” sottratto alla Famiglia, al Partito, all’Oratorio, e specialmente alle Madri – che per Tony Duvert facevano rima con Megera.  Grazie al suo amico  Roland Barthes aveva ottenuto il prestigioso premio Médicis nel 1973 per il suo romanzo "Paysage de fantaisie", pubblicato per le  éditions de Minuit. Questo romanzo che mette in scena giochi sessuali fra un adulto e dei ragazzini, alla sua uscita era stato largamente salutato dalla critica e osannato dal “tout Paris”, non soltanto dalla “gauche caviar”, la sinistra al caviale. Persino “Le Figaro” rilevava tranquillamente  "le miracle de ce livre scandaleux où, de la perversion la plus vertigineuse, mystérieusement naît (…) l’innocence. – Il miracolo di questo libro scandaloso dove dalla più vertiginosa perversione nasce… l’innocenza”.
L’ aspetto letterario e fantastico della sua scrittura , più che a André Gide o a Francois Augerias doveva molto all’innocenza perversa, ma non all’ipocrisia, dei romanzi illustrati per ragazziSignes de piste“. Lo ha notato, molto opportunamente, la scrittrice Anne Simonin nell’ articolo del suo interessante blog. La qualità della scrittura di Tony Duvert fu presto sommersa dall’invadente prospettiva politica e movimentista di quegli anni di impudente “innocenza”, tanto da farne apparire i contenuti come una specie di “manifesto pedofilo “. Effettivamente nei suoi libri, accanto alle più diverse forme di omosessualità maschile veniva spesso evocata la pédophilie, una parola oggi davvero pesante; ma per illustrare la differenza , il décalage epocale che esiste nella risonanza di questa parola negli anni ’70 e oggi, basta leggere la lunga intervista cheTony Duvert diede a Guy Hocquenghem e Marc Voline per il giornale “Libération” che la pubblicò  “normalmente” l’ 11 aprile 1979 ; reperibile dal motore di ricerca oggi la si trova preceduta dall’avvertenza “Attention ! Contenu très explicite. Apologie de la pédophilie. Loi ” – con un collegamento su “Loi” ( Legge) che rinvia all’idoneo arsenale giuridico in vigore.
Strano destino quello dello scrittore Tony Duvert. Molto alla moda nell’euforia della liberazione sessuale degli anni Settanta, diventa scandaloso e criminale negli anni Ottanta. Nel XXI secolo non troverebbe più un editore disposto a pubblicare scritti del genere:
"son foutre lâché, il a le temps de mettre la table et de cuire une omelette avant que sa bitte se soit assoupie. " Journal d’un innocent (1976)
"quand il a joui et me décule, il part se laver, se repeigner, chercher à boire, et réapparaît la queue aussi raide qu’avant; il la promène devant lui, inutile, magnifique, comme ces aigrettes, ces bosses, ces cornes décoratives qu’ont certains animaux. " Journal d’un innocent (1976)
"je dédie ce souvenir aux salauds qui me prêchent aujourd’hui le «respect» du mineur. Moralistes borgnes, j’ai été ce mineur et je l’ai subi, ce respect. " L’Enfant au masculin (1980)
Non poche sue idee espresse nel gergo “decostruzionista” dell’epoca ( “eterocrazia”, “bio-potere”, eccetera ) erano francamente insopportabili. Venivano lanciate nelle Università e diventavano di moda  sull’onda delle euforiche rivolte politiche, espressive e libidinali degli anni ’60 e ’70 ( gli anni del « desiderio dissidente », come li definì lo psicoanalista Elvio Fachinelli ). Tuttavia, Tony Duvert era un vero scrittore . Se non proprio al livello di Sade, che certamente conosceva, di Cèline, o del grande Rabelais – resta tra i più raffinati e geniali stilisti della lingua, della lingua francese . Ciò che colpisce è la purezza della lingua e il fondo immondo al quale la lingua strappa qualche verità, illuminandola di una luce troppo cruda. Non si tratta di “giustificare” o “discolpare” Tony Duvert, né tantomeno di giudicarlo o condannarlo, ma di evitare di cadere nell’amalgama tra ciò che scrive un autore e il suo vissuto, come se l’autofinzione fosse un’evidenza.  In tempi meno ossessionati dalla ricerca dei “piccoli segreti” e dallo spettacolo di piccole sessualità francesi, americane, o anche italiane, medio-italiane, è la traccia letteraria, e non la biografia dell’autore che dovrebbe ritenere l’attenzione su un’opera che è di critica radicale ai fondamenti della società e di sovversione morale, certo, ma questo perché quella puttana di Letteratura è forse sempre stata nera, fin dall’Antichità.  I più sagaci lo avranno capito, la  Rivoluzione non è l’affare degli scrittori e compito della Letteratura. Così come non lo è il bene. Anzi, nello stile del più puro ed elegante moralista di scuola francese, Duvert scriveva che “le vice corrige mieux que la vertu. Subissez un vicieux, vous prenez son vice en horreur. Subissez un vertueux, c’est la vertu tout entière que vous haïrez bientôt”. Il vizio corregge meglio della virtù. Subite un vizioso, prenderete il suo vizio in orrore. Subite un virtuoso, è la virtù tutta intera che ben presto odierete” (“Abécédaire malveillant” ).
Occorre ricordarsi di quegli anni di “macchine desideranti” in cui la cosiddetta sessualità appariva una liberazione, mentre oggi –  in epoca di “macchine ossessive” – l’intronizzazione attuale del bambino-re, sempre più raro, e in particolare dell’adolescente maschio, sempre più infantilizzato, accompagnato dalla sua paranoia protettrice, non è più stupida, e neanche meno stupida, delle elucubrazioni delle braghette rosse di un tempo che in locali fumosi dibattevano sulla bontà di mostrare il culo per la Rivoluzione, e propugnavano a gran voce una libertà sessuale senza limiti, con il pretesto che così lo spirito si sarebbe aperto ! E anche la società, sarebbe diventata più larga e più accogliente ! D’altra parte, iI sesso non è la dannazione ( se i poveri signorini sarebbero traumatizzati a vita per una mano amica esploratrice nelle mutandine, quale sarà allora il loro stato quando saranno confrontati a guerre di ogni genere, a cinture esplosive cucite da soavi mammine o cuginette nei loro pantaloncini di bambini kamikaze, shaid  minorenni , o al loro piccolo cancro ?).  Il sesso non è neanche la liberazione. Un colpo nel “melone” ( come lo chiamava Proust ) , qualsiasi sia l’età, non ha mai reso le idee più chiare – il che è davvero un peccato per una riflessione sui misteri del buio e quell’enigma che è la Società. Per non dire del mistero della Letteratura. Ma tant’è.
A partire dal 1989, finiti i tempi in cui più o meno tutti ancora ricordavano di avere, da piccoli, fatta qualche sciocchezza dietro un muro di casa, in assenza dei genitori, o fra qualche cespuglio o in un pagliaio, Tony Duvert  aveva deciso di smettere ogni pubblicazione, sebbene continuasse a scrivere, ed era praticamente scomparso dalla scena letteraria. La scomparsa dello scrittore coincide con l’epoca in cui, come ha notato qualcuno, oltre alla virtù viene discreditato anche il vizio – che diventa uno spettacolo per famiglie, i più diversi tipi di famiglia, in gita domenicale. Insomma, nell’epoca in cui i forzati della trasgressione incominciano a chiedersi se all’autoritarismo obsoleto non sia succeduto un permissivismo obbligatorio altrettanto feroce. Dopo aver teorizzato la fuga dei bambini e dei ragazzi dalla “ tirannia delle madri” , lo scrittore ( come già aveva fatto a suo tempo Jack Kerouac, l’autore di “Sulla strada“ ) si ritira a vivere proprio presso la madre, a Thoré-la-Rochette, un piccolo villaggio di 880 abitanti del Loir-et-Cher, dove nessuno lo conosce e viene reputato un tipo solitario. Dicevano che fosse diventato misantropo, e senza per questo diventare animalista, amava gli animali, più degli uomini. Lui che in una pagina stupenda dell’ “Infanzia al maschile” ( tradotta da Giancarlo Pavanello nel 1982 per le edizioni La Rosa) scriveva:
C’è sulla terra un uomo unico, dai volti innumerevoli, che amo sopra ogni cosa; so identificarlo, riconoscerlo in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi apparenza; è come un popolo invisibile al quale appartengo, lo riunisco in me per farcelo abitare, nazione inesprimibile, amore dopo amore”.
Corpo dolcemente scandaloso, dai volti innumerevoli. Prossimo al corpo senza organi di Gilles Deleuze ?
In ogni caso, amore dopo amore, l ‘iconoclasta Tony Duvert ha cessato di vivere come aveva vissuto : solo, dimenticato, nell’abbandono.. Sempre più solo, viveva in una specie di esilio interiore e di reclusione, specialmente dopo la morte della madre. Dicevano che fosse esausto e nessuno degli “esseri fratelli” la cui esistenza insperata avrebbe dovuto governare la sua vita, nessuno dei suoi estimatori, cule prestigiose e firmatari di manifesti libertari lo andava a trovare; neanche i funzionari o gli impiegati delle Editions de Minuit, o qualche giornalista della Televisione francese che nel 2005 aveva messo in onda per Arte “L’Île atlantique”, l’ultimo romanzo di Tony Duvert adattato dal cineasta Gérard Mordillat. Quel mercoledì 20 agosto 2008, la cassetta della posta dello “ scrittore”, come lo chiamavano nel villaggio, straripa di lettere. La cosa sorprende un vicino, che allarma la gendarmeria di Vendôme. Portatisi sul posto, come con linguaggio burocratico annotano i funzionari di polizia, i gendarmi non riscontrano risposta e fanno appello ai pompieri per forzare una finestra ed entrare nel domicilio segnalato. Vi trovano un corpo, deceduto di morte naturale , secondo loro, da perlomeno in mese. Era il corpo dello scrittore Tony Duvert. Continuo a pensare che a nessuno piace morire da lontano, ma forse a Tony Duvert non sarebbe dispiaciuta tanta indifferenza. Vivere, scrivere e morire fuori dai coglioni di tutti, forse il monaco Tony Duvert ha realizzato uno dei sogni più belli e più crudeli che esistano. Occorre rallegrarsi ?  Il miglior modo per onorare, vivificare e rallegrare uno scrittore è pubblicare e leggere i suoi scritti. Tanto più che, sulla via di diventare un classico, Tony Duvert è forse più vivo di tanti suoi contemporanei, denigratori o “esseri fratelli"  & estimatori che siano i lettori.
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dal Blog di Bernard Alapetite 
LINK
– Pierre Assouline dedica un biglietto allo scrittore sul suo blog Larepubliquedeslivres:
 
– L’inchiesta di Livreshebdo : “Duvert le scandaleux
 
– Il sito delle  éditions de Minuit.
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Una risposta a Addio a Tony Duvert

  1. anonimo scrive:

    Ho letto con piacere tutti i libri di Duvert e ne ho tratto tante ispirazioni. E' veramente un peccato che uno scrittore geniale e trasgressivo come lui sia morto nell'indifferenza più totale. Certamente il fatto che fosse pedofilo e scrivesse libri in cui appariva chiaramente il tema pedofilia non ha certo concorso a farlo ricordare visto che viviamo in un epoca sessuofobica-repressiva e intollerante verso la sessualità. Addio Tony, spero che in paradiso potrai continuare a scrivere delle sciocchezze degli uomini e ridere di loro. William.

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