Censurato Pimpi. " E' impuro. E offende i musulmani"

 Turchia

CENSURATO PIMPI

" E’ IMPURO. E OFFENDE I MUSULMANI"

Il cartone animato di Walt Disney, Winnie the Pooh è stato inesorabilmente eliminato dalla televisione di stato turca Trt, controllata dal governo islamista, a causa della presenza, giudicata “satanica”, del porcellino rosa Piglet, in Italia conosciuto come Pimpi, per non urtare la “religiosità psichica” * ( sensibilità ) di un gran numero di musulmani integralisti che considerano ancora il maiale un animale «impuro» e Walt Disney, tanto per cambiare, un «agente della CIA».

Secondo i giornali Cumhuriyet e Sabah, la tv pubblica turca avrebbe voluto in un primo tempo trasmettere il cartone animato, tagliando le scene dove è presente «l’impuro personaggio», ma l’impresa si sarebbe rivelata impossibile a causa del suo ruolo protagonista, insieme al suo amichetto l’orsacchiotto Winny, al tigrotto Tigro, all’asinello Hi Ho e al coniglietto Tappo. E così anche il timido e imbranato piccolo Pimpi è finito al macello. Come è successo a Pikachu e ai Pokemon – per limitarsi solo ai cartoni animati – messi al bando tempo fa e destinati al macello dalla fatwa dello sceicco dei Fratelli musulmani Yusuf al-Qaradawi.

OSSERVAZIONI SULLA CENSURA “IN NOME DELL’ISLAM”

La censura può essere tentacolare, ma lo è ancora di più quando si fa in nome di un principio “sacro”. La premessa sacrale la dota di una forza sacrificale “purificatrice”, che si dispiega sugli individui e su una società secondo la stessa logica di contiguità e di contagio semi-magico che regge il sacro islamico e la sua doppia polarità del puro e dell’impuro.

Essendo l’oggetto censurato supposto o suggerito come “impuro”, l’influenza nefanda dell’impuro essendo contagiosa, questa s’irradia verso tutto ciò che vi sta attorno. La censura sacrale è proprio questa macchina ossessiva che gira a pieno regime ( islamista) e interdice sia la blasfemia ( o ciò che è supposto essere tale ) sia ciò che si trova attorno alla blasfemia, o ciò che è supposto essere tale: come ad esempio l’ironia e – come oggi in Iran – persino il sorriso o una franca risata in faccia al lugubre ayatollah.

La risata, anche blasfematoria, non è un evento insurrezionale ( fitna, come si dice in paese islamico), ma una funzione che introduce una distanza salvatrice tra la creatura e l’Onnipotente, tra il credente e il suo Dio, tra il soggetto e le sue identificazioni collettive. Il diritto di porsi in maniera irridente o anche blasfema è certamente un’acquisizione civile ( oggi esercitata in Europa in maniera banale, se non banalizzata ), ma la capacità di irrisione in sé è un bisogno culturale vitale. E’ l’affermazione di un desiderio di libertà e di una certa autonomia per rapporto alle istanze protettrici simboliche, il drammatico segno di uno spostamento ludico delle inibizioni, degli interdetti e delle proibizioni.

Il sacro che diventa legge dello stato, confondendo peccato e crimine, costruisce ciecamente di fatwa in fatwa il suo regime e il suo impero erigendo ovunque e in principio la presunzione di colpevolezza, allargando a dismisura il campo del sospetto e della censura, fino ad arrivare al disprezzo per l’arte, per i testi, per le istituzioni e per la ricchezza della vita.

Non a caso, la storia contemporanea della censura “ in nome dell’islam”, ovvero della nuova versione nazi-teo-scientista della civilizzazione islamica – si estende alla censura di tutte le produzioni che, dall’interno degli stessi paesi musulmani, criticano la religione del Profeta o aspirano a una riforma. Ed è costellata di omicidi, di attentati, di proibizioni di pensare e di parlare, in nome della stessa logica sacrale del puro e dell’impuro. Una tale logica sacrale corrisponde a una politica condotta, a un tempo, dagli stati e i movimenti islamisti, che si propongono il fine di far regnare la paura, sottomettere le coscienze, soffocare le voci libere , imporre una morale unica “nel nome dell’islam”.

La censura del regime religioso è ablativo: procede per eliminazione. Non è solo il fumetto, la vignetta, il testo o la parola da eliminare, ma i loro autori. Poiché, nell’islam, la riforma religiosa che abolisce la legge sulla blasfemia e l’apostasia non ha ancora avuto luogo, la legge sul blasfema, le fatwa e le minacce si estendono ai democratici e i riformisti del mondo islamico: uccidendo, riducendo al silenzio, spezzando vite, seppellendo le opere e i corpi.

E’ doveroso rifiutare l’amalgama tra islam e terrorismo. Ma occorre riconoscere che il terrorismo mondializzato si fa “nel nome dell’islam”, nel nome di una certa ideologia islamista, e che niente di strutturale o di istituzionale va nel senso di una riforma dell’islam, dei sistemi educativi e giuridici islamici per valorizzare un islam realmente tollerante e pacifico. Un islam cioè che rinunci alla legge sull’apostasia, all’obbligo del jihad armato e alle ineguaglianze tra gli uomini e le donne e tra i musulmani e i non-musulmani, ancora chiamati “ingrati” ( kuffar, in arabo ) con linguaggio polemico. E’ facile incriminare gli altri , ponendosi nella posizione di eterne vittime e gridando alla “islamofobia”, dicendo: “ Se non volete la sharia’h siete islamofobici, e vi denunciamo in nome dei vostri stessi principi democratici, che peraltro sono ‘satanici’ e che noi non condividiamo”. Più reali e più criminali dell’ “islamofobia” sono le fobie islamiste che hanno per oggetti non solo la donna, l’ebreo e l’omosessuale, ma anche l’intellettuale, l’artista, il non-credente, il musulmano “tiepido” e addirittura il fumetto Pimpi.

Sono anni che, “in nome dell’islam”, tutto diventa pretesto non solo a proibire, a condannare e ad anatemizzare, ma anche a sdradicare tutto ciò che può rappresentare l’ “ironia della comunità”, la critica anche solo bonaria del suo mito, la presa di distanza dalle sue sacralità viriloidi e carnivore. Sono anni che – come osserva lo psicoanalista tunisino Fethi Benslama – “ la tonsura dello spirito arma la censura che uccide”. Giacché la censura ‘nel nome dell’islam’, è di tipo paranoico-sacrificale, infernale, specializzata nel divorare tutto ciò che si oppone alla “religiosità psichica”, ovvero alla religione della sottomissione alla legge dei barbuti. E tutto ciò accade mondialmente, anche in una Europa che – per il solo fatto di sognare arcobaleni e la Pace “eterna” – si crede al riparo dal ciclone.

Così, mentre l’Europa dei vecchi balconi e delle belle cattedrali sembra ripiegarsi su se stessa e si spegne nel cinismo permissivo e la preoccupazione per l’ “immagine”, l’islam – popolato da una gioventù verdeggiante, a un tempo esaltante, iconoclasta e oppressiva – vira al disastro nella crudeltà delle “purificazioni” e il rigorismo dell’utopia.

    * A proposito di “religiosità psichica”

    Fethi Benslama : “C’est un travail permanent d’endiguement des forces religieuses obscurantistes. Ces forces reviennent, prennent des formes nouvelles, s’emparent du politique pour l’assujettir, envahissent l’ensemble de la vie. Les mouvements islamistes d’aujourd’hui ne sont pas entièrement religieux, ils sont composites, compliqués. J’ai utilisé ailleurs l’expression " national-théo-scientisme " pour qualifier leur idéologie. Surtout, ils font appel au ressort de la " religiosité psychique ", selon l’expression de Jean-Michel Hirt. La religiosité psychique n’est pas l’institution religieuse, qui peut fonctionner avec des règles, des discours, des interprétations, une logicisation de la passion du divin. La religiosité psychique est liée aux pulsions, à leurs forces démesurées, à leurs revendications effrayantes et à leur répression féroce, c’est pourquoi elle ne cesse de mettre en scène l’abject et sa purification, laquelle cède la place forcément à l’abjection, et ainsi de suite. Elle place l’exigence de Dieu dans les poils d’une barbe, dans les toilettes d’une femme, dans les cheveux d’une fille à peine nubile, etc. Aujourd’hui, l’institution religieuse de l’islam est dépassée, ébranlée par ces forces. Je pense qu’il y a une décomposition de la religion instituée, un ébranlement de sa maîtrise et de ses maîtres, au profit de ces clowns dangereux qui éructent des fatwas à longueur de journée sur tout ce qui respire. Partout, l’institution religieuse est confrontée, d’une manière cyclique, à ces spasmes du dieu obscur, et il lui arrive d’y céder, et de ne plus pouvoir faire prévaloir la responsabilité de la raison. Son intelligence se met alors au service de ses ennemis” .Fonte: Manifeste des libertés

    ( TRADUZIONE sommaria: “ E’ un lavoro permanente, quello di costruire dighe contro le forze religiose oscurantiste. Queste forze ritornano, prendono nuove forme, s’imposessano del politico per assoggettarlo, invadono l’insieme della vita. I movimenti islamisti di oggi non sono interamente religiosi, sono compositi, complicati. Ho utilizzato altrove l’espressione ‘ nazi-teo-scientismo’ per qualificare la loro ideologia. Soprattutto fanno leva sulla ‘religiosità psichica’, secondo l’espressione di Michel Hirt. La religiosità psichica non è l’istituzione religiosa, che può funzionare secondo delle regole, dei discorsi, delle interpretazioni, una logica della passione per il divino. La religiosità psichica è legata alle pulsioni, alle loro forze smisurate, alle loro spaventevoli rivendicazioni e alla loro feroce repressione, è per questo che non cessano di mettere in scena l’abietto e la sua purificazione, che cede necessariamente all’abiezione , e così di seguito…”) .

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